Sinossi: Ci troviamo in direzione del Messico, a tutta velocità, in un mondo profondamente cambiato dopo la guerra civile dei supereroi (argomento del precedente film su Captain America), il “Blip”, Thanos (eventi degli ultimi 2 film sugli Avengers).
Il quadro geopolitico si è reso ulteriormente complesso dopo la recente emersione della cosiddetta “isola celestiale” (evento avvenuto in Eternals), con tutte le nazioni disposte a farsi guerra per l’accaparramento delle misteriose risorse che questa contiene. Alla Casa Bianca è arrivato del tutto inatteso un nuovo presidente, il conservatore Thaddeus “Thunderbolt” Ross (Harrison Ford). Un militare dall’aria severa ma malinconica, afflitto dal peso di troppi sbagli nella carriera come nella vita privata.
Mentre una statua di Steve Rogers (Chris Evans) e una di Isaiah Bradley (Carl Lumbly) sono da poco esposte insieme, in una sala del prestigioso Smithsonian Institute, Sam Wilson (Anthony Mackie), il terzo, nuovo Captain America, vola radente a pelo d’acqua, spiegando a tutta velocità le ali artificiali del suo jetpack, verso una nuova pericolosa missione.
Indossa, al posto della sua vecchia EXO-7 sperimentale a naninti, una tuta corazzata e potenziata dalla tecnologia wakandiana: integrata con componenti in vibranio in grado ad ogni impatto di parare e assorbire l’energia cinetica: accumulandola e potendola rilasciare in seguito, in una soluzione attraverso una scarica esplosiva, dall’impatto pari all’intero attacco subito nell’arco di più minuti.
Ha ormai abbandonato le due mitragliatrici tattiche Steyr SPP per sostituirle con lo scudo originale simbolo di tutti i Captain America, creato da Howard Stark in vibranio lavorato. Sam ha imparato a padroneggiarlo nel lancio e nel combattimento corpo a corpo, solo al termine di un lungo e difficile addestramento sotto la guida di Isaiah. Uno scudo cerchiato rosso bianco e blu “pesante”, che Sam ha accettato di ereditare dopo essersi confrontato e scontrato con Il Soldato d’Inverno (Sebastian Stan), il torvo U.S.Agent (Wyatt Russell) e il machiavellico barone Zemo (Daniel Bruhl); senza però mai inocularsi, come i suoi predecessori, il siero del supersoldato (tutti eventi raccontati nella serie tv Disney+ Falcon and The Winter Soldier).
Nonostante tutto, in uno mondo pieno di divinità norrene, procioni spaziali, robot senzienti e streghe multidimensionali, centinaia di situazioni pronte a degenerare e rivoltare la realtà da un momento all’altro, Sam Wilson ha scelto di restare, come Anthony Stark, “un semplice uomo”. Lo stesso uomo che aveva trascorso gran parte della sua vita nell’esercito, prima come paracadutista e poi come consulente per la cura del disturbo da stress post traumatico. Una vita nel segno dell’altruismo che lo ha portato all’incontro con Steve Rogers e al momento in cui ha iniziato anche lui a sentirsi un supereroe, pur non possedendo alcun superpotere.
Se non addirittura temendo di non essere in grado di controllare anche lui un tale potere. Finendone magari vittima, un “mostro”, come già successo ad Abominio (interpretato da Tim Roth ne L’incedibile Hulk del 2008 e in Shan-Chi nel 2021). Oppure finendone disumanizzato, “cavia da laboratorio”, come avvenuto già in passato al Captain America nero Isaiah (in Falcon and The Winter Soldier), che ora ha eletto a suo mentore.
