sabato 4 febbraio 2023

Bussano alla porta (Knock at the cabin): la nostra recensione del nuovo thriller di M.Night.Shyamalan con protagonista un sorprendente Dave Bautista

 

Siamo in estate, nel New Hampshire, in un posto isolato immerso nel verde della provincia americana dei giorni nostri. La piccola Wen (Kristen Cui) è una bambina di 8 anni con gli occhi a mandorla e i capelli a caschetto. Il suo cartone animato preferito è Kiki consegne a domicilio di Miyazaki, ama i grilli gialli e i due papà che la hanno adottata, Andrew (Jonathan Groff, noto per la serie tv Glee e per Matrix Resurrection) ed Eric (Ben Aldridge, nella serie tv Pennyworth con il ruolo di Thomas Wayne).

Da poco è in vacanza insieme a loro in una casetta vicino a un laghetto, circondata da un grande bosco carico di tanti grillo gialli tutti da catturare. 

Wen sa che per mettere i grilli nel suo barattolo è necessaria molta gentilezza e per questo si muove in silenzio, raccogliendoli dalle foglie con movimenti lenti e aggraziati. Quando il tiene in mano si presenta a loro e gli dà un nome, trattandoli da quel momento come suoi amici. Poi mentre li deposita in quella gabbia di vetro gli parla, per tranquillizzarli: “Non sarete da soli nel barattolo anche se all’inizio può sembrare così. Non preoccupatevi, ci sono anche altri grilli e il barattolo non è così piccolo”.  

Dal bosco a un certo punto appare Leonard (Dave Bautista), un omone occhialuto grande e grosso pieno di tatuaggi, ma dall’aria molto gentile. Si avvicina a Wen molto lentamente, si presenta a lei dicendole che vuole essere suo amico e per questo subito la assicura di non preoccuparsi: lui non è uno sconosciuto. Anche Leonard è come lei un esperto nella cattura dei grilli e insegna alla bambina un suo trucco tutto speciale: non chiudere troppo velocemente il tappo del barattolo o i grilli si sentiranno soffocare. È necessario che i grilli si sentano a loro agio. Sembra l’inizio di una bella amicizia, ma l’uomo si colpo si rattrista una volta che scopre dove abita Wen. Le dice che per una questione difficile ma importante quel giorno dovrà venire proprio dalla sua famiglia, insieme ad altre tre persone. La rassicura che sarà insieme a delle brave persone e le chiede se lei sarà così gentile da chiedere ai suoi genitori di aprirgli. Wen annuisce.

Poi i due si lasciano e la bambina ritorna a casa.

Eric ed Andrew non aspettano ospiti e si stanno godendo le vacanze dopo un periodo molto intenso e complicato. Hanno l’aria serena quando qualcuno bussa alla porta. 


