lunedì 14 maggio 2018

Avengers - Infinity War: la nostra recensione spoiler-free o quasi





E infine, frantumando ogni record di incassi nei cinema, a Maggio 2018 è arrivato Thanos. Il nuovo villain del nuovo film degli Avengers lo avevamo già intravisto in piccoli spezzoni dispersi in alcuni precedenti film Marvel. Per lo più in brevi scenette in cui stava seduto ozioso sul suo trono volante, andava dal suo personale gioielliere a comprarsi un guanto dorato, ascoltava annoiato i capricci delle figlie Nebula e Gamora, si fidava come un anziano degli sgangherati piani di investimento immobiliare cosmico orditi da televenditori scarsi come Loki e Ronan. Nell'ombra, pensoso, inquadrato per lo più dal punto di vista del suo enorme gomito viola e con il broncio, Thanos per lo più si annoiava a morte. Ma qualche volta ci ha sorpreso sfoderando un sorriso ammiccante e immenso, rivolto diretto in camera, ultraravvicinato, che prevedeva da solo per estensione di denti l'intero schermo di una sala imax. Thanos sorrideva guascone in camera e ogni spettatore era subito sedotto da lui, la risposta Marvel al classico "sorriso George Clooney" depositato in SIAE per i tipi della Nespresso. Ci faceva arrapare (anche i più maschi tra noi cadevano davanti al suo stile) e, sicuri del potenziale, in Marvel quel sorriso ce lo hanno fatto sospirare e agognare per anni. Fino a che Thanos finalmente è arrivato al cinema in un giorno di maggio, in quello che in fondo è un film tutto suo e tutto per i suoi fan e per chi lo sarà in futuro. Un film per chi ama i tizi in calzamaglia Marvel e vuole vederli eroicamente pestati, ma anche un film per chi non li sopporta e aspira a vederli presi a calci nei denti fino a vederli sdentati. Thanos può farlo, in un film divertente e cazzone, ma che sa essere inaspettatamente "enorme ed epico", senza per una volta tirare fuori dal nulla noiose canzoni sui nani. Il film più grande di tutti i film Marvel finora pensati, quello che i nerd del futuro, quarantenni e senza donna, racconteranno nell'equivalente futuro (e per ora impensabile) delle polverose fumetterie del domani, ai futuri quarantenni e senza donna del dopo-domani. "Io c'ero e ho visto un film Marvel in cui il cattivo faceva il cattivo per davvero! Un cattivo serio quel Thanos, non un dio gracile o un pinocchio di mezza età. Un tizio di livello simile a Darth-spaccaculi-Vader che trasforma la solita colorata parata Marvel in L'impero colpisce ancora. Dopo di questo nulla è stato più lo stesso, recuperalo in olo - neural - blu ray e fammi sapere!!!". Questo potranno raccontare i nerd del futuro, appoggiati all'equivalente futuristico di una pila di ingialliti numeri di Zagor. Perché Thanos è più che un villain colorato da voler collezionare in versione funko, è più che un personaggio potente al punto che sarà oggetto di battaglie meme contro Goku e Saitama, è più che l'ennesimo tira-pugni di Iron Man. Thanos è un personaggio "adulto", almeno per la concezione nerd di diventare adulto, che significa realizzarsi nella vita quanto l'imperatore Raoh di Ken il guerriero. È un personaggio "enorme e potente", riflessivo, complesso più che complicato, come vorremmo essere la versione supereriostica e non noiosa dell'Innominato dei Promessi Sposi. È soprattutto è per la prima volta davvero un avversario serio, la prima vera minaccia per gli eroi in calzamaglia. Thanos sembra uscire da qualcosa che ci immaginiamo scritto da Shakespeare, anche se di fatto non abbiamo mai letto niente di Shakespeare, parlare di lui dà a un nerd un patentino culturale quanto il Batman di Nolan. 


