domenica 16 dicembre 2012

V per Vendetta






andate al minuto 6.00 e ditemi se non vi ricorda qualcosa...

Non è forse lo stesso contesto, ma il ruolo della maschera è lo stesso: diventare idea, diventare immortale.

Si può uccidere un uomo, ma non si può fermare un'idea. Le idee sono a prova di proiettile. Questo è il messaggio forte di V per Vendetta. Una splendida graphic novel di Alan Moore, testi, e David Lloyd, disegni. I disegni di Lloyd sono dettagliati anche se abbastanza convenzionali, nella cornice del bianco e nero dell'opera (ma esiste pure una versione a colori “spenti”), ma l'intuizione grafica del personaggio così come i dettagli di “regime” ne fanno un lavoro di pregio. La scrittura di Moore è come al solito solida e descrive in un numero non troppo elevato di pagine un caleidoscopio di personaggi unici, tutti tormentati dal confine tra disperazione e dovere.

Moore è uno scrittore di fumetti eclettico, i suoi lavori sono affreschi di indubbia forza evocativa, piccoli mondi in cui l'autore si mette a nudo nelle sue passioni-pulsioni. Opere personali che divengono mainstream grazie ai genio che muove la penna, un comunicatore raffinato ed estremamente critico della società moderna, spesso una cloaca corrotta non troppo dissimile dal contesto reale. I suoi personaggi galleggiano su questo mondo marcio, spesso vivendo di compromessi di cui non vanno fieri perchè gli eroi, nel senso più alto del termine, sono grandi, rivoluzionari, ma spesso perdenti: nullificati, messi a tacere, uccisi. Non per questo assenti. Nella loro titanica presenza, se solo gli eroi possono muoversi contro la Storia (pur destinati a fallire), la storia con la “s” minuscola, il mito, il vero-non vero è tutta su di loro. L'eroe muore, ma le sue gesta rimangono, magari scritte su di un libro, un diario, sulle pagine di un quotidiano, per voce di chi lo ha conosciuto. Una rivincita che non toglie l'eco della sconfitta.

Per V per Vendetta, Moore lavora sempre in questo ambito, cercando però di andare oltre. L'eroe viene qui svuotato, rimane solo il suo simulacro, la sua idea. Sappiamo che è un fan del Conte di Montecristo e a questo brutalmente si limita: impersona una versione teatrale del Conte di Montecristo senza che mai la maschera sia sollevata. Ma un'idea, che sia buona o cattiva, può di per sé avere le connotazioni morali dell'eroe senza trascenderlo?

I personaggi della graphic novel si muovono in una Londra non troppo futuristica e decaduta dove nulla sembra sfuggire all'occhio di un regime dittatoriale. Facciamo la conoscenza di una ragazza che viola il coprifuoco facendo un brutto incontro con i corrotti poliziotti del regime. La ragazza viene quindi salvata da un misterioso individuo che di lì a poco riempirà i cieli di Londra di fuochi d'artificio. La maschera che indossa è nota, è quella del rivoluzionario inglese Guy Fawkes.

Alan Moore è inglese e come tutti gli inglesi sa perfettamente chi sia costui, anche perchè in suo ricordo c'è una festa nazionale. Il 5 novembre del 1602 Guy Fawkes organizzò la cosiddetta “congiura delle polveri”, nel tentativo di far saltare per aria il Parlamento Inglese, reo di essere diventato quantomeno tirannico. L'attentato non andò in porto, ma sembra che qualcosa in seguito sia cambiato nella reggenza, in positivo. Una rivoluzione silenziosa che ha portato a ogni modo l'artefice a una bella esecuzione capitale. Da allora il 5 novembre (da cui il “V” del titolo, 5 per la numerazione romana che graficamente richiama anche il simbolo di anarchia, invertito) in Inghilterra si dà fuoco al pupazzo di Guy Fawkes e ci si veste come il suddetto. Che macabri gli inglesi.

Tornando a noi, in questa Londra del futuro prossimo un nuovo Guy Fawkes si staglia all'orizzonte, minacciando di fare quello che non gli è riuscito nel 1602, in occasione della tradizionale festa del 5 novembre. La polizia si mette subito sulle sue tracce, mentre la ragazza che aveva violato il coprifuoco inizia a fare i suoi primi passi come piccola rivoluzionaria. L'opera è un inno a non farsi schiacciare dalla società, ma al contempo una critica lucida ai paradossi ed errori cui una rivoluzione, per quanto necessaria, va comunque incontro.

La figura che si nasconde dietro il beffardo volto di Guy Fawkes è il motore di tutto, eroe e mostro della rappresentazione. Completamente coperto dall'abito che indossa, il volto celato, guanti neri, nulla rivela del suo aspetto . Noi leggiamo i dialoghi di Guy Fawkes ma non ne “sentiamo la voce”, così come non intendiamo la fisionomia, non sappiamo nemmeno se si tratti di un uomo o di una donna, giovane o anziano. In una vignetta gli abiti di V sono adagiati su un appendino, solo a un'osservazione più puntuale si scopre che è in effetti un simulacro, che V non è presente sulla scena. Sarebbe però errato considerarlo un non-personaggio, V è all'opposto un “collettivo”, l'agognato sentimento di libertà che accomuna un popolo oppresso, non dissimile da quel Full Frontal di Gundam Unicorn, di cui abbiamo avuto già modo di parlare: non importa chi o cosa effettivamente lui sia, sono gli altri a ricoprirlo delle loro aspirazioni e speranze e a dargli così forma-sostanza. Attenzione però. V non è pura volontà distruttiva, racchiude anche una profonda morale sul ruolo delle rivoluzioni nella storia. Molti si limitano a considerarlo oggi una bandiera dello “sfasciamo tutto”, ma l'opera, se letta come dovrebbe, cela significati più profondi e non giustifica mai alcuna forma di violenza. Violenza che sempre e comunque viene anche condannata, anche se commessa nell'intento di “cause più alte”. La figura dell'investigatore è altrettanto nobile quanto quella di V, così come sono forti le sue ragioni. Moore ci tiene a sottolineare che è comunque uno dei suoi eroi-perdenti, una mosca bianca in un mondo corrotto che però non possiamo esimerci dall'ignorare, dal parteggiare per lui. Riuscirà il quasi metafisico terrorista V a distruggere tutto – rivoluzionare tutto o il buon, disilluso, detective riuscirà a evitare il caos, pur così salvando una società corrotta? Un bel dittico, difficile scegliere per chi parteggiare.

