lunedì 24 aprile 2023

November - i cinque giorni dopo il Bataclan: la nostra recensione del frenetico action movie scritto e diretto da Cedric Jimenez sulla caccia agli attentatori della strage del novembre 2015, con protagonisti la star Jean Dujardin, Anais Demoustier e Lyna Khoudri

Grecia, dieci mesi prima dell’attentato al Bataclan in una delle notti più tragiche della recente storia francese. In un palazzo fatiscente e poco illuminato le truppe speciali entrano pesantemente armate e blindate, sparano, bloccano tutti i terroristi presenti e chiamano sul posto “il francese”. Il francese è blindato e armato come il resto dei militari, ma svela il suo volto agli astanti togliendosi il passamontagna. È Fred (Jean Dujardin, l’attore di The Artist che di recente in tv è a fianco di George Clooney nella pubblicità del caffè di una nota marca ), il secondo in comando dell’antiterrorismo francese. Cerca “qualcuno”, qualcuno che il terrorista bloccato in terra gli dice essere “sul tetto”. Tutti corrono sul tetto ma il bersaglio è sparito, l’antiterrorismo è stata troppo lenta. La caccia è fallita. Dieci mesi dopo, Parigi, 13 novembre. Una sera di festa per la partita di calcio della nazionale in un centro cittadino dal clima mite, pieno di personale che fanno ancora jogging come il capitano Ines (l’attrice Anais Demoustier, di cui sul blog abbiamo recensito Gli amori di Anais e La ragazza con il braccialetto). Tutto tace nella sede dell’antiterrorismo presieduta dall’ufficiale Marco (Jeremie Renier), fino a che i telefoni iniziano a squillare uno dopo l’altro. Saranno a fine bilancio 130 morti e 450 feriti. Il comandante, la bionda Heloise (Sandrine Kibelain, attrice brillante in Sogno di una notte di mezza età al fianco di Daniel Auteuil e Gerard Depardieu), richiama tutti, compresi Fred e Ines, con tutto l’antiterrorismo francese che dopo aver guardato ai telegiornali quello che sta accadendo a Parigi parte per una nuova caccia all’uomo contro il tempo. Aerei da combattimento che prendono il volo in direzione di centri d’addestramento in medio oriente, posti di blocco ovunque, perquisizioni più o meno autorizzate, pedinamenti di ogni sospettato, tracciamenti di telecamere di sorveglianza e spostamenti di denaro da fonti vicine al terrorismo, visite in carcere a informatori e trafficanti d’armi, identikit da far girare e numero verde per cittadini che vogliano offrire qualsiasi informazione possibile: Parigi parte per il contrattacco. Fred è certo che dietro ci sia il suo bersaglio mancato in Grecia e inizia a volare di luogo in luogo per avere conferma che il suo uomo sia vivo e dove possa nascondersi, magari supportato da una cellula con base in Belgio. Ines dalle telecamere di sorveglianza è sulle tracce di un uomo dalle vistose scarpe arancioni che è stato riprese mentre scappava con un enorme borsone e forse può darle una mano Samia (Lyna Khoudri), una ragazza di origine islamica che studia a Parigi insieme a un'amica. C’è tanto casino nelle strade che la catena di comando ogni tanto salta, vengono bruciati agenti sotto copertura in azioni individuali non coordinate e alcune piste vanno in fumo. Ma l’antiterrorismo continua a correre, cambia solo il fatto che la loro corsa sia diventata ora una corsa a ostacoli, nella quale comunque ogni tanto dei piccoli traguardi si raggiungono e i pezzi del puzzle iniziano a combaciare. Di giorno tutti corrono, pedinano, sparano, incrociano dati, ascoltano vittime e testimoni, commemorano i caduti e interrogano terroristi “troppo allegri” per essere stati catturati. Di notte si fa strategia. Come i classici super poliziotti dei film americani, il duro Fred sulla parete del suo studio traccia linee e croci su immagini di sospettati e annotazioni di avvenimenti, legati tra loro da fili rossi. Più sensuale, Heloise sposta le foto e informazioni in suo possesso sul pavimento in moquette davanti allo skyline parigino, a pieni nudi dopo essersi tolta le scarpe con il tacco. Sono tutti insonni e Ines non si rilassa nemmeno sotto la doccia, meditando sul nuovo fallimento e la nuova opportunità che porterà il giorno successivo. C’è la prospettiva di bruciare altre risorse interne e civili, ma pure la possibilità di crivellare con migliaia di proiettili il possibile covo dove si nasconde uno degli attentatori. 


