lunedì 5 giugno 2023

The boogeyman: la nostra recensione dell’horror psicologico di Rob Savage tratto da Stephen King, dai produttori di Stranger Things e dagli sceneggiatori di A Quiet Place, con protagonista la “piccola Leia” di Star Wars

America dei giorni nostri. Nella sua casetta tra il verde che funge anche da studio, lo psicologo junghiano Will Harper (Chris Messina, già visto nell’horror “sull’ascensore” Devil) aiuta i suoi pazienti ad affrontare la loro “ombra”: scavando nelle loro paure più inconsce alla ricerca del modo più corretto per comprenderle e convivere con esse. Gli assistiti gli sono molto grati, ma non possono fare a meno di notare quanto triste e abbattuto si trovi il loro analista nell’ultimo periodo. Dopo che un incidente d’auto, sulle cui dinamiche lo psicologo ancora si incolpa, gli ha portato via per sempre la giovane moglie, lasciandolo solo con le sue due figlie, Sadie (Sophie Thatcher, vista nel fantascientifico Prospect a fianco di Pedro Pascal) e Sawyer (Vivien Lynn Blair, vista nel ruolo della piccola principessa Leia nella serie Disney+ Obi Wan Kenobi). Sadie è una liceale e cerca di trovare dei modi per non dover sciogliere per sempre il suo legame con la madre: passa molto tempo nella stanza dove lei dipingeva, indossa i suoi vestiti per farsi forza, prova a cercare su YouTube strani rituali per mettersi in contatto con il mondo dell’Aldilà e taglia fuori tutto il resto del mondo, vivendo sempre con gli auricolari con la musica abbastanza alta da non accorgersi quanto gli capiti intorno. Sawyer è ancora molto piccola e ha in genere tanta paura del buio, ma sa affrontarlo con una cameretta sempre illuminata da delle lucine colorate natalizie e dorme abbracciata alla sua inseparabile palla luminosa, che quando serve lancia nelle zone più buie per scacciare tutte le ombre più inquietanti. Vorrebbe stare un po’ di tempo in più nel lettone di papà, ma le sue ronde contro i mostri dell’armadio la riescono comunque sempre a tranquillizzare. Un giorno compare nello studio di Will uno strano nuovo paziente, di nome Lester Billings (David Dastmalchian). Lester ha più o meno la stessa età di Will e un tempo era come lui un genitore, prima che i suoi tre bambini morissero in circostanze tragiche quando misteriose. Lester ha scelto Will perché aveva letto sul giornale dell’incidente di sua moglie ed è convinto per questo che sia in grado di comprendere il suo dolore, ma appare in stato confusionale, parla di uno strano mostro che uccide i bambini quando nessuno può vederlo. Fa osservare a Will una specie di diario su cui uno dei suoi figli è riuscito a ritrarre questa creatura, che dice sia in grado di replicare la voce di chiunque e confondere la mente. Dice che lui è innocente, a dispetto di quando tutti hanno raccontato, anche se è stato fin dall’inizio l’unico sospettato delle loro morti. Will vuole prendere tempo, chiede di interrompere l’incontro per una boccata d’aria quando Lester scompare dallo studio. Sadie è a casa e sente dei rumori provenire dal ripostiglio al cui interno, nella penombra, trova il cadavere impiccato di Lester. La vita per Will, Sadie e Sawyer si fa di colpo ancora più strana. La più piccola inizia a essere aggredita da una creatura simile a un uomo glabro dagli arti allungati come un ragno, che si sposta tra il buio e il soffitto. Anche Sadie ha visto qualcosa nel buio mentre cercava di evocare la madre scomparsa con un rituale, ma non ha la certezza di quello che si è trovata davanti con precisione. Will, cercando di difendersi dal caos che lo sta circondando, nega ogni cosa e si butta sul lavoro, decide di portare la figlia più piccola da una terapeuta specializzata nell’affrontare la paura del buio, riuscendo solo a traumatizzare ancora di più Sewyer. Sadie vorrebbe al suo fianco un padre e non uno psicologo, ma il genitore non è in grado di soddisfare questa richiesta, con l’adolescente che si trova suo malgrado circondata da un gruppo di “amiche” (come nella migliore tradizione dei “ragazzini più orribili del mostri” della provincia americana, raccontati in molti libri di Stephen King) che trovano molto buffo deriderla in quanto orfana e con un tizio che si è suicidato in casa sua. Tutta questa  paura, come Mosters & Co. Insegna, sta in qualche modo “nutrendo la creatura” che vive nel buio, rendendola ancora più forte e pericolosa. Nel tentativo di trovare una soluzione Sadie contatta Rita (Marin Ireland), la moglie di Lester, che vive ormai da giorni senza dormire in una casa trasformata in una specie di campo da battaglia: dove con candele, riflettori e fucile a pompa cerca ancora di combattere con quella creatura che le ha portato via tutta la famiglia. Ma basteranno delle luci artificiali e delle bocche da fuoco ad avere la meglio sull’uomo nero?


