sabato 19 ottobre 2019

Scary Stories to tell in the dark - La nostra recensione del film e del libro edito da De Agostini




- Sinossi del Film: Siamo ad Halloween, nel più classico paesino tra il verde e i campi di mais della più classica provincia americana dei ruggenti anni '60. La Tv parla dell'elezione di Nixon e il Vietnam alle porte, le radio trasmettono The season of the Witch di Donovan (dal mitico album Sunshine Superman del 1966, di recente già sentita in Paranorman della Laika). Si avverte l'arrivo di una tempesta imminente fin dai primi minuti del film, c'è una tensione opprimente nell'aria, ma l'atmosfera generale  è subito stemperata, cordiale e vintage quando arrivano i nostri piccoli eroi e subito ci sentiamo in un episodio di Stranger Things o dell'ultimo It. Conosciamo i nostri "perdenti" e subito li troviamo carichissimi, pronti, complici i costumi (amabilmente sfigati) e il calare delle tenebre, a farla vedere alla solita compagine locale di bulli. Lo scherzo del giorno è una certosina "cacca flambé", pazientemente collezionata dal perdente più intraprendente, che è stato a raccogliere la sua, per molti giorni immaginiamo, attraverso un retino per i pesci dell'acquario usato nel WC. Ma l'impresa lodevole risulta meno epica delle aspettative, la parte della "fuga" è poco organizzata e i nostri sono sgamati e costretti a ripiegare per le vie della cittadina mentre i cattivi coperto di cacca fumante roteano mazze da baseball. La fuga fa tappa il drive in, con in cartellone un classico horror senza tempo e un mezzo colpo di fulmine per la ragazza del gruppo.Poi la combriccola ancora in fuga arriva alla casa stregata locale, nella speranza che sia una costruzione "bulli-fuga" (cioè non contenere bulli... scusate sono le tre di notte). E come ogni casa stregata, naturalmente anche questa ha la sua bella storia dell'orrore che i locali narravano, davanti ai più tetri falò con marshmallow del campeggio e tra i più raccapriccianti pigiama party di seconda media. Una ragazzina viveva segregata nelle cantine di quel particolare luogo isolato e immenso tra il verde, di proprietà di una facoltosa famiglia locale. Quelli, che in genere nei racconti dell'orrore finiscono male, si erano avvicinati a quella cantina, l'avevano sentita parlare e sembra che lei li avesse intrattenuti con delle storie incredibili, in grado di rivelare le loro vere paure. Di li a poco queste persone erano misteriosamente sparite. Nessuno che aveva ascoltato i racconti della ragazza della cantina era sopravvissuto. Per via di questi strani eventi, forse frutto della magia nera, la ragazza, scoperta, si era infine suicidata ma il suo spirito, pieno di rancore, era certo che ancora aleggiasse nei pressi della magione. In pratica era una specie di storia dell'orrore per ragazzini sul fatto che qualcuno che racconti delle storie dell'orrore per ragazzini riuscisse a spaventarli a morte. Non forse la trovata concettuale più figa del mondo ma, ehi, se la storia  fosse stata vera? Era vero o solo una storia di paura per bambini poco fantasiosa? I nostri protagonisti presto lo avrebbero scoperto. Come presto avrebbero scoperto che quella magione non era bulli-fuga. 


