sabato 13 maggio 2023

Guardiani della galassia Vol.3: la nostra recensione del nuovo capitolo della dissacrante saga super-eroistica di James Gunn

Ci troviamo sulla scalcinata “Ovunque”, la base spaziale costruita all’intero della enorme testa recisa di un essere Celestiale, dove i guardiani della galassia hanno inaugurato la loro nuova base (è avvenuto nell’Holiday Special su Disney+). Sembra una giornata come tante, in cui lo stralunato Kraglin (Sean Gunn, fratello del regista) cerca di padroneggiare senza successo la freccia di Yondu (Michael Rooker), mentre la cagnolina spaziale e telepate Cosmo (Maria Bakalova) lo prende in giro e Howard il papero gironzola nei paraggi del tavolo da poker. Le cose non vanno invece “benissimo” per i nostri eroi, specialmente da quando non c’è più Thor nelle ciurma (è avvenuto in Thor: Love and Thunder). Invece di qualche canzone allegra, come Come and get your love dei Redbone, la Awesome Mix, la raccolta  di canzoni terrestri che da sempre accompagnano “emotivamente” le gesta di Star Lord e soci, si apre con la tristissima versione acustica di Creep dei Radiohead. Il mezzo-terrestre Peter/Star Lord (Chris Pratt) passa tutto il giorno al bar, per lo più ubriaco. Cerca di ricordare la “sua” Gamora (Zoe Saldana), dopo che il destino e la guerra contro Thanos (in Avengers End Game) lo hanno costretto a dividere l’universo con una “altra versione di  Gamora”, che non lo ha mai amato e non lo ama e vive con i Ravagers di Starhawk (Sylvester Stallone). Il gigantesco Drax (Dave Bautista) e l’antennuta Mantis (Pom Klementieff) si trovano a quel punto della relazione in cui scoprono che non si va da nessuna parte, se uno è un “simpatico” monolite emotivo e l’altra una preoccupata super-empatica. La telepate più che discutere con Drax preferisce così cancellare metodicamente la memoria all’amico ogni volta che vede che una discussione lo ha turbato troppo. La ex spietata macchina assassina cyborg Nebula (Karen Gillan) non ha ancora chiaro il suo nuovo posto nel mondo e in genere urla come una furia con tutti (ma poi si scusa), mentre almeno la pianta vivente Groot (Vin Diesel), dopo essere stato adulto e tornato bambino dopo “la potatura”, è ora un ragazzone tranquillo, un “arbusto robusto”. Solo la “nuova Gamora” non sembra capire le infinite sfumature emotive di quando lui ripete “Io sono Groot”, ma c’è di peggio. 


Poi c’è Rocket (Bradley Cooper), che tutti chiamano ancora “procione” senza che lui abbia mai visto in vita sua un procione, con la cosa che sembra sempre un po’ offensiva. Rocket si sente particolarmente giù di morale, non sembra nemmeno più interessato a raccogliere a caso occhi finti e protesi da poveri malcapitati, è pensoso, incazzato con Peter che sta buttando via la sua esistenza. Gira mezzo nudo e con il pelo arruffato e incastrato ai suoi congegni cibernetici e in fondo Creep dei Radiohead sembra essere davvero “tutta per lui”, mentre riflette su cosa davvero ci stia a fare al mondo, in una base spaziale ricavata dalla testa di un dio morto. Poi gli arriva in pancia un superuomo dorato: Adam Warlock (Will Poulter), nato da un uovo ingegnerizzato dalla alta sacerdotessa dorata Ayesha (Elizabeth Debicki) e “sparatogli contro” per risolvere il “vecchio torto” che hanno fatto i guardiani al popolo dei Sovereing. Warlock è poco più di un ragazzone, forse un po’ fesso, ma in pancia fa malissimo. Prima di colpire Rocket ha devastato mezza base spaziale e tutti gli altri guardiani in pochi secondi sono ko o quasi. Tutto si fa ora buio intorno al “procione”, con lui che torna bambino, in una gabbia che divide con altri animaletti pieni di innesti di metallo come lui: le cavie di un megalomane creatore di specie nuove come di “interi mondi” (sullo stile della Guida galattica per autostoppisti) chiamato l’Alto Evoluzionario (Chukwudi Iwuji). Un tizio dal look eccentrico che Peter con la sua cultura nerd definirebbe come un incrocio tra Robocop e Sketelor dei Masters. Tra questi animaletti modificati un po’ buffi e un po’ inquietanti (che rimandano quasi al fumetto WE3 di Frank Quitely e Grant Morrison) c’è la lontra Lylla (in originale Linda Cardellini), un tricheco dagli occhi laser e un coniglio simile a un carro armato. Nessuno di loro ha un nome, solo un numero. Tutti sognano il momento in cui lasceranno quella gabbia per un mondo migliore. Rocket “starà con loro” mentre Star-Lord e soci cercheranno di salvargli la vita, spostandosi freneticamente tra planetoidi scientifici fatti di sostanze organiche ricche di sangue e occhi e strani posti simili alla Terra, ma abitati da creature zoomorfe. Per salvare Rocket è necessario prima sbloccare nel suo corpo un congegno di protezione coperto da password, inserito dall’Alto Evoluzionario stesso nel procione per “copyright”; ma è difficile risalire a chi può essere in possesso di quella password. Così i Guardiani decidono di  mettere da parte tutti i loro malumori e correre in giro per i pianeti per salvare l’amico. Sulle loro tracce troveranno presto Warlock e l’Alto Evoluzionario, ma non è la prima volta che questo gruppo di improvvisati eroi cosmici ha la meglio sui nemici potenti, tronfi ed enormi come un pianeta. 


