Sono
passati tanti anni. Pioveva a dirotto sopra una città grigia mentre la vita di
uno schiavo si spegneva su un cornicione. Il "lavoro in pelle" Roy
Batty aveva fatto decisamente cose discutibili, per cui il dio della
biomeccanica non lo avrebbe certo fatto entrare in paradiso. Era comunque
troppo tardi per cambiare, perché la sua luce ormai aveva arso con il doppio
dello splendore e la vita di Roy si era quindi bruciata in metà del tempo.
Nessuna nuova vita lo aspettava nelle colonie extra mondo. Se solo suo il suo
costruttore di occhi sintetici avesse potuto vedere quanto Roy aveva visto
negli anni, con quei suoi occhi finti coltivati come uova in batteria. Se
solo suo padre, il costruttore di macchine umane, non lo avesse condannato a una vita a tempo ridotto. Roy era a terra, ma prima di morire riusciva in un
atto estremo a riportare sul cornicione del palazzo Deckart, il
cacciatore che lo aveva inseguito in quegli ultimi istanti di vita. Lo aveva
preso al volo, mentre stava per cadere nel vuoto.
Roy: "Io
ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento
in fiamme al largo dei bastioni di Orione. (Ho cavalcato i ponti posteriori di
un blinker) e visto i raggi C balenare nel buio, vicino alle porte di
Tannhauser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella
pioggia. E' tempo di morire.
Deckart:
"Non so perché mi salvò la vita, forse in quegli ultimi momenti amava la
vita più di quanto la avesse mai amata... Non solo la sua vita, quella di
chiunque, la mia vita. Tutto ciò che volevano erano le risposte che noi tutti
vogliamo: da dove vengo? Dove vado? Quanto mi resta ancora? Non ho potuto far
altro che restare lì a guardarlo morire."
Questa è
epica. Questa è tragedia greca. Questa è roba da libri di scuola. Il film di
Villeneue ha un onere vertiginoso di aspettative sulle spalle, ma gli vogliamo
già bene. Il cast è ricco, le atmosfere sembrano esserci così come gli effetti
speciali e androidi dalle acconciature un po' anni '80. Ma questi testi sopra
citati sono scritti a fuoco in noi e davanti anche allo spettacolo più bello
rischiamo di rimanere indifferenti come "sushi", pesci freddi, a meno
che dialoghi ugualmente spettacolari non arrivino a torcerci le budella di
gioia. Speriamo di non essere troppo malinconici in sala.
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