- Da un "libro-gioco" per bambini al film: per comprendere e apprezzare Scary Stories è necessario almeno una volta prendere in mano i racconti di Alvin Schwartz illustrati da Stephen Grammell (disegnatore di cui Del Toro è grande estimatore, avendo diversi suoi lavori nella sua collezione sterminata di menorabilia). Non si tratta di piccoli romanzi come i Piccoli Brividi di R.L.Stine quanto di brevissimi racconti di un paio di pagine che l'autore invita a raccontare a voce davanti a un gruppo di amici. I racconti danno indicazioni precise sul modo di raccontare la storia, dal tono della voce da usare, a quando prendere una pausa nella narrazione per creare suspance, ogni tanto facendo scegliere se seguire un finale o l'altro. Ci sono storie per far spaventare all'improvviso, storie di fantasmi, storie grottesche, perfino storie che fanno ridere, tutte divise ordinatamente per genere dall'autore per far scegliere al lettore e ai suoi ascoltatori quello che preferiscono. A dare ancora più corpo ai "brividi" che la recitazione del narratore dovrebbe fornire, intervengono i mostri "caricaturali ma terribili" disegnati da Grammell, immortalati con un tratto sfumato in bianco e nero, vicino al "nostro" Corrado Roi di Dylan Dog. De Agostini da questo settembre ha ristampato in unico volume le tre raccolte di Schwartz, comprensive di tutti i disegni originali di Grammell. Sono storie da noi magari poco conosciute ma amatissime all'estero, motivo per cui è arrivato questo film, soprattutto dai bambini. Un gioco che ha per base "storie spaventose da recitare al buio" per spaventarsi a vicenda nelle sere del campeggio o ai pigiama party. Le avessi avute da bambino le avrei amate quanto lo zio Tibia, ma anche da adulto ne rimango felicemente colpito per il loro modo leggero quanto "ludico" di presentarsi, non prive di chiavi di lettura a volte sorprendenti. Ve ne consiglio caldamente la lettura. 


- Dei "Piccoli Brividi" in salsa Del Toro: i tre libri originali da cui è tratto Scary Stories, scritti da Alvin Schwartz, sono magnifiche antologie di racconti del brivido, piene di bellissime illustrazioni a cura del bravissimo Stephen Grammell che dà forma ai mostri che mano a mano divengono protagonisti delle singole storie. Gia dal trailer è evidente che i mostri convertiti su schermo sono tutti magnifici, squisitamente grotteschi e pieni di carattere. C'è la "donna enorme", che sembra il malinconico Pinocchio "di carne" disegnato da Ausonia. C'è Harold lo spaventapasseri, interpretato da Mark Steger (il demone di Paranormal Activity, il mostro verde di Stranger Things) che dietro un volto immobile alla Leatherface sembra essere animato di una luce dagli occhi, che poi si rivela essere solo un grottesco movimento di piccoli insetti sottopelle, come il Babau di Nightmare before Christmas. C'è il raccapricciante ma dall'aria sperduta zombie senza alluce, interpretato dal mimo Javier Botet (lo Slenderman, l'uomo delle chiavi di Insidoius, l'hobo di IT). C'è il mio preferito, il Jangly man ("uomo tintinnante", letteralmente) interpretato dal contorsionista Troy James (Baba Jaga nell'ultimo Hellboy, la madre in Mama, una delle presenza di Crimson Peek e indimenticabile demone con martello in Rec) una specie di zombie scomponibile e ricomponibile, che a volte inverte mani, gambe e torso, con ossa e articolazioni che dopo "l'assemblaggio" si contorcono e continuamente schioccano in modo che fa gelare il sangue. Se amate come me le creature fatte con cuore e artigiano talento di make-up, effetti visivi e  attori-mimi questo film è già imperdibile, come è imperdibile l'ultimo IT. La storia di fondo è intrigante, meno scontata del previsto è ontologicamente corretta nel rappresentare il "senso" delle antologia di Schwartz. Come in quei "libri-gioco" il vero "mostro" è creato dalla voce del narratore, anche in Scary Stories c'è un narratore terribile, impersonato dalla ragazza della cantina. C'è da dire che alcune delle piccole storie legate bella sceneggiatura sono più articolate di altre, ma per mia diretta lettura dei testi ci posso assicurare che anche le storie che hanno uno sviluppo più breve sulla pellicola riproducono esattamente tutto quello che accade nel libro. Non c'è una contrazione o citazione come avviene nel film di Piccoli Brividi, quanto si vede in quei casi è esattamente quanto si legge. Compresa la voce sussurrata del lettore per dare la giusta atmosfera. 