Sam però è ora tenuto a interpretare al meglio l’immagine di “di forza, lealtà e giustizia” di Steve Rogers. Sembrare invincibile come lui, anche per poter sostenere in modo credibile il “peso sociale e politico” di una figura come Captain America. Per questo sembra volare a volto scoperto come Thor, nonostante i 400 chilometri orari che già era in grado di esprimere il suo originale aliante a propulsione. Ma Sam di fatto ha il volto “sempre coperto”: da un casco corazzato reso invisibile dalla mimetizzazione ottica (forse upgradato dalla tecnologia di Star Lord). I suoi calci rotanti sembrano avere la forza di quelli di un supersoldato, al punto che già in passato sono stati in un caso in grado di abbattere un elicottero. Tuttavia quella mossa ci tiene a precisare che “non è forza”, ma “scienza applicata” alla forza cinetica della sua tuta alare.
I suoi assalti verso un esercito o una fortezza nemica possono sembrare “a testa bassa e scudo in pugno”, ma dietro le quinte, nelle “zone d’ombra”, sono sempre coordinati sfruttando una “tattica a tenaglia”: frutto del supporto della IA del drone Redwing, come delle informazioni via satellite e radio fornite da un “side-kick” volenteroso come Joaquin Torres (Danny Ramirez). Sam non ride più come un tempo. È sempre concentrato, “nel ruolo”, cercando quasi di distaccarsi dall’emotività per “apparire migliore”: un simbolo per la sua nazione.
Sta iniziando a pensare seriamente di inoculasti quel siero, anche quando atterra nei pressi del convento dove avrà inizio la nuova missione. Lascia però che gli onori del recupero dell’obiettivo, un cilindro misterioso, sia oggetto dell’interesse di Torres e Redwing. Sam rimane più interessato al “capitale umano”: a salvare gli ostaggi.
A fine missione lo attende l’incontro con il nuovo presidente, che guarda caso è lo stesso generale che anni prima lo aveva messo in carcere nel Raft, insieme a Steve Rogers, durante gli eventi di quella che era stata chiamata la Guerra Civile dei Supereroi. Ross sembra cambiato, forse per via del “taglio dei baffi”, come lui ironizza. Non pare più il tuonante “Thunderbolt” Ross: l’uomo arrogante, determinato e arrabbiato dalla presenza sulla terra dei supereroi, al punto da volerli schiacciare personalmente, uno per uno.
Appare sinceramente propositivo, quasi gentile, con tutta la voglia del mondo di riparare ai torti del passato e magari ritrovare un rapporto con la figlia Betty (Liv Tyler). Tuttavia anche quella di Ross è una maschera: anche se lo nasconde è sul punto di esplodere da un momento all’altro, se per un attimo si allontana dalla serie infinita di pillole da cui sembra essere diventato dipendente. Il presidente spesso ha vuoti di memoria, suda copiosamente, è vittima di attacchi d’ansia. Come in passato capita che esploda in modo brusco, anche se ora subito dopo si scusa.
Essere l’uomo al comando, il dover apparire come il simbolo più prestigioso della sua nazione, ha reso Ross vittima di un costante grado di paranoia, che costringe il suo staff più vicino a intervenire con estrema rapidità e discrezione. La “ex vedova nera” Ruth Bat-Seraph (Shira Haas) e l’agente governativo Leila Taylor (Xosha Roquemore) fanno di tutto per arginare sul nascere ogni possibile crisi della nuova amministrazione, ma questa volta la situazione sembra essere davvero critica.
Sono in ballo gli accordi sulla gestione internazionale delle risorse della fantomatica “isola celestiale” e le cose si stanno mettendo molto male. Durante una conferenza proprio su quel tema, alcune persone invitate alla Casa Bianca, tra cui anche il Captain America Nero Isaiah Bradley, di colpo impazziscono. Dopo che viene trasmessa dagli altoparlanti una musica misteriosa, agiscono come se gli fosse stato impartito un ordine inconscio, di fatto attentando alla vita del presidente, per poi alcuni minuti dopo dimenticare tutto. Bradley si “risveglia” con le gambe inzuppate nella Lincoln Memorial Reflecting Pool dopo essere scappato dalla Casa Bianca, con centinaia di soldati che gli puntano contro un fucile. Lo circondano e lo placcano, mentre lui è ignaro di quanto gli stia succedendo e chiede pietà.
