giovedì 9 marzo 2023

Disco Boy: la nostra recensione dello psichedelico film “musicale” scritto e diretto da Giacomo Abruzzese, con protagonista la colonna sonora firmata da Vitalic

 


Delta del Niger, tra la boscaglia e i corsi d’acqua all’ombra delle gradi industrie costruite dalle multinazionali negli ultimi anni. Ammassato a dormire tra i guerriglieri poco più che ventenni di un piccolo fortino di legno, in una notte insonne Jomo (Morr Ndiaye) fissa il cielo con i suoi occhi le cui iridi sono di colore diverso: bianco e rosso. Gli stessi strani occhi che condivide con sua sorella Udoka (Laetita Ky), insieme alla comune passione per i balli tribali pieni di tamburi. Balli propiziatori in cui i due spesso si esibiscono prima di una battaglia che Jomo non ha scelto di combattere, ma in cui “ci è finito dentro”, sognando un Niger libero dagli interessi stranieri in cui vivere pacificamente.

Ama la musica con tante percussioni anche  Aleksei (Franz Rogowski), un ragazzo forse della stessa età di Jomo che dalla Bielorussia sta arrivando in Francia come clandestino, sognando per lui una vita libera in un posto più bello. Chiede al camionista che lo sta portando di nascosto di sparare disco music a tutto volume per tutte le cinque ore di viaggio, pagando per questo anche un extra. Aleksei vuole entrare nella legione straniera e dopo il periodo di fermo obbligatorio diventare cittadino francese con nuovi documenti. Un privilegio concesso “a chi non ha sangue francese ma ha per la Francia versato sangue altrui”. Il primo sangue lo versa il compagno di viaggio di Aleksei, il coetaneo Mikhail (Michal Balicki). Il ragazzo annega quando si capovolge il gommone che porta entrambi, mentre la polizia di dogana li insegue lungo il fiume a pochi chilometri dalla destinazione. Quando arriva sulla costa francese riemergendo dall’acqua, Aleksei è solo, con un bagaglio costituito da un sacchetto di plastica e la strana nuova forza che gli conferisce il fatto di essere un sopravvissuto. Entrato nella legione, Aleksei usa questa forza per completare il corso di addestramento e presto si trova spedito sul delta del Niger, ad affrontare Jomo in un agguato notturno. Alla luce dei visori tattici militari che rendono il mondo blu e rosso come i neon di una discoteca, i due ragazzi si affrontano combattendo tra le acque basse di un fiume. Dall’acqua infine Aleksei riemerge, di nuovo, con le iridi che per un attimo sembrano di colore rosso e bianco. Ritornato in Francia, in libera uscita Aleksei incontra Udoka, che lavora in una discoteca. Pur non avendo mai conosciuto la ragazza il soldato viene colto da una forte nostalgia mentre la vede ballare. È ora davvero “per sangue altrui” diventato un uomo nuovo e libero, come il motto della legione straniera promette?


Disco Boy è il film di debutto alla regia dell’italiano Giacomo Abruzzese ed è un’opera che si è sviluppata nell’ambito del programma “Cinefondation artist-in-residence” proposta dal Festival di Cannes per i nuovi autori. È un film dalla struttura narrativa lineare ma suggestiva, che si avvale di ottimi interpreti come Franz Rogowski (visto in Freaks Out di Gabriele Mainetti) e Morr Ndiaye, ma è soprattutto uno straordinario tour de force visivo e sonoro, capace di incollare dalla prima all’ultima scena. Le riprese si sono svolte tra il settembre e novembre del 2021, con location tra la Francia e la Polonia che hanno offerto scenari dalla doppia anima. Da un lato le luci al neon di una città moderna come Parigi, dall’altra boschi e corsi d’acqua figli di una natura “di frontiera” quasi incontaminata, tanto duttili da ricreare il clima nigeriano quanto i freddi campi di addestramento della legione straniera. La fotografia che Helene Louvart (Pina 3d di Win Wenders) sceglie per le scene notturne fa uso di luci artificiali e colori fortemente polarizzati, in grado di conferire al film una estetica “acida” che in alcuni frangenti può richiamare alcuni lavori di Nicolas Winding Refn (Solo Dio perdona). Nelle immagini legate alle scene di guerra si fondono invece quasi armonicamente i corpi dei soldati (in mimetica o nell’ombra) agli elementi naturali del paesaggio, sposando una narrativa simbolico-concettuale non troppo lontana dal lavoro di Malick per La sottile linea rossa. La musica disco di Vitalic è il vero filo conduttore delle vicende. Energetica e avvolgente tanto nelle scene di ballo notturno che nelle scene di combattimento, riesce sempre a descrivere attraverso il suo particolare ritmo la complessità dello speculare mondo interiore dei protagonisti, soppesandone tanto i momenti di angoscia quanto assecondandone la carica escapista: il desiderio di “sfogarsi e non pensare più a niente”. Disco Boy si sviluppa quasi come un lungo video musicale, in cui possiamo apprezzare ovviamente la bellezza della musica ma anche la particolare cura visiva della messa in scena, come la buona interpretazione di entrambi i personaggi principali. È un film che sceglie (anche coraggiosamente) di raccontarsi prevalentemente  attraverso “musica e immagini evocative” e riesce perfettamente nel suo intento, forse ponendo le basi per un nuovo tipo di linguaggio cinematografico dal sapore più “universale”, dove estremizzando la formula i dialoghi possono quasi diventare una componente accessoria. Il futuro ci dirà se questa scelta originale e coraggiosa avrà un seguito, ma di certo Disco Boy possiamo già considerarlo un ottimo biglietto da visita per la futura carriera di Giacomo Abruzzese. Un regista del quale già si intuisce il talento e inventiva, che non vediamo l’ora di seguire anche su opere future. Se amate la musica da discoteca o siete anche solo curiosi di scoprire come questo stile possa diventare un linguaggio, adattandosi a raccontare una storia di guerra, peraltro caratterizzata da una interessante componente spirituale, Disco Boy è una pellicola da vedere. 

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