C’erano una volta i Guardiani della Galassia. Non il fumetto Marvel più conosciuto, appartenente al gruppo dei già misconosciti fumetti sui “personaggi cosmici”, ma comunque un’opera amatissima dai fan e in grande “spolvero” dopo la maxi-saga a fumetti Annihilation del 2006/7. In quel contesto i Guardiani vennero “riscritti e aggiornati”, ma la successiva “grande rinascita” avvenne qualche anno dopo sullo schermo, nel Marvel Cinematic Universe di Disney, quando il progetto di un film su di loro venne assegnato al giovane e talentuoso James Gunn. 

Gunn, cresce artisticamente nella folle e dissacrante etichetta indipendente Troma di Lloyd Kauffman, dove co-dirige non accreditato e sceneggia, tra il 1996 e il 1998, Tromeo e Juliet e Terror Firmer. All’inizio del 2000 è autore di due dissacranti sceneggiature per i film di Scooby Doo con Sarah “Buffy” Michelle Geller e Matthew Lillard, nel 2006 rivoluziona l’horror cosmico/Lovecraftiano a base di mostri tentacolari e alieni scrivendo e dirigendo Slither (co-protagonista al fianco di un immenso e tentacolare Michael Rooker era Nathan Fillon, il capitano della astronave Firefly della seria tv omonima…un personaggio che assomigliava tantissimo all’idea del fumetto del 2006 per il nuovo Star Lord) e nel 2010 “brevetta” la sua idea di supereroi -superperdenti con Super-Attento al crimine!!!, nello stesso periodo in cui Millar plasma i suoi Kick-ass. È una vera scommessa fare nel 2014 un film ad alto budget su personaggi poco conosciuti come i Guardiani della Galassia,  ma Disney imbrocca la campagna marketing e Gunn non sbaglia niente, dalla sceneggiatura al casting, dagli effetti speciali alla regia, impacchettando tutto con un accompagnamento sonoro da urlo costituito quasi interamente da brani rock anni '70-'80. Dave Bautista, il futuro Drax, veniva dal Wrestling e come “attore grosso” si era già  visto ne Il re scorpione 3, L’uomo dai pugni di ferro e Riddick, anche se prima aveva partecipato in una piccola parte in un film di Werner Herzog. Se già aveva tirato fuori “qualcosa del suo Drax” ne L’uomo dai pugni di ferro, con Gunn e il suo personaggio dei guardiani inizia a diventare un attore davvero a tutto tondo, capace di trasmettere un'ampia gamma di emozioni e adatto anche ai ruoli più drammatici. Il suo Drax è grosso e grezzo ma anche incredibilmente sensibile alla emozioni sotto la sua mole di infiniti tatuaggi sanguigni (in qualche modo è un “vendicatore tossico” gentile). Zoe Saldana dopo molte parti in musical e commedie ha trovato il successo con la fantascienza, coperta di “blu” e grafica digitale, nell’Avatar di James Cameron. Ha poi interpretato con successo una donna dello spazio negli Star Trek di Abrams ed è diventata con Gunn una donna spaziale di ancora più successo, questa volta con la pelle di colore verde smeraldo. La sua Gamora, anche se sarebbe più corretto dire “le sue” Gamora, è un personaggio sempre in equilibrio tra senso del dovere e la pulsione inconscia di voler vivere liberamente la sua vita, una anti-eroina che diviene eroina. C’è il bravo attore e sex symbol Bradley Cooper, che riesce a diventare per Gunn un convincentissimo procione umanoide tutto in digitale, buffissimo ma incredibilmente serio, dal passato drammatico e dal carisma inarrivabile. C’è Vin Diesel che fa un uomo-albero digitale che può dire solo “Io sono Groot”, ed è uno tra i personaggi più profondi che si possono incontrare nel cinema degli ultimi anni. C’è la bellissima Karen Gillan, fidanzatina d’Inghilterra dai tempi del Doctor Who, che riesce a essere dolce anche in un personaggio spigolosissimo, crudele e visivamente “cattivo” come Nebula. Anche la modella Pom Klementieff viene in qualche modo trasformata in una donna-insetto per il personaggio della sua Mantis, ma rimane a dispetto degli occhi dalle orbite nere un personaggio tenero e gentile. Infine e per primo c’è Peter Quill, l’autodefinitosi “Star-Lord”, di Chris Pratt. Un eroe spavaldo e spericolato che cela (non troppo bene a dire il