Sam Wilson, persa tutta la calma che lo contraddistingueva, si arrabbia. Urla di voler indagare per scagionare Bradley, batte i pugni a testa bassa e per questo si mette subito contro Ross, finendo per essere allontanato dalla Stanza Ovale. Sam seguirà da solo una pista, che lo riporterà proprio a quella missione iniziata in Messico. Una serie di indizi e contatti che faranno incrociare lo scudo del nuovo Cap con i mitragliatori e le bombe del losco capo del gruppo terroristico dei “serpenti”, Sidewinder (Giancarlo Esposito). Fino a scoprire una base misteriosa, in cui in un passato recente venivano condotti strani esperimenti, forse su cavie umane.
Ross cercherà invece di tenere a bada il suo stress senza esplodere: razionalizzando, affidandosi alle persone che lo circondano, concentrandosi sulle cose buone che di fatto sta costruendo negli anni, anche e soprattutto per sua figlia Betty. Ma infine anche il presidente, quasi come un burattino nelle mani di un sadico puparo, cadrà in una crisi diplomatica dopo l’altra, arrivando molto vicino al punto di autodistruggere la sua carriera, la sua vita e l’America tutta. Arrivando al punto di scatenare di colpo tutta la rabbia a lungo repressa, fino quasi a trasformarsi e “trasfigurarsi”, in una creatura metaumana molto vicina a quella che da sempre ritiene la sua “nemesi”. Una creatura “di sola rabbia”, nata per qualcuno proprio con lo scopo di replicare il siero del supersoldato: Hulk.
Riuscirà Sam a far ragionare Ross e forse scoprire qualcuno che trama nell’ombra per distruggere la credibilità dell’America?
L’eredità di Captain America e di Hulk: Julius Onah, il regista di Cloverfield Paradox, eredita la serie cinematografica su Captain America direttamente da quei fratelli Anthony e Joe Russo che ne avevano fatto il fiore all’occhiello della produzione Marvel Disney. Una serie che, pur con tutta la “leggerezza”, l’azione concitata e colorata di un cinecomic, proponeva molti rimandi alla situazione politica, miliare e sociale americana. Scritta con sagacia, rielaborando con originalità e intelligenza alcuni dai migliori lavori a fumetti di Ed Brubaker e Mark Millar, con afflati spionistici che si sarebbero rivelati interessanti anche per i fan di Tom Clancy e Clive Cussler.
I fratelli Russo sono poi passati alla regia del dittico Avengers: Infinity War/Avengers: End Game scrivendo di fatto, tra il 2018 e il 2019 il momento culminante, l’apice e al contempo il reset, di un universo cinematografico iniziato nel 2008, con il primo Iron Man a firma Jon Favreau.
Il “focus” su Captain America per loro ammissione poteva ritenersi concluso dopo il terzo capitolo e l’epilogo di End Game. In seguito sarebbe stato necessario iniziare “un nuovo corso”.
Il film di Julius Onah in qualche modo riparte idealmente proprio da quel 2008, riprendendo temi “sul viaggio dell’eroe” vicini al primo Iron Man, ma anche introducendo un anti-eroe, con sensibilità e tormenti che ci riportano direttamente anche al secondo, storico e sfortunato, cinecomic Marvel Disney, sempre uscito nel corso di quel 2008.
Sam Wilson è a tutti gli effetti il nuovo Cap, con tanto di un side-kick come Bucky, a seguito degli eventi narrati nelle serie Tv Falcon and the Winter Soldier. Ma la sua “umanità”, unita al suo essere un eroe “cinto in una armatura” super tecnologica, ne fanno per molti versi anche un epigono del Tony Stark interpretato da Robert Downey Jr. Come avveniva per Stark nel primo Iron Man, anche Sam in questa nuova pellicola è spinto a confrontare ad alta quota “la sua tecnologia” con quella degli aerei militari del mondo moderno, come è tenuto a scontrarsi in scenari di crisi contro terroristi muniti di armi reali.
