mercoledì 31 ottobre 2012

Total Recall e Total Recall e Total Recall


Conoscete PhilipDick, spero. Scrittore di fantascienza prolifico quanto geniale e bistrattato, muore povero in canna definendosi nell'autobiografia letteralmente “uno scrittore di merda”. Poi qualcuno va a riscoprire le sue opere, dei contenitori stracolmi di idee condensate spesso in poche pagine, arriva la consacrazione post mortem e Hollywood inizia a capitalizzare sui lavori del de cuius, che in mano a grandi registi divengono blockbuster e classici della fantascienza cinematografica. Da un racconto di Dick, Ridley Scott tira fuori Blade Runner, complessa riflessione sulla deriva dei valori moderni e sulla schiavitù in cui, sullo sfondo di una megalopoli sviluppata in verticale, dove i bassifondi stanno al piano terra, cacciatori di “lavori in pelle” inseguono cyborg, che avendo scoperto di provare valori umani, non vogliono morire. Sempre da Dick, Spielberg in Minority Report racconta di come nel futuro, per mezzo di entità telepatiche, sarà possibile prendere i criminali prima che commettano un delitto, interrogandosi però su quanto tale sistema possa essere in assoluto privo di errori. Per finire, le opere di Dick che hanno ispirato il cinema sono ancora molte, qui riporto solo le più note, dal racconto di Dick “sogni in vendita”, in totale ventitre pagine scarse, nasce un copione cinematografico che, dopo la bellezza di 42 versioni diverse, cambi di produttore e rigista nonché attore, diviene nel 1990 il blockbuster di Paul Verhoeven Total Recall, da noi Atto di Forza. 
 
