sabato 10 giugno 2023

La sirenetta: la nostra recensione del live action firmato da Rob Marshall che riporta in sala uno dei più amati personaggi della Disney, in una veste nuova e “più realistica”

Grande oceano blu, blu notte, in un luogo e un tempo da Pirati dei Caraibi. È la “luna di corallo”, il periodo in cui si racconta che in fondo al mare si radunino sirenette coperte quasi solo dal body painting al cospetto di Re Tritone (Javier Bardem), un affascinate uomo capelluto avvolto in un mantello di sardine. Su una nave piena di marinai ubriachi dove tutti cantano si lanciano in acqua reti a caso, cercando di pescare queste creature leggendarie mezze nude al posto di qualche tonno. Il fascinoso principe-marinaio Eric (Jonah Hauer-King), a bordo insieme al suo primo ministro Sir Grimsby (Art Malik), è molto adirato per questo irrispettoso atto nei confronti delle popolazioni subacquee e ha ragione: è una cosa che porta anche sfortuna e di lì a poco tutti affonderanno a causa di una tempesta improvvisa. A salvare Eric, Grimsby, un cane buffo che non rivedremo mai più e il resto dell’equipaggio interverrà però Ariel (Halle Bailey), una sirena che colleziona tutti i cimeli provenienti dalla superficie improvvisando delle canzoni sul loro utilizzo. Ariel sente uno strano trasporto anche per Eric, che ha poco prima ammirato in tutta la sua principesca bellezza mentre i marinai esplodevano dei fuochi d’artificio per irritare ulteriormente Tritone. Il principe viene tratto in salvo, la nave cola a picco e Ariel come souvenir si porta nella sua stanzetta sottomarina dei nuovi cimeli terrestri, tra cui la statua di due metri di Eric che la nave trasportava. Che le navi colino a picco è una gran seccatura per l’inquinamento marino, così la notte di corallo diventa per il re dei mari e le sirene provenienti da tutti i mari del mondo (7 in tutto) una occasione per tirare fuori sacchetti, la scopa e le palette e smaltire il barcone nella differenziata, mentre Ariel sta a trastullarsi con questa statua real-Doll di Eric. Tritone, posate le palette, è arrabbiatissimo e va personalmente a distruggere quella statua poco biodegradabile con una precisa invettiva: Ariel non deve fidarsi del popolo di superficie, perché l’ultima volta quei tizi hanno ucciso sua madre. Ariel piange, si dispera, decide di andare nelle profondità oceaniche da Ursula (Melissa McCarthy) la sorella di Tritone e strega dei mari a chiedere una pozione per diventare una donna terrestre, viene maledetta in un momento musicale, perde la coda e la voce, le spuntano le gambe, arriva in superficie. L’adolescenza, detta in una parola. Tritone prima che Ariel arrivasse dalla strega decide di mandare il granchio di corte Sebastian (doppiato in italiano da Mahmood, in inglese dal rapper Daveed Diggs, noto interprete del musical di Broadway Hamilton) a sorvegliare la sirena dopo quella lavata di capo, non sospettando ancora che di lì a poco sarebbe arrivata addirittura sulla terraferma. Sebastian non era riuscito a dissuadere Ariel nonostante si fosse esibito per lei in un celebre momento musicale, ma è stato pure in grado di essere presente di nascosto al patto tra Ariel e Ursula e ora si fa aiutare in una improvvisata missione di salvataggio dal pesce sergente amicissimo della sirena Flounder e dalla “sula bassana” Scuttle, una “espertissima” conoscitrice delle usanze umane (nel cartone animato originale era un pellicano di sesso maschile, ma ora è stato scelto un animale “”forse più carino”” per essere interpretato da una donna, in inglese dalla rapper Awkwafina e in italiano dalla doppiatrice di Megan Fox Alessia Amendola. In tutto il film nessuno disserterà mai su cosa sia una sula bassana, comunque). Il granchio, la sula e il sergente arrivano sulla terraferma dopo che Ariel è già stata caricata su una barchetta da un loschissimo individuo che ancora più loscamente l'ha ha caricata dietro un carretto sotto una coperta per portarla sottobanco tra gli inservienti del castello. Uno scafista? Non lo sapremo mai, ma assisteremo a un brano inedito in cui Ariel ci racconta della difficoltà di stare in piedi su delle gambe. Poco dopo sapremo per la prima volta da un numero musicale che pure Eric (parallelamente ad Ariel) è più interessato al mare che alla terraferma, raccogliendo mille cimeli sottomarini nella sua cameretta. Come sapremo che la sua madre adottiva Selina (Noma Dumezweni) è molto preoccupato per il fatto che il figlio esplori il mare finendo nei naufragi, esternando una invettiva abbastanza precisa: Eric non deve fidarsi del popolo del mare, perché l’ultima volta quei tizi hanno ucciso la sua vera madre causando un naufragio. Eric e Ariel sembrano avere tanto in comune, ma non possono raccontarselo: perché una delle clausole della maledizione della strega del mare era che la sirena rinunciasse alla sua voce. Di fatto da quando è sulla terra Ariel non può parlare e ha cantato tutta la canzoncina sulla forza di gravità che rende difficile camminare sui piedi “a mente”. Tra le altre clausole della Maledizione c’è anche il fatto che se non riuscirà a far innamorare il principe in poche ore il suo corpo tornerà quello di una sirena e lei diventerà di proprietà della strega Ursula: sarà una corsa contro il tempo! Riusciranno Ariel ed Eric ad amarsi e suggellare così una relazione interspecie inclusiva e multietnica, grazie a dei numeri musicali, buffi pesci ballerini, le piccole partita iva di un mercatino pieno di sombrero e alla magia dei Caraibi? 