Sam sarà costretto a confrontarsi con le grandi responsabilità conseguenti all’avere un grande potere, ma rispetto a Tony Stark il suo viaggio interiore, date le premesse, potrebbe essere molto diverso e solo in parte “risollevato” dalla presenza di una “spalla buffa” come il Torres di Ramirez. Sam fin dalla “sua investitura”, nell’ultima puntata del telefilm, ci è apparso cupo, pensoso. Da ragazzo serio e solare ci è parso indossare ora quasi “una maschera” (in senso anche letterale, seppur “invisibile”) che ne asciuga ogni sentimento, rendendolo “rigido per copione”, forse antipatico.
“Antipatico per copione” come da sempre è stato il generale Ross, introdotto come personaggio proprio nel secondo film del Marvel Cinematic Universe del 2008: L’incredibile Hulk, per la regia di Louis Leterrier.
L’incredibile Hulk era un film che a cinque anni di distanza riportava il gigante verde sul grande schermo dopo l’interessante pellicola diretta da Ang Lee, con un cast tutto nuovo, composto da Edward Norton, Liv Tyler, William Hart, Tim Roth. Anche l’origine del personaggio era diversa rispetto al fumetto, in questo caso ispirandosi al celebre telefilm con protagonista Lou Ferrigno. Era un film sulla gestione e “fuga” del personaggio principale dal suo “stato di rabbia”, che per la famosa esposizione ai raggi gamma lo rendeva un enorme mostro verde incontrollabile. Era un film notturno, ambientato in scenari di forte tensione sociale come le favelas di Rio de Janeiro, in cui tutti i personaggi sulla scena, incluso Ross, venivano portati a combattere con le zone d’ombra del proprio animo, in un continuo alternarsi alla dottor Jekyll e My Hyde. Sebbene sia un film abbastanza riuscito e divertente, la pellicola di Leterrier, forse non ancora “allineata alla formula Marvel Disney” che si stava costruendo proprio in quel periodo, con la gestione di Feigie e Favreau, non incontrò il favore al botteghino sperato. In qualche modo la storia venne marginalizzata e “riscritta” in seguito, anche a causa della travagliata gestione dei diritti su Hulk, tra Disney e Universal, che tramite clausole legali non permetteva di girare nuovi film del personaggio come protagonista, ma solo come “comprimario”: in pellicole come Avengers, Thor: Ragnarok o telefilm come She-Hulk. Al cambio dell’interprete originale di Banner Edward Norton, per “divergenze con la produzione”, la parte veniva passata al pur bravo Mark Ruffalo in tutte le successive apparizioni. Pur rimanendo un beniamino del pubblico, Hulk negli ultimi anni è spesso apparso come un personaggio “frammentario”, a volte pure contraddittorio, ma peggio è toccato al Ross di William Hurt. Ridotto per lo più alla macchietta del “militare cattivo”, in particine di poche battute sparse su più film, nonostante il grande impegno di Hurt nel riuscire a renderlo sempre fresco e carismatico.
Ironicamente, ora che Ross poteva tornare davvero protagonista, William Hurt è scomparso da tre anni, con il personaggio che per forza deve essere “reinventato per un nuovo corso”, con il volto di Harrison Ford. Hurt e Ford sono da sempre attori profondamente diversi, come di fatto lo sono Norton e Ruffalo, ma pure Evans e Mackie. “Reinventare Ross” e le dinamiche di quel “film perduto”, unitamente alla “reinvenzione di Captain America”, iniziata su Disney Plus, erano quindi un doppio azzardo.
Ma possiamo dire che la produzione abbia trovato, nel pieno rispetto delle opere originali a fumetti, una chiave efficace quanto “pronta all’uso” da diversi anni.
