Premessa
Demon Slayer: il Castello dell’Infinito è il primo di tre film cinematografici con cui lo studio Ufotable ha scelto di raccontare in forma animata l’ultimo arco narrativo del manga scritto da Koyoharu Gotoge. Gli eventi narrati in questo primo capitolo seguono direttamente quanto raccontato nella quarta stagione dell’anime, andata in onda la prima volta su Fuji Tv nel 2024 dall’inizio di maggio alla fine di giugno.
Il secondo film, salvo cambi di calendario è previsto in uscita nel 2027, il terzo nel 2029.
Tutto l’anime è reperibile in italiano sul canale streaming di Crunchyroll, con la relativa versione Home Video già disponibile negli store curata da Dynit. Il manga, uscito originariamente in 23 volumi dal 2016 al 2020, è stato integralmente portato in Italia da Panini, sotto l’etichetta Planet Manga.
Sinossi
Sembra ieri che Tanjiro, ritornando a casa in una giornata assolata, trovava tutta la sua famiglia trucidata da un demone dopo una notte di mattanza. Sua sorella Nazuko era miracolosamente sopravvissuta, ma il mostro l’aveva morsa, dando inizio alla sua fase di mutazione in demone. Il cacciatore di demoni che era sulle tracce di quella sanguinaria creatura, il “Pilastro dell’acqua” Giyu Tomioka, era arrivato troppo tardi, ma aveva comunque il dovere di eliminare il nuovo demone che stava nascendo. Tanjiro, solo su una distesa di neve coperta di sangue con Nazuko in grembo, commosse il guerriero. Se esisteva, Tanjiro avrebbe cercato una cura. Ad ogni modo, sarebbe diventato anche lui un cacciatore di demoni: avrebbe provveduto personalmente a ucciderla al termine della metamorfosi.
È così che cominciò il viaggio di Tanjiro e Nazuko attraverso un Giappone sospeso tra incubo e realtà. I due avrebbero presto condiviso la strada con l’insicuro ma coraggioso Zenitsu e con il “ruvido” Insuke. Nazuko, diventata ormai una creatura notturna, avrebbe cercato di dominare i suoi nuovi poteri da demone senza perdere la sua anima, aiutata anche dalla scienza medica dell’epoca. I tre ragazzi si sarebbero uniti agli spadaccini Hashira, i più potenti cacciatori di demoni, diventando ogni giorno più forti come spadaccini ed esorcista. Tra molte difficoltà e amare vittorie, sono tutti in breve tempo diventati adulti.
Ormai è giunto il tempo del grande scontro finale tra i Demon Slayer e i demoni capitanati dal pericoloso Muzan Kibutsuji. Una autentica guerra destinata a compiersi nell’arco di una sola notte, che vedrà tutti in prima linea, maestri e reclute, contro migliaia di demoni e i loro potenti comandanti, le dodici Lune Demoniache. Una guerra che sarà combattuta in pieno territorio nemico, in un luogo in cui le regole del mondo fisico non hanno alcun valore: il Castello dell'Infinito. Una struttura sorretta da una magia ancestrale potentissima, in grado di espandersi o moltiplicarsi per interi chilometri, mutando continuamente i suoi spazi interni creando in un istante vicoli ciechi, trappole e baratri.
Sarà uno scontro disperato, anche se i cacciatori di demoni hanno più di un asso nella manica per riuscire nell’impresa.
Dovranno però tenere i nervi saldi: non cadere nella pazzia e mettere tutta l’anima in ogni scontro. Dovranno accettare la possibilità di cadere in battaglia, pur di favorire la corsa dei loro compagni verso il terribile Muzan.
Riusciranno gli Hashira e i membri della Demon Slayer Corp a sopravvivere?