vero) l’animo di un bambino che ha dovuto crescere troppo in fretta, quando da piccolo è stato “rapito” da un pirata spaziale diventando quasi un moderno Peter Pan (caratterizzazione che fa di Star-Lord proprio Gunn, innovando sul fumetto). Chris Pratt incarna al meglio l’eterno bambino rinchiuso in un corpo adulto anche nel suo personaggio dì Jurassic World, anticipando in qualche modo la caratterizzazione dello Shazam di Zachary Levi. “Sono tutti personaggi dalle caratteristiche “polarizzate”, forti all’esterno ma fragili dentro, improbabili tanto come eroi che come antieroi, sempre fuori posto quanto in grado di adattarsi a ogni sfida, da vivere rigorosamente in modo scanzonato, con un grande carico di umorismo e divertimento (e passione per le armi da fuoco enormi). A “tenerli insieme” è la voglia di sostenersi l’uno con l’altro e questo li rende più simili a una famiglia-acquisita/improvvisata che a un super gruppo. Una famiglia di “bambinoni perduti” (citando sempre Peter Pan) che permette a ognuno, in ogni nuova avventura, di crescere e “diventare più adulto” o “sbagliare tutto” e tornare un perdente a vita, con la certezza che sarà sempre e comunque “accettato” dai suoi amici. Gunn crea i supereroi più umani di sempre e porterà questa formula vincente anche sulla sua Suicide Squad del 2021, con la futura prospettiva di fare qualcosa di simile anche per Superman. I guardiani della galassia vol.3 è in qualche modo il film di addio di Gunn ai suoi guardiani, la fine di un percorso felice che ha portato questi eroi improbabili a diventare amatissimi dal pubblico. Nel primo film abbiamo visto costruirsi il gruppo e intraprendere la prima roboante e scombinata grande avventura che li ha quasi visti sfidare Thanos. Li abbiamo visti inseguirsi e mettersi le dita negli occhi come improbabili pirati, prima di decidere che si poteva benissimo fare fronte comune. Nel secondo film Gunn aveva già cambiato tutto l’approccio, andando a realizzare un film quasi intimo, dove si indagava proprio sui limiti della struttura familiare del gruppo; dove si iniziavano ad affrontare i veri e falsi “padri putativi” di ogni personaggio alla ricerca di radici familiari che dessero un senso più “profondo” a quella strana famiglia-in-costruzione. La ricerca e confronto con la figura paterna è un tema che nel secondo film travolge Star-Lord e un “improvvisamente più giovane” Groot (che diventa un po’ il figlio del gruppo), ma che si in Avengers Infinity War ed End Game tocca Gamora e Nebula e che in questa pellicola numero tre arriva a influenzare Rocket e in una certa misura anche Drax e Mantis. Da notare che molte di queste “figure paterne” hanno un ego grande come un pianeta, sono in grado di cambiare il destino dell’universo con uno schiocco di dita e trattano i loro figli come vere estensione delle loro proprietà, da tenere gelosamente per sé o in alternativa distruggere. Come anche Star Wars insegna, alla base delle più mastodontiche guerre spaziali ci sono spesso delle grosse beghe familiari e i Guardiani in questo non fanno eccezione. Proprio nel descriverci il rapporto tra Rocket e l’Alto Evoluzionario Vol.3 è in larga parte una origin story, raccontata attraverso dei teneri quanto crudi flashback in cui protagonisti sono dei bellissimi quanto martoriati animaletti con impianti cibernetici. Ma l'azione a rotta di collo tipica dei film di Gunn ci spara presto su un assurdo pianeta fatto di carne e denti ad incontrare Nathan Fillon nel ruolo di un capo della sicurezza dallo humor scorrettissimo. Porta Drax a essere al centro del più controproducente e demenziale incontro ravvicinato del terzo tipo, ci parla di un mini-Superman come Warlock che anche lui ha dei grossi problemi con la figura genitoriale e non sa ancora gestire la sua forza, ci porta in una fabbrica dove si costruiscono pianeti e esseri senzienti che sembra uscita dalla Guida Galattica per Autostoppisti e in genere riempie il tutto di incredibili combattimenti e inseguimenti spaziali anche a gravità zero.