- I nuovi mostri cinematografici di Del Toro. Scary Stories un film fatto espressamente per una fascia di pubblico di giovanissimi, che punta a spaventare quanto a divertire, facendo uso di creature amabilmente create artigianalmente sulla scorta dei mostri classici della tradizione horror. Non manca però anche la malinconia, una delle cifre stilistiche che da sempre segue tutte le creature visive di Del Toro. Dopo l'era di Tim Burton, Guillermo Del Toro è indiscutibilmente diventato uno dei più importanti creatori di nostalgici e crudeli mostri moderni cinematografici. Nei suoi Mimic, Hellboy, Il Labirinto del Fauno, Crimson Peek, La forma dell'acqua ha definito un preciso stile visivo e narrativo, che si riscontra anche nel lavori da lui solo produttori come Mama, Non avere paura del buio e anche questo ultimo Scary Stories to tell in the dark. Pur ricordando per molti aspetti It, Stranger Things e Piccoli Brividi, il film di Del Toro che sorprendentemente più si avvicina a Scary Stories credo sia Il labirinto nel Fauno. C'è un'America che sta rubando i figli di una piccola cittadina per portarli nel Vietnam, mentre una specie di fantasma in qualche modo sta facendo la stessa cosa. Come ne Il labirinto del fauno, il mondo del "fantastico" non è meno crudele del mondo reale e ad esso strettamente interconnesso, anche se spesso i legami sono da cercarsi nei dettagli.  È interessante come la mitologia fantastica sia qui radicata nella cultura americana, quando il film di fatto è prodotto dallo spagnolo Del Toro e diretto dal bravissimo e da me ugualmente adorato regista norvegese di Trollhunter, Andre Ovredal. Sono entrambi autori molto amanti dei mostri, folletti et similia, come ben "trapiantati" in America. Ovredal ha peraltro di recente diretto il bellissimo e americanissimo (da noi recensito) Autopsy e ha già in canna La lunga marcia, adattamento del "mio" primo libro di King, una delle mie letture più amate di sempre. Ci stanno bene, questo spagnolo e questo norvegese, nel fantasy a Stelle e Strisce, lo centrano a livello narrativo quanto visivo. Per questo in Scary Stories ci si affeziona velocemente a tutti i personaggi, soffrendo per loro quando la sorte avversa, che nelle storie di paura non può mai mancare, cala su di loro come una mannaia quanto la "Storia". La stessa lezione del Fauno. Il bullo Tommy (Austin Abrams) si iscrive volontario per andare in Vietnam ed è chiaro che lo faccia per fuggire dal campo di pannocchie infinito (simile a quello di Kevin Costner de L'uomo dei sogni ma più tetro, più notturno) che lo relegherebbe a stare per sempre lì nel paesino, impalato come uno spaventapasseri, a raccogliere uova da consegnare ai vicini per non fare arrabbiare mamma/padrona. La storia di Tommy ha una parabola ben congegnata e speculare alla vicenda del ragazzo ispanico Ramon (Miguel Garzia), che vuole invece scappare dalla leva alla quale è costretto ad aderire, perché non vuole morire. Un altro scorcio dell'America provinciale ci è fornito dal personaggio bello, tragico ma combattivo, di Stella (Zoe Colletti), relegata nel piccolo paesino, come la ragazza della cantina, per via dei problemi di salute del padre (Dean Norris), stanco e depresso, incapace di reagire all'assenza della moglie. Una situazione e relazione che la vede adultizzata, accudente, molto lontana dalla felicità della sua età. È una America orfana di figure paterne, quasi un presagio dell'eccidio in termini di vite umane dell'imminente Vietnam. Sono le donne a tenere insieme le famiglie, sacrificando i loro sogni e ambizioni, con una realtà locale che pare regredita al Far West. Sono irresistibili nel gruppo dei ragazzini protagonisti Auggie (Gabriel Rush) e Chuck (Austin Zajur). Sono una coppia di nerd, ai tempi in cui non era così figo, che ad Halloween finiscono con dei costumi sfigatissimi da non-supereroi, un uomo-ragno che è effettivamente un vestito da ragno con tanti piedini e antenne, e un pagliaccio che non è il Joker ma uno Pierrot da opera teatrale tradizionale XIX sec. Auggie è il precisino e pulitino del gruppo e gli capiterà per contrappasso il mostro più schifoso e putrido possibile. A Chuck, bassino, riccioluto e in piena esplosione ormonale, capiterà un incontro ravvicinato con una terribile donnona orribile che gli si parerà come "unica alternativa della vita" per avere un rapporto ravvicinato. Avrei voluto stare più tempo con Auggie e Chuck, ma mi hanno divertito un sacco, danno le giuste occasioni alla pellicola di alleggerirsi, stemperare. Molto interessante la scelta degli sceneggiatori, già autori di Lego Movie, di ibridare la struttura narrativa tra gli slasher anni '80 americani e i Japan Horror stile The Ring. I J-horror hanno storie che al loro centro mettono l'importanza della Storia, del "ricordare la storia di una persona dimenticata". Il mostro è spesso una vittima che agisce per non essere dimenticata ed è "conoscere il mostro, più che sconfiggerlo", il viaggio narrativo che intraprendono i personaggi. Non è il classico viaggio iniziatico dell'eroe "puro" contro il male per uscirne vincitore/adulto, il sottotesto-tipo degli horror occidentali. In Scary Stories c'è quindi una "zona d'ombra" della Storia Americana che fa eco, in un riuscito gioco di specchi, a un'ulteriore piccola storia umana, che riguarda il mostro. Ma non voglio rivelarvi troppo. Devo però dire che ogni tanto la narrazione diviene labirintica più del necessario e che forse servirebbe un seguito per far luce su alcuni dettagli che non sono riusciti a prendere il giusto posto nella vicenda.