Breve storia di Ufotable
Fondato nel 2000 nel quartiere Suginami di Tokyo, da ex animatori di TMS Entertainment guidati dal produttore Hikaru Kondo, lo studio Ufotable si dice abbia preso il nome dalla forma, definita “simile a un ufo”, dello stranissimo tavolo che Kondo si fece realizzare, proprio per il suo nuovo ufficio, da un celebre artista scandinavo. Con questo “simbolo” a guidarli, lo Studio non poteva che imporsi come qualcosa di strano, rivoluzionario e originale fin dal suo esordio. Una eccezione assoluta o, se vogliamo, proprio uno strano “oggetto volante non identificato” nel panorama dell’animazione Giapponese moderna. Commissionando quel tavolo, Kondo non sognava solo di viaggiare verso “lo spazio profondo”. Dalla circolarità dell’oggetto voleva sollecitare nell‘osservatore anche “afflati Arturiani” che lo avrebbero reso idealmente vicino alla celebre Tavola Rotonda. Ufotable non avrebbe avuto una struttura lavorativa tradizionale: “verticale”, settoriale e granitica, con un solo capo al comando. Sarebbe stato prima di tutto un luogo di studio interdisciplinare “tra pari”, un posto in grado di favorire l’ascolto e confronto di animatori di età ed esperienze diverse. Una fucina di idee e progetti a cui tutti avrebbero dato vita lavorando insieme, sostenendosi come un’unica squadra che a fine partita vanno a festeggiare insieme. Un po’ come in una bottega artigiana, ogni ufficio era studiato per permettere a quattro animatori di lavorare a stretto contatto, su un unico grande tavolo centrale, veterani a fianco di nuove leve. Un po’ come in un albergo, alle spalle di ogni animatore c’era il classico “spazio di riposo nipponico”: un tatami (lettino), per “stimolare a produrre” anche durante le ore notturne, senza rincasare, in caso di “scadenze imminenti” secondo il classico stile di dedizione al lavoro giapponese. Dal 2006 gli animatori in Ufotable hanno ottenuto anche un innovativo “spazio sindacale”, cosa per nulla comune nel campo dell’animazione nipponica. Potevano concretamente entrare nei comitati di produzione degli anime, per diventare parte attiva del processo e gestione di tempi e qualità del lavoro.
Dal 2010 lo Studio si era reso del tutto indipendente, arrivando a curare nella sua sede tutti gli aspetti del prodotto finale, dal disegno a mano alla animazione digitale, dal montaggio alla colonna sonora, dal doppiaggio alla promozione. Per questo si era dotato di un nuovo “spazio”: un vero e proprio studio di incisione, in grado di scovare tra le nuove voci dei talenti come il gruppo “Kalafina”. Non poteva mancare giusto il settore della ristorazione e infatti al primo piano dello Studio di Suginami, dal 2006 era già stato allestito un bar/ristorante, specializzato nel servire inizialmente piatti ispirati alle serie animate di Ufotable. All’inizio era una mensa per dipendenti ma presto si è aperto al pubblico come ristorante a tutti gli effetti, diventando in breve una meta turistica obbligatoria per le legioni di fan degli anime che si recavano e si recano tuttora in pellegrinaggio a Tokyo. Ad oggi esistono vari “Ufotable Cafe’ “ e pure un ristorante di lusso, “Ufotable Dining”,con code anche di sei ore di attesa in caso di mancata prenotazione. Ma non dimentichiamo che il “piatto forte” di Ufotable, il motivo principale per cui è così tanto amato da pubblico e critica, specie in un periodo di forti “delocalizzazioni all’estero” e “crisi interne” del settore anime giapponese, rimane pur sempre la cura che Ufotable ripone nella sua produzione animata.
