lunedì 29 gennaio 2018

Shangri-la


C'era una volta "Fantastica", una collana di fumetti europei di fantascienza e fantasy per edicole curata da Mondadori Comics, gemella della collana Historica, specializzata in racconti di stampo storico- biografico (questa con alcune incursioni anche nel fumetto americano), a sua volta sorella maggiore di Prima, una collana dedicata ai fumetti bd appena sfornati e non ancora raccolti in volumi "stagionali". Con Mondadori Ink virtualmente di sposta Fantastica in libreria e già sono tanti i titoli, tra riproposte e novità, che succosamente possiamo trovare in vendita, in formati e grafiche accattivanti. Shangri-la svetta con la sua copertina nero spaziale e la sua dimensione over-size, che quasi tiene una parete. Poi ci si avvicina timorosi al volume, lo si prende in mano consapevoli che è pesantissimo come ce lo saremmo immaginato, si apre timorosi il contenuto per sfogliare un paio di pagine e si viene travolti da un big bang sonico (virtuale) da urlo nel constatare quanto le tavole siano pazzesche.
Bablet, classe 1987, è uno dei più giovani e affermati autori completi del panorama europeo. Con questo volumone di 222 pagine ricche di pianeti, esoscheletri, pazzia e sangue, entra con merito nella Selezione Ufficiale del Festival Internazionale del Fumetto di Angouleme del 2017. Shangri-la è potente e disperato e ci fa tornare alla mente per cura maniacale dei dettagli, tra enormi scenari brulicanti di componenti tecnologiche e piccoli ormoni che giocoforza devono, ammassati, abitarci dentro, il capolavoro di Katsuhiro Otomo, Akira.


Ci sono le stesse architetture complesse e suggestive, c'è la stessa tensione di una umanità morente, che cerca di creare un oltre-uomo per le generazioni future. Non c'è di fatto la Terra, perché le cose sono finite male e ora la razza umana cerca nuove case nello spazio. Non c'è di fatto la Storia o la cultura, perché questa "umanità in viaggio" vive in uno straordinario ma asettico mondo - astronave dove si rincorre all'infinito solo la tecnologia stessa di hi-phone e ammennicoli pesantemente pubblicizzati sulle più grandi pareti della struttura. La morte è dietro l'angolo e si respira aria di rivoluzione tra le nuove specie - cavie meta / umane. C'è molta carne al fuoco e se possibile la storia allestita da Bablet è anche più sorprendete dei suoi disegni, sa costruire una tensione palpabile e pone interrogativi non banali sul nostro futuro. Cosa ne faremo degli animali? Come combatteremo l'inquinamento? Saremo in grado di convivere insieme, schiacciati dalla sovrappopolazione? Inseguiremo per sempre le nuove tecnologie mettendole al di sopra di ogni interesse e anche degli altri? Crederemo più in un Dio? Permetteremo a dei computer o a un'anonima multinazionale di comandarci? Bablet è curioso e attento e non dimentica mai nel suo racconto il "fattore umano". Dietro tanta tecnica visiva sbalorditiva e forse in parte asettica, l'autore fa muovere, stipati sotto pesanti tute spaziali e corazze robotiche, personaggi dai lineamenti amorevolmente e umanissimamente  caricaturali, sgraziati e sbilenchi, che ci hanno ricordato alcuni lavori e personaggi del nostro amato Gian Alfonso "Gipi" Pacinotti. Spesso il "cuore" si nasconde tra le linee sbilenche. La "carne in scatola" è un po' l'emblema di quest'opera che sa essere techno-affettiva tanto quanto techno-fobica. C'è tutto il senso della vita nel sorriso sbilenco e gli occhi esaltati ma tristi di un astronauta che dice: "è bellissimo, siamo così piccoli rispetto allo spazio" mentre guarda in faccia un pianeta lucente che gli cade addosso dallo spazio prima di disintegrarlo. Pura poesia. 



Se si può muovere una critica a questo volume, che riteniamo comunque imperdibile, si può dire che in 222 pagine non tutti i temi accennati trovano uno sviluppo ugualmente ricco e originale. Ma davvero non c'è molto da lamentare per il sottoscritto. Scovatelo nelle fumetterie e nelle librerie, richiedetelo se non lo vedete o se è esaurito, ma buttateci sopra di occhi, nuotate tra le sue tavole e perdetevi nel suo spazio come mentre muovevate i primi passi in  Alien o 2001 odissea nello spazio, come quando per la prima volta vi siete trovati in gravità zero nel videogame Dead Space o nel film Gravity. E soprattutto pensate ad Akira. Siamo da quelle parti ed è un posto bellissimo. 
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