giovedì 23 gennaio 2020

Tolo tolo: la nostra recensione



In Dove vai in vacanza, nell'episodio diretto da Luciano Salice, Sì, Buana, il gigantesco Paolo Villaggio parodiava La breve vita felice di Francis Macomber, uno dei più celebri racconti di Hemingway, impersonando un tragico cacciatore bianco che nel centro dell'Africa offriva il suo talento a qualche ricco turista. Il suo socio Kangoni (Peter Abadire), un ragazzone di colore simpaticissimo, eseguiva ogni sua richiesta dicendo "Sì, Buana". Cosa voleva dire "Buana"? Lo scopriremo a fine episodio e non sarà esattamente un titolo lusinghiero, quanto una amabile lunga presa per il culo dell'amico. Piccolo spoiler: "Buana" è una storpiatura di "Burino", usato in piena coscienza del significato nei confronti del tronfio cacciatore di Villaggio. 
In Tolo Tolo il piccolo Doudou, interpretato dal bravissimo e dolcissimo Nassor Said Birya, guarda teneramente e giudica "tolo tolo",  cioè "solo solo", lo scombinato, truffaldino, rumoroso e molesto personaggio di Zalone, imprenditore scappato in Africa per fuggire al fisco e ai parenti inferociti e poveri per colpa sua. È uno slancio di affetto che commuove, perché sarà da lì in poi il bambino a prendersi cura dello scombinato Checco, e non viceversa, in un contesto di deprivazione che sta stravolgendo principalmente il bambino stesso, impegnato in un coraggioso viaggio per ricongiungersi con la madre, che ha dovuto abbandonarlo per via di una guerra. È una favola, quasi una versione fuori porta di Dagli Appennini alle Ande, il nuovo film di Zalone, il primo che firma come regista e il primo scritto in collaborazione con Virzì. Il comico è sempre la maschera, goliardica e invincibile, che Zalone ha indossato dalla prima pellicola, ma il contesto è più serio, l'impostazione della trama più corale e la maschera funziona più da cortocircuito che da motore dell'azione. In un gruppo di giovani africani, in viaggio on the road per colpa della guerra, capita per un colpo del destino Checco e tutti si preoccupano per lui, sopportando le sue cretinate ma anche traendo forza dalle stesse. Il buffone permette di scherzare su di lui e dona un attimo di felicità e svago, in quello che è un momento umano difficile e sofferente per chi gli è intorno. 


Guardando più a questa che alle precedenti incarnazioni cinematografiche di Zalone viene da pensare alla  funzione sociale e sacra di un particolare "buffone", lo Heyoka (Il contrario) dei Nativi Americani. Checco incarna l'Heyoka alla perfezione, parla quando è più prudente stare zitti, si lamenta quando la situazione diventa più difficile, si dimostra prepotente quando sarebbe necessario essere generosi, invoca la sua crema solare mentre gli altri non mangiano da giorni. E questo "dà forza", fa sentire il gruppo più unito e meno pretenzioso, crea un cortocircuito positivo. Meccanismo che prima o poi si spezzerà se Checco romperà troppo i coglioni, ma che nel breve periodo tiene. Si scava quindi sul significato profondo della parola "simpatia", che significa "soffrire insieme", "condividere le fatiche",  in questa favola on the road. Ma c'è anche dell'altro. Laddove Checco è un "buana tolo tolo", l'amico africano Alexandre, interpretato dal bravo Alexis Michalik, è un forte innamorato della cultura italiana, specie cinematografica, che sfoggia con continua passione. Manda Touré incarna una donna forte ed emancipata, c'è una velata ma gustosa satira politica, si parla in modo non banale di integrazione sociale e uguaglianza grazie alla carinissima canzoncina della Cicogna Strabica, il più riuscito dei momenti musicali della pellicola. Visivamente funziona molto bene soprattutto nei colori dell'Africa (bellissime le dune e il cielo notturno), gli attori sono bravi (soprattutto la compagine africana), le musiche simpatiche (e meno cattive del solito, salvo lo sbracatissimo ma irresistibile inno "alla patata"), si ride meno rispetto alle altre pellicole, ma questo perché il taglio è diverso, Checco non così centrato. È una favola carina, semplice, che punta ai buoni sentimenti, che fa uscire dalla sala canticchiando (ovviamente "la cicogna strabica").  
Certo Zalone deve piacere e chi ne è detrattore non cambierà di colpo idea sulla sua comicità guardando Tolo Tolo. È una maschera da eterno bambinone, ingenuo e un po' cretino, che per alcuni è forse troppo cinica, crudele, superficiale e sbruffona. Deve essere il pubblico a capire se gli fa più ridere che incazzare, personalmente a me fa molto ridere, perché lo trovo troppo stralunato per essere molesto, ma il giudizio finale è tutto vostro. 
Un appunto che mi hanno detto di fare: la storia non è collegata al video musicale che si vede del "trailer musicale", che tutti hanno canticchiato al cinema almeno da un mese a questa parte. 
Tolo Tolo è un film leggero e gradevole, una sorta di favola e per questo meno "graffiante" del solito, più rivolto ai bambini. Niente di rivoluzionario, forse non il film più travolgente di Zalone, ma un modo simpatico e spensierato di passare un paio d'ore. 
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