- Conclusioni: Un film con magnifici mostri in una cornice molto curata, anche se a volte contorta, derivativa del J-horror. Poteva essere tranquillamente e senza casini uno spettacolo non lontano dalle opere di Michael Dougherty come Trick'n'Treat o Krampus o per lo meno nuotare placido in zona Piccoli Brividi, ma Scary Stories si complica un po' la vita e ci chiede di stare attenti, leggere tra i dettagli. Senza aver letto e capito i racconti da cui è tratto, può essere fuorviante e generare con il trailer aspettative errate, far immaginare sviluppi di trama che non ci possono essere. Certo qualche volta i tizi sceneggiatori di Lego Movie potevano incastrare meglio le cose, ma c'è in un certo momento illuminante una  in cui si riesce a  dare al tutto un giusto senso...

SPOILER  
la "scena del letto" sul finale, che è girata esattamente come la scena del letto dello zombie senza alluce, quando si può collegare tutti i mostri che incontrano i ragazzini ai veri parenti/aguzzini della ragazzina della cantina, in un parallelo stile Wizard of Oz (dove gli attori che impersonano il leone, l'uomo di latta e gli altri personaggi fatati compaiono sul finale senza trucco come i veri parenti e amici di Doroty) che mi ha portato all'orgasmo intellettivo. Da questo e dal "finale dello spaventapasseri" pure si potrebbe argomentare come chi "finisce dall'altra parte del libro" possa uscirne solo come mostro, attraverso una successiva narrazione aggiunta a penna sul libro. Ma questo potrebbe essere sviluppato meglio in un seguito 
FINE SPOILER 

Scary Stories to tell in the dark è un film che ho apprezzato da subito sul piano visivo, ma che sono riuscito ad apprezzare anche per i suoi altri aspetti  solo dopo aver compreso la vera natura dei libri di riferimento. Mi aspettavo erroneamente che ogni mosto avesse una sua storia articolata come un piccolo romanzo e questo ha influenzato in negativo il mio giudizio iniziale. Vi consiglio di leggere il film come una storia unica e magari di tornarlo a vedere più volte per apprezzare i dettagli. Potreste seriamente innamorarvi di questa pellicola se considerate l'idea di fruirla insieme alla lettura. Rigorosamente da recitare ad alta voce o sussurrata, seguendo le indicazioni dell'autore. 
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