Concetti non semplici da trasfigurare sul grande schermo, senza scadere in colorazioni o semplificazioni eccessive. Di fatto non è mai stato semplice adattare il pensiero di Moore al cinema.

Moore ha sempre avuto grande amore per i suoi “bambini”, al punto che si è sempre ben guardato dal firmare trasposizioni cinematografiche: opere nella maggioranza dei casi ben riuscite, ma che in qualche modo rimangono figlie-vittime di una visione “altrui”. Divertente La Lega degli Uomini Straordinari nelle sale, film fracassone e colorato che a ben vedere anticipa quello che da poco abbiamo visto con gli Avengers, ma solo un'eco della grandezza della relativa opera cartacea di Moore, in cui i personaggi divengono figure tragiche da drammaturgia greca. Un grande Johnny Depp si muove nella Londra vittoriana filmica di From Hell, cupa e satanica, ma anche qui il film è solo un riflesso, pure piuttosto sbiadito, dell'opera su carta, quanto mai potente, sanguigna e disperata in cui il personaggio principale non è l'investigatore di Depp, ma l'assassino, aristocratico e intoccabile, protetto dalla massoneria, materia forse troppo oscura per i produttori di Hollywood (o forse troppo "scoperta” a seconda dei punti di vista). Watchmen invece è l'esatta trasposizione filmica del fumetto, non una trasposizione, ma una mera “esecuzione” attraverso un media differente, un atto quasi ecumenico, integralista, al pari del Sin City di Miller rivisto da Rodriguez, la letterale messa in movimento delle vignette: può capitare che risultino entrambi oggetti di difficile lettura per un pubblico occasionale a causa di una così deposta scrittura, scrittura che ne fa per i fan qualcosa di magistrale e inarrivabile. Poi arriva V per Vendetta, dove il libro a fumetti viene, finalmente, adattato per il grande schermo: cambiano delle carte ma il risultato è ugualmente forte, ugualmente buono, seppur diverso. La regia del poco sfruttato, James McTeigue, la sempre brava Natalie Portman nella parte della giovane rivoluzionaria, Stephen Rea, sempre misurato e profondamente umano, nella parte del detective disilluso e l'incredibile Hugo Weaving a rivestire la maschera di V. Alla produzione ecco arrivare i fratelli prodigio di Matrix, che donano alla trasposizione un tocco familiare per chi ha apprezzato la trilogia cyberpunk. Alla regia un loro tecnico, che ho di recente apprezzato anche per Ninja Assassin, composto e ordinato nella scansione degli eventi, ottimo direttore di attori. Brava la Portman, Weaving giganteggia con un ruolo quasi impossibile: recitare senza potersi esprimere con il volto è uno dei lavori più difficili di sempre, soprattutto se il personaggio è complesso e articolato come in questo caso e alla fissità della maschera accompagna anche movenze volutamente eccessive e teatrali. Musica potente, effetti grafici ottimi. Un accenno alla scrittura è doveroso. Un'azione concitata, lo sviluppo di meno personaggi rispetto al fumetto, tagli e cambiamenti vari, il film nonostante appaia molto diverso, non tradisce l'originale e mette in scena, anzi, suggestioni nuove e visivamente potenti. Nel film c'è addirittura una bellissima sequenza che pensavo mutuata dal fumetto, ma che è invece frutto dell'ottimo adattamento. Cose che capitano raramente.

La pellicola tuttavia ha i suoi tempi e laddove bene presenta V, glissa su parti ugualmente importanti dell'opera di Moore dando un quadro leggermente distorto. Un'opera forte, quindi, che sebbene confezionata con classe reca un messaggio che può essere molto facilmente frainteso, motivo per cui una visione da parte di soli bambini non solo è sconsigliata ma addirittura nociva. Sarebbe invece utile che se ne parlasse, magari confrontandosi con degli adulti. Le differenze con l'opera a fumetti sono molteplici, ma i due lavori sono per me complementari. Vi consiglio molto caldamente di leggere il fumetto e poi vedere la pellicola, ma fate pure il contrario con comodo, avrete solo così l'esatta percezione dell'opera: da un lato la sua potenza evocativa (film) dall'altro il suo valore morale (fumetto). In ogni caso un ottimo spettacolo. 
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2 commenti:

  1. L'ho rivisto ultimamente e l'ho anche finalmente letto nella sua versione fumettistica. Effettivamente il messaggio è in parte distorto sebbene il film sia davvero brillante: leggermente più "buonista" sotto alcuni aspetti (La ragazza che da prostituta diventa una semplice segretaria della TV di stato è solo un esempio).

    Comunque ottima analisi!

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  2. Grazie per i complimenti! Condivido la tua idea...

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