Il “cattivo” interpretato da Chukwudi Iwuji assomiglia per strani versi al Samuel Jackson del film The Spirit di Frank Miller: è un mad Doctor che non riesce mai a godere del suo genio, un eterno scontento che detesta anche i suoi lavori più riusciti in quanto per lui sempre imperfetti. È un padre-padrone senza compromessi, dai contorni quasi divini, con un'ossessione estetica che traspare fin dal suo abbigliamento e lifting facciale. Chukwudi Iwuji riesce a rendere molto bene il personaggio e la sua assolta grandiosità e onnipotenza, ma ci fa apprezzare anche le sue sfumature più tragiche, “infantili” e involontariamente comiche. L’Alto Evoluzionario è molto funzionale alla storia raccontata nel film e alla “filosofia” dei villain dei Guardiani, anche se sul personaggio in sé si potrebbe dire qualcosa di simile al Kang il conquistatore di Jonathan Majors del terzo film di Ant-Man: sono characters molto “ridimensionati” rispetto alla loro controparte cartacea, anche se questo non impedisce per il futuro ulteriori sviluppi e aggiustamenti in corso d’opera.

Nessun tipo di critica negativa per quanto riguarda tutti gli interpreti principali, che nel nuovo episodio si confermano un gruppo ben affiatato e in grado di lavorare tra loro con assoluta spontaneità e complicità. Tutti i personaggi evolvono e acquistano nuove sfumature in modo armonico, quasi diventando insieme più adulti e più amici, riproponendo la “magia narrativa” che Gunn ha saputo infondere fin dall’inizio a questi personaggi. Tra i nuovi arrivi si segnala l’Adam Warlock di Will Poulter, un personaggio molto atteso già dai tempi del secondo capitolo della saga e che viene qui gestito con i giusti tempi e sfumature. Molto dolce anche il personaggio realizzato in  digitale della “lontra Lylla” di Linda Cardellini e in genere davvero toccati e ben riuscite tutte le scene in cui compaiono gli animali cybernetici, che sembrano quasi portarci in un film a parte, che potrebbe da solo competere come una piccola pellicola di animazione digitale. 


James Gunn porta al cinema  i suoi “guardiani”, con le loro storie divertenti ma molto meno superficiali di quanto possano sembrare, anche se questo terzo capitolo vuole fin dalle musiche scelte sembrare ancora più adulto e malinconico, come è giusto che sia la fine di un bel viaggio. Il regista ha dichiarato che è il suo ultimo film con Star Lord e soci e ha voluto realizzarlo per questo al meglio, accompagnando i suoi anti-eroi dalla giovinezza all’età adulta in modo non banale, assecondando il loro sviluppo interiore prima dei superpoteri. È un film che dura due ore e mezza ma il tempo vola via: c’è sempre qualcosa di colorato che esplode da guardare, c’è’ azione folle (tipo una scena di galleggiamento spaziale ma con tute stile teletubbies), c’è sempre un momento intimo tra i personaggi che arriva tanto inaspettato quanto gradito, c’è un senso della cultura pop che ci permette di guardare Rocket in braccio a Star-Lord nelle primissime scene e rivedere la stessa posa della Pietà di Michelangelo. Tutto giusto, come Badlands di Bruce Springsteen che all’improvviso entra nella colonna sonora. 

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