Ecco la storia del primo Total Recall – Atto di Forza. Dino De Laurentis acquista il copione originale e subito va in paranoia perchè era dannatamente fuori budget, la cosa più cara da produrre di sempre. Tutti vogliono dirigerlo, tutti gli attori vogliono farlo, ma costa una pazzia e, soprattutto, ha una divisione in tre atti di cui i primi due splendidi e il terzo tremendo. Si va di riscrittura in riscrittura fino a quando si decide di spostare la seconda e terza parte su Marte e avviene la svolta, sceneggiatura bomba. Pronti per partire, fino a che tutto crolla di nuovo: De Laurentis è fuori dai giochi, bisogna ripartire da capo. Ecco che quindi si palesa un omone austriaco di due metri che ha letteralmente dominato i botteghini anni ottanta: Arnold Schwarzenegger. Conosce la sceneggiatura, conosce lo sceneggiatore, consiglia all'amico produttore Mario Kassar della Carolco Pictures di comprare il tutto e quest'ultimo lo fa. Non soddisfatto, chiama a dirigere i lavori un astro nascente di Hollywood, quel Paul Verhoeven che dopo l'eccelso “L'amore e il sangue “ e “Soldato d'Orange” con Rutger Hauer (che guarda caso interpretava l'andoride in Blade Runner...) ha sbancato i botteghini con il primo, magnifico “Robocop” (anche qui fa specie come in futuro usciranno fumetti e videogiochi che vedranno contrapporsi Robocop a Terminator, il personaggio-icona di Schwarzenegger....si può dire a ragione che Arnold abbia sempre trattato con occhio di riguardo la “concorrenza”). Se il protagonista del racconto di Dick è un impiegato che sogna di essere un agente segreto, si tormenta e quindi va a farsi impiantare i ricordi, il Quaid di Schwarzenegger è un operaio dall'aria molto meno grigia che sogna di andare in vacanza su Marte dopo aver sognato di camminare sul pianeta rosso insieme a una sventola. Cambia il tono dell'opera, anche in virtù delle doti di ironia e prettamente fisiche del gigante austriaco. Vengono aggiunti mutanti e alieni e il tutto shakerato da una colonna sonora da urlo, effetti speciali grandiosi e ricchi di trovate visive (di Rob Bottin e Stan Wilson, già all'opera su Robocop e futuri grandi nomi degli effetti speciali), una mano ferma e chirurgica a dirigere il tutto. Volete la ciliegina? La co-protagonista, futura diva Sharon Stone già di una bellezza abbagliante (non a caso sarà sempre Verhoeven a sceglierla per Basic Instinct). A tutto si aggiunge una sceneggiatura geniale che insiste, fino alla fine, sul fatto che sia tutto vero o tutto un sogno, che la realtà sia duplice. In casa del protagonista c'è una parete che si trasforma in finestra che dà su uno scenario olografico, la segretaria della Rekall che muta il colore delle unghie solo toccandole, il vero aspetto di alcuni dei personaggi. Tutto è doppio, tutto può e allo stesso tempo non può essere autentico, lasciando lo spettatore libero di decidere da solo.....ma se si fa caso a quella particolare traccia della colonna sonora che si sente in quei due determinati momenti....Capolavoro. Una delle migliori pellicole di sempre. Con l'uscita in vhs all'epoca avevo apprezzato come la casa distributrice si fosse premurata di accludere alla confezione anche il racconto originale di Dick, un atto di grande rispetto.
Passano gli anni e il regista di Underworld, Len Wiseman, invece di dedicarsi appieno alla saga di licantropi contro vampiri, magari offrendo forzieri pieni d'oro per far tornare della partita Scott Speedman (ma posso capire che ancora non digerisca la relazione frugale avvenuta tra quest'ultimo e la coprotagonista di Underworld Kate Beckisale, moglie di Wiseman), decide insieme all'oggetto misterioso irlandese, al secolo Colin Farrell (magari portava bene, era presente in Minority Report..), di fare un bel remake di Total Recall. La cosa di per sé risulta fattibile: il primo Total Recall è un film che si basava su una sceneggiatura con diverse libertà rispetto alla traccia lasciata da Dick, dicevamo l'introduzione di Marte e la trasformazione del personaggio per adattarlo alla fisicità di Schwarzenegger. Ma davanti a tanta nuova linfa da dare all'opera ecco il disastro. O meglio, un uso del tutto selvaggio del copia-incolla. Wiseman ha un'intuizione che sulla carta poteva essere geniale: unificare gli universi narrativi di Dick a livello visivo e contenutistico. Ed ecco che l'ambientazione viene mutuata da Blade Runner di Ridley Scott, con palazzi infiniti in altezza, contaminazioni orientali con dragoni, buddha e quant'altro, città divisa in livelli, alti-ricchi, bassi-poveri e pioggia costante. Per di più ci sono in giro cyborg e androidi (questi puzzano parecchio di “Io Robot”) vari come in Blade Runner. Da Minority Report di Spielberg copia il sistema autostradale, i computer olografici, alcune stranezze delle armi e dei sistemi di camuffamento. Da Total Recall riprende gli inseguimenti forsennati, la strumentazione per l'impianto dei ricordi, un paio di trovate sul vero-falso. Da Bourne Identity di Ludlum, copia tutto il personaggio principale: non copiando Schwarzenegger viene quindi copiato Matt Damon in un altro film. Tutte le trovate più interessanti, divertenti e riuscite del Total Recall originale vengono cassate o prese in considerazione per un paio di scene ad effetto nostalgia. Insomma un maxi omaggio al mondo di Dick immaginato da Hollywood, supportato anche da ottimi effetti speciali e buon ritmo. Peccato non vi sia un solo grammo di originalità. Si potrebbe quindi chiudere un occhio e acquistare sereni, film orrendi sono ben altri, ma l'amaro in bocca rimane davanti a un prodotto privo di anima, le cui idee migliori sono riprese integralmente da altro. A supporto di Farrell due super-gnocche, la summenzionata Beckinsale nel ruolo che fu della Stone e Jessica Biel, che, per idiozie di trama , si mostrano sempre ultracoperte, manco vivessero in Alaska....ma si può?! 
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