sabato 25 gennaio 2025

Wolf Man: la nostra recensione del nuovo “horror psicologico” di Leigh Whannell per Blumhouse, con protagonisti Christopher Abbott, Julia Garner e la piccola e bravissima Matilda Firth


Sinossi: Siamo nel 1995, nel periodo invernale. Tra i boschi raggelati dell’Oregon, padre (Sam Jeager) e figlio vanno a caccia di cervi, armati di fucile fin dalle prime luci dell’alba. 

Il ragazzino è ancora inesperto, cercando un punto di osservazione migliore si allontana dal genitore. 

Il padre lo riprende arrabbiato, dopo averlo cercato fino in fondo valle, quando uno strano grido/ringhio/ruglio li scuote e sospende la ramanzina. Qualcosa o qualcuno si avvicina. E se fosse un “ruglio” si parlerebbe di un orso. Padre e figlio trovano difesa e nascondiglio in un piccolo rifugio per cacciatori: una specie di cassone in legno costruito in cima a un albero, scalabile con una scaletta, dal quale poter sparare come da una terrazza. 

Stanno acquattati, coperti dal legno, ma la creatura è vicina, enorme: il suo “respiro” disegna delle nuvolette nell’aria a pochissimi metri da loro. Dalle loro teste. Bisogna stare in silenzio. Aspettare e sperare. 

Poi la creatura attacca e il padre spara. 

La fuga per il ragazzino è confusa. Si ritrova in una piccola baita con il genitore intento a comunicare con qualcuno in una stanza piena di radio, televisioni e apparecchiature strane. Papà parla di qualcuno che è “tornato nella zona” in modo preoccupato, come se facesse parte di un gruppo di sorveglianti che ora è in allarme.

Una cosa appare chiara. 

Il padre è stato morso.

Siamo nel 2003 a San Francisco e Blake (Christopher Abbott) fa lo scrittore e in genere “quello che può” per essere il miglior padre possibile per la piccola Ginger (Matilda Firth). Il suo matrimonio con la giornalista Charlotte (Julia Garner) procede sempre più a rotoli verso le carte della separazione. Lei è troppo assente dalla famiglia per questioni di lavoro, invidia il rapporto di Blake con Ginger e qualche volta, proprio per questo, si sente una “cattiva madre”. Meglio distruggere tutto. 

La situazione cambia nella prospettiva di una strana e inaspettata vacanza insieme, nell’Oregon. Hanno dichiarato la morte presunta del padre di Blake, Grady, scomparso da oltre dieci anni senza lasciare traccia tra i boschi, poco dopo che questi era stato morso durante una battuta di caccia. 

Blake deve andare in loco, in quella baita piena di monitor e la radio, a raccogliere le poche cose rimaste dal padre e rivivere il più grande trauma di quando era piccolo. Charlotte e Ginger sono con lui: modalità svogliata. 

Il viaggio è tranquillo, l’arrivo inaspettato e tremendo: una creatura dalla forza incredibile li assale, quando sono ancora nel loro furgone. Finiscono fuori strada, cadono in un piccolo dirupo. Il veicolo gira su se stesso ma si blocca su un lato, sospeso, incastrato a pochi metri da terra tra i rami di alcuni alberi. Madre e figlia cercano di liberarsi dalle cinture: escono dal finestrino, si siedono precariamente sul lato del furgone per il momento al sicuro. 

Blake è meno fortunato.

La creatura pelosa salta. La creatura riesce a infrangere il vetro e a graffiarlo. La stessa sorte del padre, negata dalla logica e mai confessata a nessuno, inizia a palesarsi, rapidamente.


Il mostro è lontano, la famiglia ha raggiunto la baita, ma un altro mostro sta nascendo. Blake inizia a stare male, mentre il suo corpo inizia a mutare, lentamente ma senza sosta. Cadono capelli e denti, dolori lancinanti agli arti e schiena, vomito. Mamma e figlia cercano di stargli vicino, assisterlo e tranquillizzarlo con sorrisi e carezze, ma l’uomo a tratti sembra non riconoscerle, tenta di aggredirle. Di colpo non è più in grado di articolare le sue stesse parole e prova a comunicare a fatica, tratteggiando lettere su un foglietto. Fino a quando non ha più dita ma zampe.