Agli esordi, lo Studio si è occupato tra le varie cose della parte animata legata alla produzione dei videogame delle serie Namco Tales of e God Eater: giochi di ruolo amatissimi in Giappone, che oggi stanno riscontrando uno straordinario successo anche a livello internazionale grazie alle animazioni dello Studio. Al contempo, Ufotable è stato scelto (forse non a caso) dal prestigioso Studio Ghibli come studio di sopporto per le animazioni del film di esordio di Goro Miyazaki, I racconti di Terramare, tratto dalla celebre saga fantasy di Ursula Kroeber Le Guin. Dal 2009 al sodalizio con Namco si è aggiunta la collaborazione con Aniplex, per il film tratto dalla serie-cult Puella Magi Madoka Magika, ma soprattutto è nata una duratura collaborazione con un’altra casa di videogame a tema fantasy: la produttrice di Light Novel Type-Moon. Per lei, Ufotable si è occupata della trasposizione della saga di Fate/Stay Night a partire dal 2011, con la serie prequel in 25 episodi Fate/Zero. Il grande successo di Fate/Zero ha portato poi alla messa in cantiere della trasposizione animata del “ciclo completo”, in 26 episodi, di Fate/ Stay Night: Unilimited Blade Works. Un progetto che ha raccolto immensi consensi di critica e pubblico, a cui è seguito, dal 2017 al 2020, la trasposizione in animazione Fate/Stay Night : Heaven’s Feel. Una serie che la casa ha scelto di sviluppare in tre film cinematografici usciti a cadenza annuale. Inoltre, lo studio ha sopportato Type-Moon anche nella parte animata del gioco Fate/Grand Order, come da anni ha fatto con Namco.
Proprio nelle produzioni legate a Fate, Ufotable inizia a esprimere davvero al massimo tutto il suo straordinario potenziale artistico e tecnico, distinguendosi anche per un modo di lavorare davvero “fuori dagli schemi”. Ci sono episodi che in barba alle convenzioni delle serie tv sono della durata di quaranta minuti o di un’ora, diventando a tutti gli effetti dei “mini film”: una scelta per non spezzettare la forza evocativa del racconto originale. Nei film di Heaven’s Feel invece spesso vengono saltati a pie pari i passaggi narrativi di eventi già raccontati in Unlimited Blade Works: una scelta molto apprezzata dal pubblico dei fans, anche se percepita da altri come qualcosa di “criptico”. Ufotable non voleva “lucrare” in termini di minutaggio su qualcosa che aveva già prodotto in passato ed era ben reperibile.
Sul piano tecnico e artistico la “formula produttiva di Ufotable” ha permesso nelle sue opere un approccio così ricco di dettagli e sfumature da sfiorare quasi il certosino. Come se ogni componente del gruppo di animazione facesse a gara a mettere in risalto la sua professionalità. Sulla scena viene curato ogni singolo aspetto naturalistico e climatico del paesaggio. Viene riprodotto mattonella per mattonella ogni edificio. Viene considerata la rifrazione del sole. Se il character design originale ha delle semplificazioni nel tratto, questo viene arricchito pur con tratti leggeri, quasi invisibili: per permettere di dare risalto a ogni piccola sfumatura emotiva dei personaggi. Una cura “ugualmente folle” viene riservata alla messa in scena dei combattimenti. Che siano con spade, fucili, pugni o raggi di energia, i combattimenti appariranno sempre chiarissimi, di facile lettura sul piano del montaggio e dell’impatto nonostante torme di lampi, detriti, vortici. Lo “stile di “ripresa dell’azione” sarà sempre dinamico anche quando corpi e colpi andranno a fondersi tra animazione classica a mano e tridimensionale.
Tuttavia non di sole “botte da orbi” vivono gli anime, e quindi lo Studio sa anche costruire un regia accurata per un contesto drammatico: il ritmo dell’azione sa passare con un'ottima coordinazione dall’indiavolato al calmo, arrivando quasi allo spirituale. Non è raro che scene di stampo drammatico rubino a volte la scena a quelle più spiccatamente “cinetiche”.
Pur se il prodotto finale è destinato alla visione domestica, si respira quindi in ogni istante una attenzione e cura non inferiore a quanto offre una grande produzione di stampo cinematografico.
Nel 2019 sono iniziati per Ufotable e il suo fondatore dei guai finanziari protrattisi per qualcun anno e con qualche sentenza pesante…ma rimaniamo qui sul “piano artistico”.