Lo sceneggiatore del dramma psicologico“ di Darren Aronofsky Il cigno nero, Mark Heyman, scrive (in “momenti produttivi diversi”) insieme a Scott Beck a Bryan Woods, autori di A quiet place, questo film ispirato a un racconto breve di Stephen King del 1973, pubblicato nel 1978 nella celeberrima raccolta di racconti A volte ritornano (in originale Night Shift), che ha ispirato già molte trasposizioni cinematografiche e televisive (tra le più celebri Grano Rosso Sangue, Il tagliaerba, Brivido, The Mangler, A volte ritornano e il film a episodi L’occhio del gatto). Il regista inglese Rob Savage è diventato famoso nel 2020 per l’horror Host, tutto girato durante dirette Zoom con le telecamere di portatili e cellulari e in qualche modo diventato una interessante evoluzione del genere, nel contesto dei “distanziamenti sociali” del periodo pandemico del Covid 19. Il dato interessante dell’operazione era quindi fondere quello che a tutti gli effetti può essere stato per King il “prototipo di IT”, che avrebbe poi preso forma nel libro uscito nel 1986, insieme ai “mostri della mente” del Cigno Nero e alle creature della “tacitazione delle emozioni” di A quiet place. Come il Mimic di Del Toro questo “uomo nero”, se vogliamo una evoluzione diretta dei “Listeners” di A quiet place, si presenta a tutti gli effetti come una creatura che per “mangiare” dà fondo alla sua abilità di imitare le voci e confondersi con gli esseri umani, mentre risulta intelligentemente più sfumato il suo potere di “suggestionare” le prede, che di fatto può essere un effetto dello stato di paranoia nel quale vengono indotte le sue vittime. Dopo anni in cui il “babau” è sempre uscito dall’armadio delle camerette dei bambini, in questo The Boogeyman si esplora anche la possibilità che si possa rintanare in “luoghi diversi”, simbolicamente non meno suggestivi, interessanti e al passo dei tempi. La “lotta con il mostro” recupera alcune suggestioni positive di pellicole come Al calare delle tenebre del 2003 e Lights Out del 2016. Ogni horror che si rispetti ha bisogno di una final girl e la piccola Sawyer di Vivien Lynn Blair, la piccola principessa Leia della serie tv di Disney+ Obi Wan Kenobi, ha davvero tutte le carte in regola. È piccolissima ma coraggiosa e non intenzionata a scappare dal mostro, mentre si muove con il filo delle lucine colorate legato a tracolla come fosse un cinturone porta munizioni di Rambo o Commando, armata della sua inseparabile palla luminosa rimbalzante. È Sawyer che riesce ad affrontare il buio meglio e prima della sorella Sadie, interpretata dalla brava Sophie Thatcher, che appare spesso più sottomessa alle “bullette locali” e intenta a isolarsi dal mondo fino a che è proprio la piccolina a darle una bella “svegliata fraterna”. Il Will di Chris Messina è un padre ugualmente credibile nel suo dolore e nel modo più comune di affrontarlo, chiudendosi a riccio: il suo modo di non affrontare i mostri del buio risponde realisticamente anche allo stress a cui può andare incontro per la propria professione. Anche il personaggio di Rita di Marin Ireland non è banale e quasi tragico nel modo in cui cerca di affrontare le sue ossessioni. Maddie Nichols interpreta una “bulla” che è tale per delle ragioni, che vengono espresse in modo così sottile quando convincere da non farcela vedere solo come un personaggio solo bidimensionale. Tutto il cast in genere riesce a trasmettere il grande impegno nella costruzione e interpretazione dei rispettivi ruoli e il lavoro artistico legato al mostro e al mondo nel quale si muove ha degli spunti di sicuro interesse. La regia di Rob Savage, purtroppo, non riesce a valorizzare al meglio tutto questo potenziale messo in campo.  Forse per portare in sala un film degli autori di A quiet place serve davvero l’occhio per i dettagli e le sfumature umane di John Krasinski, in special modo anche alla luce della recente sceneggiatura di Scott Beck a Bryan Woods, che in sala ha preso la forma del modesto 65 - fuga dalla terra con protagonista il povero (e se ben diretto bravissimo) Adam Driver. Forse passare per Savage da un horror che è l’evoluzione aggiornata all’era social dello stile di Paranormal Activity può essere stato un triplo salto indietro carpiato, dove alla fine ha cercato un po’ di inseguire i classici come Amythiville Horror, aggiungendo una spruzzata del Babadook di Jennifer Kant, cadendo nella deriva un po’ “generica” di opere come Zeta vuole giocare, Come play, The other side: tutti  film che sanno intrattenere e regalare qualche spavento anche gustoso grazie a validi effetti speciali e giochi di camera, ma che il pubblico finisce per confondere tra loro. Anche il mostro, il boogeyman stesso, raccoglie delle idee non scontate in ambito di design e caratterizzazione, ma è come se non riuscisse ad “osare abbastanza”, valorizzandole al 100% e creando una creatura davvero iconica e riconoscibile. È un peccato perché l’atmosfera generale, la recitazione e le idee ci sono tutte, con la piccola Vivien Lynn Blair che qui è brava come quando recita Leia. 


The Boogeyman è un film basato su un racconto di King del 1973, interessante sotto molti punti di vista, ma che nella sua struttura piuttosto classica ha in qualche modo ingabbiato un regista che interpreta il genere horror in una chiave più moderna, digitale e legata al mondo dei social. Quella che ne esce grazie all’impegno di cast e tecnici è una pellicola comunque godibile e dotata anche di qualche spunto originale, con la quale passare insieme una bella serata all’insegna del brivido, saltando qualche volta sulla sedia, ma a cui manca quella marcia in più per diventare qualcosa di davvero memorabile. Chi ama in genere i mostri del cinema horror troverà nel nuovo boogeyman una creatura comunque interessante.

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