Muscolare, frenetico e “crudo”. November è un film che mette in primo piano, in molte scene d’azione concitate e ben sviluppate, “uomini e armi” come li abbiamo visto ritratti in Zero Dark Thirty della Bigelow e Black Hawk down di Scott. Parigi diventa l’epicentro di azioni coordinate su vasta scala in cui si riesce quasi a respirare la necessità di una rapida “rivincita” contro il terrorismo internazionale. Ma oltre a questo Cedric Jimenez (sul blog abbiamo recensito il suo ottimo L’uomo dal cuore di ferro del 2017), che scrive e dirige il film, decide di spostare una struttura narrativa/ investigativa complessa, interessata anche allo sviluppo del “lato umano sei personaggi”, seguendo una formula non dissimile al Traffic di Soderbergh. I poliziotti sono ritratti come un “braccio armato ben addestrato”, perfetti atleti del tutto concentrati sul loro sforzo agonistico, solo fugacemente e quasi con fastidio (ma con gusto) descritti sul piano più intimo, come se si temesse di aprire un varco sul loro senso di invincibilità. Sono passati diversi anni dai tempi di The Artist e oggi Dujardin, con un considerevole numero di muscoli e disillusione in più, sembra sempre più simile al suo amico Clooney o a Jean Reno, quando incarna questo super poliziotto dai modi spicci ma dalla compassata esperienza e assoluta affidabilità. Del resto Jimenez lo aveva già diretto in un ruolo simile nel poliziesco French Connection del 2014. La sempre bella Sandrine Kibelain con la sua chioma bionda fluente riesce a sprigionare fascino anche rinchiusa nel severo abito lungo e nero del suo algido e pensoso comandante, con gli occhi costantemente concentrati sul suo lavoro, sulle strategie e la situazione geopolitica. I terroristi sono descritti agli antipodi, con i nervi perennemente tesi, “sgualciti” se non proprio “invisibili”, nascosti per sempre dietro a una porta chiusa. Il conflitto tra le due fazioni è un muro contro muro, senza nessuna possibilità di dialogo che non siano bombe o proiettili elargiti con una magniloquenza “liberatoria”, quasi che la vittoria di una parte sia possibile solo per catarsi “riducendo in atomi” l’avversario, laddove tutte le alternative a questa formula non possano piacere. I “civili” come la Samia di Lyna Khoudri e il capitano Ines, della splendida di  Anais Demoustier, sono invece gli unici personaggi che possono “permettersi” di esternare in qualche misura le proprie emozioni sulla scena, aiutandoci ad esplorare il ricco “lato umano” dietro alla vicenda, così carico di contraddizioni, paure e speranze infrante. Un lato umano attraverso cui Jimenez mette in evidenza come gli sbagli nella comunicazione e integrazione tra culture diverse di fatto arrivino da entrambe le parti, con flussi che tendono a reiterarsi costantemente, quasi indifferenti allo status quo. Una situazione così fragile per cui “basto poco” per far saltare alleanze proficue spesso in virtù di una sorta di giustizialismo a senso unico che non è stato ancora superato dai tempi delle crociate. Il film di  Cedric Jimenez riesce così a raccontare la caccia senza sosta agli attentatori del Bataclan in modo “epicamente hollywoodiano”, con una messinscena davvero appagante sul piano dello spettacolo action da quanto risulta “sovraccarica” di combattimenti, armi e bombe e inseguimenti. Uno spettacolo che nella visione in sala su grande schermo può essere ancora più avvolgente e coinvolgente. Tuttavia November riesce a conservare nella sua narrazione una punta di riflessione sul “fattore umano dietro al conflitto” preziosa quanto interessante da esplorare ed espandere in un futuro discorso più articolato. Potrebbe essere interessante in questo senso un film sul personaggio di Samia che riprenda il discorso proprio da dove November finisce, muovendosi in una direzione diversa, in grado di spiegare tanto le strategie di gestione della sicurezza interna quanto il rispetto delle relazioni umane tra le parti coinvolte. Molto bravi tutti gli interpreti, adrenalinico e quasi sincopato il ritmo generale della azione, malinconico e ben strutturato lo sviluppo dei personaggi meno coinvolti nelle scene action. Cedric Jimenez si conferma un ottimo regista del cinema d’azione, ma in grado di andare anche al di là della formula con intuizioni interessanti . 

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