Dal 2019 Ufotable si è occupata, in coproduzione con Aniplex, con tutta la cura e passione di cui è capace, quasi esclusivamente della trasposizione animata della saga di Demon Slayer. Di fatto “facendo sua” la già discreta opera di Gotoge, fino a renderla uno dei massimi punti di riferimento dell’animazione contemporanea. Contribuendo di riflesso, fin dall’inizio della serializzazione televisiva, a portare anche la piccola serie manga di Gotoge a inaspettate vette delle vendite, con felici ricadute anche a livello internazionale sul cartaceo. Ma questo forse non sarebbe stato possibile, se la piccola serie di Koyoharu Gotoge non avesse avuto al suo interno qualcosa di profondo e speciale.
Ufotable incontra Koyoharu Gotoge
La giovane fumettista della prefettura di Fukuoka Koyoharu Gotoge, che nei suoi fumetti ama ritrarsi come un buffo coccodrillo con gli occhiali, a soli 24 anni partecipava con una storia breve alla 70esima edizione di un celebre concorso per esordienti della rivista Jump. Il racconto, intitolato Kagarigari, vinse il primo premio. Quella storia, dai tratti “delicati ma sanguigni” e dallo sviluppo semplice ma accattivante, nel 2016 divenne la base della sua prima serie lunga, Kimetsu no Yaiba (letteralmente “La spada dell’ammazzademoni”), conosciuta a livello internazionale come Demon Slayer. Si raccontava a tappe il lungo viaggio di due fratelli che, “colpiti da una maledizione”, da un piccolo mondo contadino arroccato sui monti, quasi bucolico, venivano spinti a confrontarsi con una società che, metro dopo metro, appariva sempre più complessa, crudele e forse “corrotta”, da forze misteriose. Una società che per sopravvivere aveva assunto contorni militareschi, trascinando anche i più giovani e indifesi in giochi di potere crudeli: situazioni in cui “il credo della forza” andava sempre a schiacciare ogni forma di umanità. Capitolo dopo capitolo Gotoge sviluppava una storia di formazione, dal sapore action forse convenzionale ma raffinata nei dettagli, dotata di un forte senso del drammatico e del malinconico. Una storia che non aveva paura di addentrarsi in territori squisitamente horror o in veri drammi sociali specchio della arcaica “società a caste” nipponica. Alla formula Gotoge aggiungeva geniali momenti ironico/surreali, che sapevano spiazzare quanto mettere in luce aspetti caratteriali particolarmente originali dei personaggi. La presenza di una “maledizione” che incombeva sui due fratelli protagonisti, rafforzandone il legame e il senso di responsabilità reciproca per la vita dell’altro, diventava la forte matrice emotiva del racconto, con felici “assonanze” con il capolavoro Full Metal Alchemist di Hiromu Arakawa (che nei fumetti ama ritrarsi come una tenera mucchina con gli occhiali). L’ambientazione ricca di creature del folklore, dai tratti eterei quanto dall’animo animalesco, quasi ingenuamente crudele, ha offerto all’autrice l’occasione di sviluppare in modo piuttosto complesso anche i demoni, facendone figure tragiche affascinanti quanto sfuggenti, irrisolte.
Tutto questo materiale stimolante è arrivato allo studio Ufotable, che sotto la guida del regista responsabile del progetto Haruo Sotozaki era chiamato a affinare, rileggere e semplificare il tutto per la tv. Uno degli obiettivi dell’adattamento è stato “sfoltire” una narrativa per vignette che appariva a tratti un po’ troppo concitata e “densa”. Un’altra sfida era conferire al tratto molto femminile della Gotoge delle linee più “dure”, ma che sarebbero state maggiormente funzionali ad offrire il giusto afflato cinematografico di una storia di samurai crepuscolari.
La caratterizzazione grafica dei personaggi, affidata ad Akira Matsushima, aveva per questo come indicazione di dare maggiore enfasi ai tratti scuri dei disegni originali, a partire dall’intensità dei contorni dei volti, seguendo un approccio non dissimile da quello scelto dallo studio Wit, per la trasposizione in animazione de L’attacco dei giganti. Riprodurre con fedeltà gli elaborati kimono e i ricchissimi dettagli grafici di cui era infarcito il manga si sarebbe rivelato un lavoro particolarmente complesso, richiedendo più volte uno studio supplementare della scena per legare al meglio i movimenti con i tessuti. Per enfatizzare poi al meglio l’effetto dei colpi più spettacolari, al dipartimento di grafica tridimensionale capitanato da Kazuki Nishiwaki è stato chiesto di ispirarsi allo stile del movimento artistico Ukio-e: ibridando il disegno a mano delle onde con una colorazione digitale.
