mercoledì 17 marzo 2021

Dylan Dog n. 414 : Giochi innocenti - la nostra recensione



Cosa non ti combinano i bambini! Un attimo di distrazione e la piccola Allie sottrae alla “zia detective “ Ranja il cellulare e invia un videomessaggio di soccorso all’acchiappamostri Dylan Dog, illustrando una attività paranormale che avviene direttamente nella sua cameretta. Il nostro eroe, non appena riesce a vincere la sua tecnofobia, vede il video ed è subito pronto a investigare sulla infestata casa delle bambole della bambina. Solo che Allie è misteriosamente sparita nelle ultime ore e a quanto pare non è l’unica scomparsa a Londra negli ultimi tempi. Le vittime sono tutti bambini apparentemente sereni e ricchi di una creatività sorprendente, quanto poco utile, al di là dell’aspetto ludico, per affrontare il  mondo reale. L’oscuro rapitore è forse una vecchia conoscenza di Rania, il babau che l’ha perseguitata durante l’infanzia.



Giochi innocenti è una storia che parla di bambini e demoni, i misteri dell’infanzia e le strategie più idonee messe in campo dai genitori per affrontarli. Nel gustoso mix narrativo scelto da Paola Barbato c’è un po’ di Peter Pan e un po’ di Chatulu. Un po’ di psicologia dell’infanzia e un po’ di cosmic horror. Si respira quindi l’aria pesante e le scelte psicologiche più logoranti delle migliori pellicole sul rapporto genitori-figli di Scott Derrickson. Diventare grandi non è mai stato uno scherzo e spesso si procede nella realtà “a tentoni e gattoni” tra le dinamiche di assimilazione e accomodamento di Jean Piaget. Districarsi con un bagaglio valoriale che divide il mondo solo tra buoni e cattivi, spesso confondendo bene e male, non aiuta di certo la capacità decisionale di un bambino. Specie quando deve rispettare delle regole che non si comprendono. Fuggire “dal reale“ attraverso “il gioco” apre agli infiniti mondi della fantasia quanto dell’orrore, dove farsi inghiottire nei colorati e accondiscendenti mondi di Fortnite può essere rischioso, se non bene accompagnati, quanto valicare una dimensione oscura lovcraftiana. L’approccio interessante che usa la Barbato per sviluppare e risolvere la storia, specie sul piano dello sviluppo psicologico di bambini e “adulti”, risulta per questo particolarmente interessante, apparentemente contro-intuitivo, frutto di un'ottima intuizione sulle meccaniche educative. Il racconto parte lento, ma già dopo una ventina di pagine accelera, ci tira dentro e poi ci scaglia in zone sempre più oscure. Mostri tentacolari e spaventosi sono lì pronti a spiazzarci per quanto appaiano “docili” ma al contempo crudelissimi, assolutamente spietati; piacerebbero anche a Guillermo Del Toro. Il personaggio di Ranja ha un ruolo centrale nella vicenda e sarebbe interessante se la trama trovasse la possibilità di espandersi in numeri successivi della testata, perché ha delle belle potenzialità. Molto bella la copertina di Gigi Cavenago, in grado di sintetizzare al meglio la materia magica quanto sinistra del racconto. Molto interessanti i disegni di Paolo Martinello, validi nella descrizione del contesto realistico-urbano della parte investigativa, sorprendenti nelle tavole più oniriche e grottesche. Ci sono molti flashback e queste scene vengono gestite con una colorazione a matita intrigante, volta a caricarle di una atmosfera rarefatta, immergendo i personaggi, per lo più bambini e mostri, all’interno di un immaginario quasi favolistico. 



Giochi innocenti è un bel numero della testata, carico di atmosfera, che parte lento ma poi riesce ad accelerare e sorprendere. La storia nell’ultima parte prende dei contorni “infernali“ che gli appassionati dello splatter e dei mostri alla Clive Barker troveranno interessanti. Qualche genitore potrebbe forse trovare interessante dedicare qualche momento in più a stare insieme con i suoi bimbi, dopo la lettura. Un aspetto decisamente meritorio della narrativa della Barbato. Avanti così. 

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