È Leonard e con lui ci sono altre tre persone. Eric e Andrew prima cercano di mandarli via bonariamente ma poi rimangono intimoriti, quando vedono che sono armati con delle strane lance. Cercano di non farli entrare nonostante le richieste di Wen e la gentilezza con cui Leonard continua a chiedere di aprirgli, dicendo che hanno solo buone intenzioni, che vogliono solo essere ascoltati e che il motivo per cui sono lì è importante. La tensione sale, fino a che i quattro rompono le finestre e la porta ed entrano in casa tramortendo i genitori. Quando si svegliano, Andrew è molto sofferente per via di una brutta ferita alle gambe a seguito della colluttazione, mentre Eric è ancora abbastanza vigile. Entrambi sono stati medicati. I quattro si scusano per i modi e per il fatto di averli ora legati alle serie con delle corde, ma nel frattempo hanno ripulito tutti i danni dell’irruzione e ora sono pronti a presentarsi come si deve, come persone gentilissime. Leonard è un insegnante delle elementari, la timida e introversa Adriane (Nikki Akuma-Bird, già vista in Old) una cuoca, la calma e risoluta Sabrina (Abby Quinn, vista nell’episodio Arkangel della serie Black Mirror, diretto da Jodie Foster) un'infermiera e l’irascibile Redmond (Rupert Grint, il Ron di Harry Potter) lavora per la società del gas. Nessuno dei quattro si conosceva prima del loro incontro, avvenuto poche ore prima, ma si erano trovati su internet dopo aver scoperto di avere avuto la stessa visione. La visione di un mondo sull’orlo dell'apocalisse, devastato prima da tsunami e poi da atroci malattie, in cui dal cielo ha poi iniziato a piovere del vetro tagliente e infine è arrivato il giudizio finale, la mano di Dio, la fine di tutto. Per fermare questo processo, i quattro erano stati scelti, sono partiti da città lontanissime, hanno creato un’arma con le loro mani per poi intraprendere un viaggio che li avrebbe condotti a incontrare la famiglia che si trovava in quel bosco. Alla famiglia avrebbero chiesto un sacrificio in cambio della salvezza di tutta l’umanità. Il sacrificio di uno di loro per la salvezza di tutti, con la garanzia che anche se il mondo fosse finito quella famiglia sarebbe sopravvissuta alla catastrofe e avrebbe continuato a vivere, da sola nel mondo, come prescelti. Il valore del sacrificio era quindi da intendersi come un puro atto di altruismo. Doveva essere la famiglia a scegliere, a un’ora data, chi di loro sacrificare, se un adulto o un bambino. In piena libertà e senza costrizione, con loro quattro che li avrebbero assistiti in ogni necessità. Se non fosse avvenuta quella scelta all’ora indicata, il mondo sarebbe progressivamente caduto nel caos, con i quattro che avrebbero solo potuto rimandare l’evento di qualche ora, togliendosi la vita. Ad Andrew ed Eric tutto questo appare come una pazzia, il vaneggiamento dei membri di una setta, forse degli omofobi contrari alla loro famiglia, forse dei ricattatori. Ma presto gli eventi precipitano e uno dei quattro è costretto a sacrificarsi togliendosi la vita dopo uno strano rito, con la televisione che comunica subito dopo l’improvvisa comparsa di terribili tsunami in più zone del mondo. Leonard dice che quello è l’inizio della apocalisse. L’agnostico e razionale Andrew non crede alla tv ed è ancora fermamente convinto che si tratti di una manipolazione, un inganno crudele forse legato a una vendetta di cui inizia a scorgere dei dettagli. Eric invece inizia a pensare che ci possa essere qualcosa di altro: con i suoi stessi occhi gli è sembrato poco prima di scorgere una luce misteriosa. Un po’ come i grilli gialli nel barattolo di vetro di Wen, il piccolo mondo di quella famiglia nella casetta nel bosco si era fatto di colpo un posto molto piccolo, soffocante e solitario. Cosa avrebbero fatto i due genitori per garantire un futuro almeno a Wen?


Il regista del Sesto senso M.Night Shyamalan adatta per il grande schermo un romanzo thriller del 2018, La casa ai confini del mondo di Paul Tremblay. Caustico quando dotato di un buon ritmo, sembrava all’apparenza un testo perfetto per diventare su schermo il più classico esponente del genere home invasion: ossia quelle pellicole horror/thriller in cui in genere una famiglia è tenuta in ostaggio nella propria casa da dei malintenzionati. Solo che Shyamalan ha diretto già moltissimi home invasion, da Signs a The Visit, passando per Lady in The water e in un certo senso “espandendo il concetto” in opere come E venne il giorno e The Village