Fuori dalla baita la creatura è invece molto attiva, vuole entrare a tutti i costi e sbranare chi è al suo interno. Per salvarsi, madre e figlia dovranno scoprire la natura della strana baita in cui si trovano e sfruttare tutte le sue risorse per sopravvivere. 

Presto dovranno avere a che fare con due uomini lupo. Ma uno, forse, si ricorderà ancora di loro e cercherà di aiutarle, scontrandosi con l’altra creatura e la propria nuova natura, fino a che i suoi ultimi barlumi di umanità glielo permetteranno.


Un nuovo uomo lupo: Torna al cinema uno degli autori più interessanti e prolifici nel panorama dei “film di genere” degli ultimi anni:  Leigh Whannell. 

Attore, Sceneggiatore e Regista, Whannell ha scritto tra le varie cose il primo, incredibile copione di Saw - L’enigmista: un film thriller, su giustizieri e trappole mortali, dalla fortissima vocazione teatrale, che vedeva sulla scena due soli interpreti per tutta la durata della storia. Uno di questi due attori era proprio Whannell, la regia era dell’astro nascente dell’horror James Wan. Successo istantaneo e Whannell che scriverà e produrrà l’intera saga di Saw, scrivendo e producendo in parallelo anche la fortunatissima saga di Insidious. Una serie di film su fantasmi e medium, che si affrontano in un “aldilà” dai contorni quasi “Fulciani”, in cui Whannell è spesso sulla scena come attore: interpretando il ruolo dell’“acchiappa fantasmi” Specs, che insieme al suo socio Tucker costituisce una amatissima coppia tragicomica.

Dopo aver creato queste saghe, da cui sono fiorite nuove icone del genere horror, Whannell ha scelto di “reinventare” alcuni personaggi classici. In Upgrade, del 2018, ha ripensato i “cyborg” alla luce delle ultime tecnologie che si stanno sviluppando per migliorare la vita ai diversamente abili. Nel 2020, con The Invisible Man, che di fatto sembra avere una ambientazione comune ad Upgrade, ripensava al classico personaggio della Universal con lo stesso approccio “fedele alla tecnologia”: il protagonista non diventava invisibile con una pozione che ne altera anche l’umore, ma attraverso una tuta ottica che registrava e trasmetteva le immagini davanti e dietro di lui, di fatto mimetizzandolo come un camaleonte evoluto. 

Dopo The Invisible Man, la Universal ha puntato fortissimo su Whannell proprio perché riesumasse il suo prematuramente cancellato “Monster-verse”: una saga che dopo Dracula Untold e The Mummy era stata interrotta proprio per il flop della seconda pellicola. 


Ci si aspettava da Whannell non di meno che una “nuova forma 2.0” dell’uomo lupo. Magari una creatura digitale legata alla rete, magari una evoluzione/degenerazione delle componenti cybernetiche di Upgrade.

I fan cercavano spasmodicamente in rete le prime immagini dell’uomo lupo 2.0: fantasticando se fosse fedele all’originale del 1941, più vicino ai lavori di Rick Baker di inizi '80 per L’ululato o Un lupo mannaro americano a Londra, magari una revisione del lupo secondo Sommers (Van Helsing) o di Joe Johnson (il Wolf Man del 2010 con Del Toro e Anthony Hopkins).

È stato pure avvistato un nuovo uomo lupo per un parco a tema e Whannell ha dovuto smentire tutto, dire “aspettate”, precisare “la mia trasformazione vedrete che sarà mooooooolto leeeeeeenta”.   

Ma Wolf Man sarebbe andato in una direzione ancora diversa e inaspettata.

Co-sceneggiatrice di Wolf Man è infatti questa volta Corbett Tuck, moglie di Whannell dal 2009 e (come da tradizione di famiglia) nel 2010 attrice già in Insidious

Un uomo lupo aggiornato alla “crisi di coppia”: Si dice che Whannell abbia fatto un elenco di tutte le cose che riteneva “superate” dei film con gli uomini lupo. Si dice che Corbett Tuck abbia espunto anche le cose che Whannell aveva “salvato”, perché questa pellicola trattasse di un argomento horror unico, che Blumhouse effettivamente e colpevolmente aveva ancora ignorato: la crisi della coppia tradizionale. 