Ad ogni modo, il regista Sotozaki ha dichiarato di essersi sempre fatto guidare nella costruzione delle scene, dalle più comprese e concitate alle più drammatiche, dallo storytelling lineare quanto preciso della Gotoge.
Demon Slayer proprio per questo non si più considerate “solo” come un ottimo anime a base di azione e mostri ricavato da un piccolo fumetto.
In sala
Il Castello dell’Infinito si apre in modo vertiginoso, lanciando tutti i cacciatori di demoni in picchiata, lungo le pareti in continua mutazione di un Castello Infinito che appare come una struttura dove la gravità si confonde, uscita direttamente da un quadro di Escher. Il castello, spostando le sue stanze come fossero le carte di un mazzo da gioco, all’inizio ambisce letteralmente a “togliere il suolo sotto i loro piedi”, aprendo le pavimentazioni piano dopo piano, creando baratri fino a farli spiaccicare nel terreno alla base. Gli eroi devono cercare di arrampicarsi a qualcosa, per sperare di fermarsi almeno su uno dei livelli inferiori, ma a quel punto verranno assaliti da centinaia di demoni, che li ingaggeranno in veri e propri scontri campali a meno che gli eroi non si trovino nei pressi di uno dei “boss”, ossia le 12 lune. In quel momento inizia un vero e proprio duello, con il Castello che andrà a trasformare l’area in una specie di arena. Allora la narrazione si fa più convenzionale, come nelle puntate classiche della serie: scontri in cui gioca un ruolo importante la tattica più che la forza bruta, approfondimenti sui “motivi etici” alla base di ogni duello per ambo le fazioni, flashback che si allungano a volte come mini/episodi (ricordiamo che il film dura due ore e mezza) con “momenti drammaturgici” davvero riusciti. Tutto come sempre è rappresentato da Ufotable con enorme cura, dal piano narrativo al visivo, dall’ottimo comparto sonoro alla buona recitazione dei doppiatori. Ma il vero spettacolo, quello che ci inchioda dal primo all’ultimo minuto al maxi schermo del cinema, è vedere le tantissime scene in cui il Catello si muove e trasforma di continuo, con suggestioni alle mega-strutture di Inception di Nolan o le città “moltiplicate” in Doctor Strange di Derrickson. Scene a livello tecnico spettacolari e spesso mixate con scene in cui orde di demoni si gettano all’attacco di cacciatori che danno lustro a tutte le loro tecniche di lotta e sopravvivenza, come se fossimo in una variazione estrema del concetto alla base del film The Raid di Gareth Evans. Pura adrenalina.
Naturalmente il film copre solo una parte della grande notte dello scontro con Muzan e i suoi accolti, ma il senso di appagamento dopo la visione di ogni “capitolo” rimane enorme, anche perché sulla scena compaiono alcuni dei “demoni più amati” dai fan. Dire di più sarebbe un peccato, lo spettacolo va scoperto in sala, ma mi sento di aggiungere che anche uno spettatore occasionale, che non conosce la saga e capita per caso nella sala di proiezione, non potrà che essere conquistato da una messa in scena che rimane sempre accessibile anche ai “non addetti ai lavori”. Magari uscendo dalla visione con la voglia di recuperare le puntate delle quattro serie che precedono gli eventi del film.
Finale
Demon Slayer: Il Castello dell’ Infinito è uno degli anime action più belli degli ultimi anni, la riprova dell’immenso talento dello Studio Ufotable unita alla raffinatezza e profondità dei personaggi ideati da Gotoge. L’adrenalina scorre a fiumi nella concitata battaglia campale, che viene rappresentata su schermo con un uso incredibile di ogni tipo di tecnica di animazione, ma al contempo non viene mai sacrificata la complessità emotiva dei personaggi, che più volte si ritrovano al centro di momenti narrativi davvero di grande cinema.
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