Captain America - Brave New World, in pratica con personaggi che non hanno più il volto degli “attori originali” (pur per motivi diversi), aveva quindi l’opportunità di riprendere moltissimo del materiale “rimasto in sospeso” dal film del 2008 di Leterrier, come districare la “matassa” sulle vicende di Falcon, Zemo e Winter Soldier seguita alla eredità di Cap. Tutto in ragione di un “nuovo personaggio”, da tempo molto atteso dai fan.
Un personaggio nato in una delle più amate saghe a fumetti del Golia verde, ideata da Jeph Loeb e realizzato graficamente da Ed McGuinness, che irrompeva sulle pagine di Hulk come un racconto “a sorpresa”. Una storia, iniziata nel 2008 e conclusasi nel 2012, sviluppata quasi interamente nella forma di un thriller fantapolitico volto a scoprire la sua identità. Un racconto di successo che sarebbe stato solo il “trampolino di lancio”, per una serie autonoma nuova e varie “collaborazioni” in testate come Avengers e Thunderbolts.
L’Hulk rosso, come Venom per Spiderman, si è rivelato subito un personaggio in grado quasi di oscurare la sua “controparte classica”. È un Hulk intelligente, letale, che soprattutto è in grado di esprimere al 100%, con la sua dirompente forza fisica, “l’ombra junghiana” che lo caratterizza interiormente: dando espressione e “libertà di sfogo”, in modo esplosivo, a tutti i tratti inconsci, ombrosi ma al contempo “nobili”, del suo alter-ego. Un Hulk Rosso nelle cui vene sembrano scorrere lava, fiamme e genio militare, che non si fa scrupoli a passare dalla parte dei buoni o dei cattivi in ragione delle “necessità di Stato”.
Forse la nemesi ideale di Sam Wilson
La sorpresa sulla scena doveva quindi essere lui, come dimostrano anche i negozi di giocattoli che espongono il personaggio in vetrina.
Pochi anni fa Marvel Italia pubblicava una testata mensile che abbinava le storie di Daredevil (in Italia conosciuto all’inizio come Devil) a quelle di Hulk. Le storie di un personaggio “super addestrato”, ma comunque umano, che viveva in una realtà urbana quanto concreta, alternate alle storie esplosive, fantascientifiche ma pure horror del Golia verde, nato dalla “rabbia” del suo alter-ego. Personaggi diversissimi ma vicini, proprio in virtù “rabbia interiore” che psicanaliticamente li accomunava nel loro personale modo di “gestirla”: in virtù della responsabilità di rivestire “il ruolo di eroi”.
Come idea produttiva il film di Onah, mischiando Captain America con L’Hulk Rosso, mi ha fatto tornare idealmente e felicemente un po’ da quelle parti.
Dalla produzione alla sala: annunciato nell’aprile del 2021, in concomitanza con il finale della serie tv Falcon and the Winter Soldier, il film sorprese prima di tutti Anthony Mackie: che si aspettava al suo posto una seconda stagione dello show e non si immaginava per niente, di vedersi su uno schermo cinematografico, nel ruolo assoluto di protagonista. Ciononostante l’attore ha accettato la sfida, anche in veste di produttore esecutivo, di fatto confermando gran parte del team di lavoro con cui aveva da poco collaborato.
il film ha ereditato così i tre sceneggiatori dello show tv: lo showrunner Malcom Spellman, Dalan Musson e Rob Edwards.
I tre durate la serie avevano trattato con grande intelligenza l’evento del “Blip” (la cancellazione di metà della popolazione mondiale avvenuta al termine di Avengers: Infinity War) come un occasione per parlare in modo originale di temi come la migrazione e l’integrazione culturale. Attraverso il personaggio interpretato da
Carl Lumbly avevano affrontato le sensibilità del movimento nato nel 2013 “Black Lives Matter” e una scena che riguarda il personaggio di Isaiah, nei primi minuti del film, sembra continuare su questo binario, ispirarsi direttamente all’omicidio di George Floyd.