Cose tipo: “Chi arriva tardi la sera e la cena non è pronta”. “La tata con il tassametro”. Oppure “oggi vai tu a prendere i bambini a scuola che io ho yoga”. “Ma i nonni non ci sono mai?” Oppure “Le scarpe da calcetto nuove?” Ma anche “Oggi lo aiuti tu con il compito di Storia”.  Il classico “Ti sei dimenticato di andarlo a prendere a Judo”. Senza scordare l’imperituro “Odio il mio capufficio/ lavoro e mi sfogo odiando te, nelle quattro ore che siamo insieme”. Da ultimo, ma non ultimo: “io non so cosa voglio dalla vita e quindi è colpa tua”. 

Certo ci sono film specifici e riuscitissimo sul tema, come il recente Anatomia di una caduta o i cult Kramer contro Kramer, Mrs. Doubtfire, La guerra dei Roses…Ma vuoi mettere il potenziale orrorifico della crisi di coppia declinato a film Horror: quando al posto di una litigata particolarmente tossica vedi uno della coppia che si trasforma in lupo mannaro direttamente e senza troppe parole? Ma vuoi poi declinare questo concetto allo stato terrificante del dibattito pubblico sulla crisi di coppia oggi: dove l’uomo viene in pratica crocifisso in quanto è “il male” sempre e comunque? 

Ammettetelo, avete già un brivido lungo la schiena. L’ideatore di Saw l’enigmista non è mai stato tanto cattivo come qui, che scrive insieme a sua moglie, tra divertimento e critica della quotidianità.


Sì, ok, ma il lupo?: il lupo c’è ed è tutto realizzato da dei truccatori favolosi: il designer delle protesi Arjen Tuiten e la key artist Pamela Goldammer. A dire il vero abbiamo “più lupi ibridati”, in ragione alla dichiarazione di Whannell di realizzare una trasformazione moooooolto lenta, che si estende quasi per tutta la durata del film, ma sono tutti caratterizzati da dei trucchi molto azzeccati e a tratti davvero truculenti. All’inizio la forma e l’aggressività ricordano l’Antropophagus di Joe D’Amato, con tanto di voglia di “sbranarsi da solo”. Verso la fine si sviluppa una forma ossea e muscolare “canina” molto carina, resa benissimo anche nei momenti di “corsa”. Ovviamente i lupi mannari come da tradizione hanno la “super forza”, che viene molto ben descritta da ottimi effetti speciali. Non banale neanche la preparazione di Abbott alla parte, che ha riguardato lo studio approfondito di film come Shining, La Mosca, La Cosa, Under The skin

Davvero ben riuscito anche tutto il “territorio di caccia” del lupo, realizzato in una vasta foresta della Nuova Zelanda “camuffata da Oregon”, con la bellissima fotografia di Stefan Duscio che ne esalta colori e foschie. C’è molta azione (anche descritta visivamente in un modo sempre chiaro e preciso) ed è anche divertente, sanguinolenta e piena di colpi di scena. 

Finale: una trama interessante e forse “più cattiva” del previsto, che se vogliamo in tutti i sensi “castra” quel senso di “violenza esplosiva” tipica dei film sui lupi mannari. Bellissima la location e pure gli effetti. Molto bravi i tre attori coinvolti, che hanno in mano lo sviluppo di personaggi se vogliamo semplici ma non banali. È un vero piacere guardare le scene che coinvolgono Abbott con la piccola Matilda Firth, perché i due attori hanno sviluppato un vero e proprio “linguaggio emotivo”, che esplora il rapporto padre e figlia attraverso dei gesti specifici, dalla grande carica simbolica quanto emotiva. Un lavoro molto avanzato sul piano psicologico. Brava anche la Garner, che incarna al meglio le difficoltà di un mamma in carriera che ha perso i contatti con il suo lato più materno.

Whannell ancora una volta ha stupito, scompigliando le carte in tavola e trovando una chiave di lettura diversa dal consueto. Blumhouse in qualche modo “si riprende”, dopo un periodo di luci e ombre. Ma se il dibattito recente sui problemi di coppia vi spaventano troppo, questo forse non è il film che fa per voi. Fa troppa paura.

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