domenica 13 ottobre 2019

Strange but true: la nostra recensione



C'è il ballo di fine anno, una notte di dolci effusioni e poi un incidente. Lui muore. Lei dopo cinque anni si presenta a casa dei genitori di lui con un lieto annuncio: è incinta e secondo la sua medium il padre è stato proprio un ragazzo, in questo modo tornato dall'aldilà per confortarla. Nella famiglia partono i sospetti e i dubbi. Il fratello crede nella buona fede della ragazza e in questo strano gioco del destino. Il padre sembra sapere molto e di fatto pare paghi alla ragazza l'affitto della casetta nei prati in cui vive. La madre, che dopo il lutto ha abbandonato il vecchio lavoro presso la biblioteca locale, è piena di rabbia e rancore, si sente offesa da questo annuncio. Quale sarà la verità?
Quello che è "vero" in realtà è qualcosa su cui soppesiamo cause ed effetti attraverso dei filtri, che possono essere scientifici quanto emotivi. La misurazione soggettiva o oggettiva della realtà in molti contesti è tanto una questione di progresso scientifico quanto di punti di vista. Non ricordo chi ha detto la frase che ho appena scritto, ma più o meno questo è il senso di questo film tratto da un recente bestseller di successo. Come la natura della realtà è "ibrida" è da soppesare nel suo essere conforme o "strana" rispetto ai metri conosciti ed "emotivamente sentiti", la pellicola si costruisce su mattoni semantici ambigui e imprevedibili che ne rifuggono una definizione puntuale. Nasce come dramma sentimentale, gioca con i temi soprannaturali, si nutre di un pizzico di fantascienza, tocca la psicologia dell'elaborazione del lutto, nuota nel thriller e ogni personaggio è come se fosse immerso in una realtà narrativa diversa, persegua sue strade come protagonista della propria storia personale. Ogni personaggio ha un suo percorso e un suo "nemico" negli altri personaggi. Quello che ne scaturisce è un film sulla difficoltà di comunicazione con alcune idee geniali e altre più prevedibili, affascinante nella costruzione generale, benedetto da attori in ottima forma come Brian Cox e Margaret Qualley, ma forse troppo impalpabile nella messa in scena. Una bella idea forse troppo annacquata e priva di un vero genere di riferimento a cui attaccarsi per emergere e lasciare il segno. 
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