Il regista di Nine e Chicago, Rob Marshall, è stato chiamato dalla Disney a dirigere questo nuovo adattamento live action di un loro classico animato, nello specifico un’opera bellissima e molto amata che ha riportato in auge lo studio dopo un periodo di particolare crisi che lo ha colpito negli anni ‘80. Ogni live action racconta “qualcosa di più” del film di animazione originale: le canzoni più celebri vengono arricchite con nuove strofe e ci sono anche pezzi inediti, scopriamo dettagli nuovi sui personaggi e sul loro passato, ammiriamo la recitazione di veri attori e la ricostruzione in computer grafica foto-realistica di creature realizzate originariamente a matita, apprezziamo in generale un “approccio moderno” che cerca di mettere il racconto più a contatto con i problemi della attualità. Con Alice in Wonderland di Burton e il suo seguito abbiamo conosciuto una “Alice più grande”, che oltre alle atmosfere del cartone animato ha poi vissuto altre avventure sempre però ispirate dall’autore dei libri Lewis Carroll. Anche il Libro della Giungla ha raccontato degli eventi successivi al cartone animato ma presenti nei libri, Malefica e Crudelia hanno invece molto ampliato la caratterizzazione di questi personaggi scrivendo storie sul loro passato. Per Mulan, Pinocchio e Aladdin la Disney ha cercato di calare maggiormente i personaggi nel contesto culturale da cui le storie originariamente provenivano, per Dumbo Tim Burton ha ampliato il mondo del circo seguendo una sua visione autoriale, di fatto innestando sul classico delle suggestioni del circo del suo Batman Returns. I live action non sono opere che vanno a sostituire i classici: sono anzi un modo ulteriore di omaggiarli, come i musical teatrali del Re Leone o di Aladdin che fanno ancora il tutto esaurito a Broadway scegliendo una direzione artistica autonoma quanto in grado di “strizzare l’occhio con gusto ai vecchi fan”. Rob Marshall noni si sottrae a queste regole di ammodernamento, parlando nella sua sirenetta anche di inquinamento marino, accoglienza dei naufraghi e  multietnicità. Si poteva accogliere alcune suggestioni sul gender, considerando che l’autore originale della favola, Hans Christian Andersen indirettamente avrebbe voluto affrontare quel tema, ma forse sarà per il prossimo live action. Marshall è uno che di musical se ne intende e La sirenetta prima di ogni altra cosa è un bellissimo e coloratissimo musical, grazie alle incredibili musiche originali del premio Oscar Alan Menken qui riarrangiate, nuovi brani e allo straordinario lavoro degli animatori e del cast vocale. La sceneggiatura, che anche in questo caso si preoccupa di ampliare la storia originale senza stravolgerla troppo è ad opera di David Magee, autore tra gli altri di Vita di Pi di Ang Lee e di Il ritorno di Mary Poppins, un altro film diretto per Disney sempre da Rob Marshall. Anche il direttore della fotografia, che ci racconta il mondo “in fondo al mare” con colori nuovi, quasi più “metallici e traslucidi”, è un collaboratore di lungo corso di Marshall come Dion Beebe, che lo ha accompagnato anche in un recente bellissimo quanto poco celebrato film musicale ispirato alle favole dei Grimm, Into The Woods. Viene da Into The Woods ma ha un passato che inizia con Edward Mani Forbice e ha seguito tutte le pellicole di Tim Burton la costumista Colleen Atwood. Per la protagonista Ariel la scelta è ricaduta su una cantante che molti iniziano a paragonare a Whitney Houston, Halle Bailey, con già alcune esperienze televisive alle spalle. Il granchio Sebastian, a tutti gli effetti il “secondo protagonista” della vicenda, è interpretato da uno degli interpreti di Hamilton, uno dei più importanti e acclamati musical moderni di Broadway e Awkwafina, che interpreta la sula bassana è una rapper di recente spesso prestata al cinema con esiti più che positivi, come nel Marvel Movie Shang-Chi. Tutto l’apparato produttivo messo in campo dalla Disney per La sirenetta versione 2023 è sontuoso, anche se si scontra giocoforza con alcuni dei “limiti noti” di tutti i live action Disney. Il primo tra tutti è la scelta di ricreare i personaggi di fantasia, come i classici animali parlanti, mettendo in campo una tecnologia foto-realista: il motivo per cui già Il re leone appariva più come un bellissimo documentario sugli animali della savana rispetto al film originale. Nella Sirenetta questo approccio realistico rende giocoforza Flounder più vicino a una triglia del banco del pesce che a un pelouche