Senza nasconderlo troppo, il presidente Ross di Ford è stato tratteggiato con alcuni aspetti caratteriali di Donald Trump, l’attuale presidente americano in carica, sottolineati anche ironicamente da una battuta sul fatto di essere già sopravvissuto di recente a un attentato.
Viviamo in un mondo di crisi energetica, alla costante ricerca di nuove fonti di energia più pulita, così i tre sceneggiatori hanno deciso di utilizzare un altro tassello narrativo scaturito dal recente film su gli Eterni di Chloe Zhao: l’emersione dell’isola celestiale e la conseguente “gestione geopolitica” di questo accadimento, nei termini dell’ approvvigionamento energetico di materiali rari oggi al centro di molto dibattito (un tema che aveva riguardato anche le ragioni dell’isolazionismo del Wakanda, presentato in Captain America : Civil War).
Tutti spunti molto interessanti, ma che non hanno risparmiato a Captain America Brave New World una gestazione particolarmente travagliata, con più cambi di sceneggiatura, di attori, di budget e perfino eventi mondiali che hanno influito in qualche modo sulla sua resa finale.
Sul piano “sindacale” il film di Onah ha dovuto patire ben due lunghi scioperi degli sceneggiatori, che hanno gonfiato oltremisura i costi e incasinato le date di ripresa: al punto che è stata tagliata del tutto la parte di un personaggio-chiave, per l’impossibilità della attrice Julia Louis-Dreyfus di poter essere sul set.
Per via dei test con il pubblico, si dice che il film abbia subito forse 4 revisioni in post produzione, tra nuove riprese e modifiche del materiarle già girato.
Una delle voci di corridoio più controverse ha riguardato la sostituzione in corso del wrestler Seth Rollings, con tutte le scene già girate, in un ruolo che sarebbe poi diventato (il condizionale è lecito) quello di Giancarlo Esposito.
Sembra che la presenza nella storia di una mutante in forza nel Mossad sia stata “limata” dopo gli eventi del 7 ottobre 2023, di fatto attirandosi le ire di varie associazioni anche per questa correzione in corso d’opera.
Se la produzione è riuscita a portare a termine i lavori è anche grazie all’impegno di tutto il cast tecnico e artistico coinvolto. Un cast che tra mille paletti e anche alla luce delle sbavature inevitabilmente giunte nel prodotto finale, ha saputo lavorare con competenza per confezionare un film dignitoso, forse “più lineare del previsto”, comunque gustoso.
Le due principali “vittime” di questo clima sono state giocoforza le interpretazioni di Harrison Ford e Anthony Mackie.
Le performance dei due attori, che spesso appaiono “molto più rigidi” rispetto alle loro reali capacità, riescono comunque a risultare funzionali alla trama, anche in ragione di un cast di supporto che risulta simpatico e affiatato.
Finale: molto interessante nelle premesse, forse troppo lineare e “sfilacciato” nella narrazione anche a causa delle vicende produttive, Captain America Brave New World risulta alla prova della sala un film a ogni modo divertente e godibile, pieno di azione ed effetti speciali, in grado di risaltare al massimo su grande schermo anche per la potente colonna sonora, con situazioni e personaggi interranti e che possono ancora essere aggiustati in corsa, nelle future produzioni Marvel Disney.
Un film che nonostante tutto riesce a trasmettere il carisma di un personaggio nuovo, tormentato e affascinante come l’Hulk Rosso. Un film che ci permette di empatizzare anche con un eroe fragile quanto volenteroso come il nuovo Captain America: che per molti aspetti (anche sul piano della colonna sonora!) ricorda l’Adonis Creed di Michael B.Jordan nel suo confronto e “sovrapposizione” con il mito di Rocky di Stallone.
Da qui, se i fan lo vorranno, guardando “il bicchiere mezzo pieno”, può forse aprirsi un nuovo corso per l’universo cinematografico Marvel.
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