I suoi home invasion sono diventati perfette metafore dell’unità familiare, della paura delle istituzioni, della costruzione di felici comunità multiculturali. Hanno pure anticipato e trattato temi come il distanziamento sociale. Shyamalan voleva fare qualcosa ancora di diverso, e così il regista di origine indiana de Il sesto senso per Bussano alla porta decide di cercare strade nuove, anche riscrivendo in buona parte il testo di partenza, arrivando a plasmare il più garbato e spirituale esponente del genere home invasion che si sia mai visto. Nel film non manca la classica tensione emotiva nel rapporto tra rapitori e rapiti, come non mancano i momenti in cui le vittime cercano di pianificare una fuga o scoprire l’identità degli aggressori. Ha una narrazione lineare classica, intervallata ogni tanto da qualche flashback per stemperare la tensione sulla prigionia della famiglia. Solo che l’approccio ai “personaggi aggressori” è del tutto inedito, con loro che per la maggior parte del tempo riflettono con le “vittime” sul senso della propria vita e sull’essere buoni genitori, avvocati per i diritti civili, insegnanti o infermieri. C’è anche “l’uomo del gas”, che odia tutti ed è interpretato da Ron di Harry Potter, ma lui parla poco. I personaggi sono in genere qui persone che per vocazione e amore si dedicano agli altri, soprattutto ai più giovani, cercando di costruire e garantire per loro un futuro compiendo dei sacrifici. È proprio per salvaguardare questo futuro che tutti si trovano dentro a una home invasion, arrivando a compiere tra le lacrime atti indicibili, con la certezza che non ci sono alternative e che sono guidati da una “mano giusta”. Proprio il “cosa sia la mano giusta” è un aspetto interessante quanto problematico, che porta il film in una traiettoria trascendente che lo fa assimilare a una pellicola strana e controversa come Frailty, del compianto Bill Paxton, sollecitandoci alcune riflessioni. La prima: I quattro aggressori, posto che non hanno per niente l’aspetto di persone malevoli, sono spinti dalla vera fede o sono stati manipolati da qualcuno o da qualche sostanza o dalla loro pazzia? In modo secondario ma correlato: può essere considerata “valida e tutelabile”, per la divinità vendicativa del film, la famiglia formata da Eric, Andrew e Wen, anche in assenza dei vincoli di sangue e matrimonio che per certe altre religioni sono tanto importanti per essere “nel giusto”? Le risposte a queste domande possono sembrare forse scontate seguendo una visione del mondo come quella proposta dalla cultura occidentale odierna, in cui la spiritualità non è più riconosciuta come un elemento centrale della vita di tutti i giorni, se non nel caso in cui è legittimamente temuta, guardando alle stragi compiute in nome dell’estremismo religioso. Solo che Shyamalan è in parte indiano e quindi aperto anche a suggestioni della cultura orientale: il che rende il suo approccio non così scontato. Come interessante è l’approccio dello scrittore Paul Tremblay, che esprime nel libro una sua interpretazione originale e decisamente anticonformista su questi stessi temi. Visioni culturali che portano a risvolti narrativi divergenti che mutano il racconto in modo consistente, al punto che leggere il libro e guardare il film diventa un’esperienza consigliabile in quanto quasi dialettica, stimolante. Allo stesso modo in cui per l’opera precedente di Shyamalan, Old, era interessante il confronto con la graphic novel da cui il film era stato tratto. 


Davvero molto bravi tutti gli interpreti, tra cui spicca un Dave Bautista mai così bravo e convincente come attore completo, in grado da solo di riempire lo schermo senza fare uso dei suoi muscoli. È la conferma di un talento che negli anni è diventato sempre più innegabile e affinato, la dimostrazione che anche un wrestler un giorno potrebbe concorrere realisticamente agli Oscar come migliore attore. Molto carina la piccola Kristen Cui nel ruolo di Wen, che quando si trova a caccia di grilli nel bosco con la sua innocenza dona alla pellicola una dimensione quasi favolistica. Come in tutte le opere di Shyamalan è presente anche una componente horror, ma per le persone più sensibili le scene più cruente avvengono sempre fuori dalla scena.

Bussano alla porta è un film thriller affascinante e complesso, che sotto una cornice da favola nera parla di pazzia e della fine del mondo, ma riesce anche a riflettere in modo non banale sui compiti e aspirazioni dei genitori nel preparare un futuro ai propri i figli. Buoni gli interpreti, spiazzante come sempre in Shyamalan il finale: anche se in questo caso può apparire per il pubblico un po’ divisivo, disorientante. Molto consigliata dopo la visione la lettura del libro omonimo. 

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