coccoloso giallo e blu. Sebastian rispetto alla sua incredibile espressività animata è incatenato da una corazza che ne limita di moltissimo la mimica. La “sula bassana” è stata scelta in luogo del gabbiano magari anche in ragione degli occhi più gradi e della espressione facciale “naturalmente più buffa”, anche se forse questo non basta. C’è da dire che i doppiatori di questi animali parlanti, tanto inglesi che italiani, svolgono sempre un ottimo lavoro, con una menzione speciale per Mahmood, bravo tanto nelle performance cantante che quando recita la parte. Anche i personaggi dal cartone animato cambiano molto la loro espressività in ragione di essere ora interpretati da attori reali. Bardem e la McCarthy riescono a rendere al meglio le rispettive parti, tutti gli attori sono in genere simpatici, ma purtroppo sono i protagonisti principali a non convincere appieno, Ariel ed Eric. Su Eric andiamo veloci: è vestito come nel cartone animato, ha un’aria un po’ assente, nell’insieme è abbastanza coreografico ma non riesce mai a trovare il giusto feeling con la Sirenetta. Passiamo ad Ariel. Sul piano degli outfit di Ariel (mentre il look di Tritone e di altri è magnifico), la vincitrice di quattro premi Oscar per i costumi Coleen Atwood sembra aver dovuto sottostare a scelte di produzione specifiche quanto decisamente “infelici” sull’uso di alcuni abiti tradizionali, come un vestitone a gonna lunga e una ambia fascia per raccogliere i capelli. Anche il look da sirena del personaggio sembra che sia stato reso deliberatamente meno sensuale e provocante, con una specie di body painting super coprente, che schiaccia ogni forma, e con la bellissima colorazione della coda e della pinna che vengono “smorte” in riferimento a una fotografia “piuttosto cupa”. Sul piano puramente espressivo l’Ariel a cartoni animati assomigliava a una piccola Rita Hayworth: giocava a sollevare la chioma rossa che le copriva gli occhi (sulla terraferma) tirando un soffio nervoso verso l’alto, sorrideva a trentadue denti e con gli occhi brillanti che saltavano fuori dalle orbite, gesticolava in continuazione apparendo carina anche quando faceva qualcosa di buffo, come arrotolare i suoi capelli con una forchetta. Aveva una straordinaria mimica che sopperiva al fatto che il suo personaggio dovesse essere del tutto muto, per via della maledizione, per una ampia portata della storia. Era innocente ma anche sensuale, mentre esibiva senza imbarazzo un bikini fatto di conchiglie. Halle Bailey non ha alcuna mimica, sorride, ha una bella voce ma non riesce a trasmettere la gioia e il carattere di Ariel. Il nuovo hair look con i deadlocks tribali le rende impossibile “giocare con i capelli” pur volendolo, con la scena della forchetta sopra citata che assume qui dei contorni terribili, quasi di imbarazzo e sdegno. La Bailey poi sembra non poter apparire quasi mai “anche” sensuale con il suo corpo, forse perché una ragazza in carne ed ossa che si muove come la Ariel a cartoni animati quando scopre di aver le gambe può oggi effettivamente essere considerata troppo provocante. Il personaggio della Bailey comunque esegue le coreografie di balletto come richiesto e gli effetti speciali aggiustano il tutto in un modo molto gradevole, ma si sente che manca qualcosa. Anche la storia, quando cerca di ampliare su nuovi aspetti interessante come le sorelle di Ariel o il passato di Eric, non riesce in verità che ad accennarli, anche se il film ha una durata molto più lunga dell’originale. 


Il nuovo live action Disney è un prodotto ben confezionato e che sicuramente non dispiacerà ai fan del film originale, grazie a un’ottima comparto produttivo, al cast tecnico e ad attori che in genere riescono a essere divertenti e bravi nelle molte scene di ballo, canto e non. Un po’ fuori fuoco i personaggi di Ariel ed Eric, Flounders e Sebastian se vogliamo pagano un po’ (come tutti i pesci) l’eccessivo realismo della messa in scena, ma hanno delle voci simpatiche. Belli gli effetti visivi e le nuove versioni delle musiche, un po’ cupa la fotografia generale che al cinema riesce però a rendere molto bene. La Sirenetta mantiene l’alto livello e le peculiarità dei live action Disney. Al netto delle considerazioni sopra esposte, se vogliamo dovute in gran parte a specifiche scelte artistiche già note, è un film gradevole, divertente e da gustare al meglio al cinema in una sala abbastanza ampia da farci sentire sul fondale marino. 

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