E che dire poi del suo il mento scrotale (citazione)? Thanos "tira". Thanos, opinione personale, ha fascino però anche perché è in fondo "vecchio stampo". Semplice da capire, con un suo onore e una modernità degna di un generale spartano. Un cattivo anacronistico ma romanticamente epico, che in fondo per questo fa meno paura (sempre secondo me) di un "Mandarino", che seppure irriso sui social (da chi guarda il dito e non la mano che indica il cielo) è un cattivo che spaventa davvero perché "non è quello che sembra", è impalpabile, invisibile e si burla di noi, presentandosi al mondo con una maschera quando in fondo rappresenta tanti piccoli uomini nascosti e cattivi, che potrebbero essere il nostro vicino di casa e rovinarci la vita senza neanche conoscerci, spostando dei titoli di investimento. Fa meno paura anche di uno "Zemo", che mostra quanto gli eroi in calzamaglia siano piccoli e insicuri e gli sbatte sulla faccia la realtà e i danni collaterali delle loro imprese eroiche. Fa meno paura di un "Ego", che è un essere disposto a divorare i suoi figli per continuare a vivere, con un gattopardismo inquietante e attuale che ha anche un nome: "gerontocrazia". Il Mandarino, Zemo ed Ego (opinione personale) spesso non sono accettati da chi, almeno al cinema, in un cinefumettone e per due ore, vorrebbe che si capisca chi è buono e chi cattivo, lasciando che la realtà con la sua complessità rimanga fuori dal multisala, in coda per i popcorn. Thanos è indubbiamente cattivo ma degno dell'onore delle armi, elegante, paterno, a suo modo leale. Anche la sua follia, il motore che spinge tutti gli eventi del film, è quasi inquietante ma quasi rassicurante, accettabile e in grado di garantire che  Thanos sia sì folle e  cattivo, ma in fondo "non così folle e cattivo" (pur rimanendo lui di fatto il più grande genocida dell'universo). Lo vediamo come un tipo più strano che inquietante, qualcuno che da noi potrebbe avere potere solo nel suo gruppo facebook, ma che nel mondo reale terrestre non si cagherebbe nessuno. Questo ce lo rende più simpatico al contrario di tutti i Mandarino, Zemo e Ego che prendono con noi la metropolitana tutte le mattine. 
Analizziamolo per un secondo questo Thanos, per gli amici il "titano pazzo". È un "Titano" (secondo il film e non secondo Jim Stralin) perché è di fatto un tizio che viene da un pianeta chiamato "Titano", e gli abitanti di Titano non vogliono farsi chiamare Titanesi. È "Pazzo", per via di idee politiche così radicali che non lo vorrebbero in nessun partito europeo, ma in Italia in una coalizione forse entrerebbe. Thanos deriva da Thanatos cioè "morte" in greco, il perfetto nick name per un adolescente emo -goth in fissa con Anne Rice e con tatuato la faccia di Jack Skeletron sul gomito ma forse fuori tempo massimo per un adulto. Di carnagione viola, 3,20 metri di altezza, sicuramente del segno della bilancia (o almeno non me lo immagino di un segno zodiacale diverso...), bella presenza, sguardo fiero, pelata virile e profilo mussoliniano, Thanos ama arruffare i capelli ai nemici sconfitti ed è ghiotto di budino cosmico, che offre a chiunque con grande trasporto e premura nel caso abbia fame. Sogni nel cassetto: una casa sui monti come il nonno di Heidi. Interessi: una passione per le tematiche ambientali e sociali un po' distorta ma di immediata comprensione per un cattivo che si trova a dover avere un background in un film con sessanta personaggi principali. Da questa sua passione più che un cattivo a tutto tondo Thanos risulta essere un altruista estremo. Per capirci, l'altruista estremo in fondo non sembra così una cattiva persona e probabilmente è il tipo che fa sedere le persone anziane sull'autobus. Solo che per trovare un posto all'anziano, l'altruista estremo probabilmente ucciderebbe una persona qualsiasi che occupa un sedile. Thanos è così... e a pensarci una volta sul tram ho forse incontrato una tizia come lui, che sicuramente avrà un gruppo Facebook e progetta di rivoluzionare il mondo... ma torniamo in tema. 


Da vera rockstar, alla  prima scena della pellicola Thanos fa vedere all'universo Marvel "chi ha i valori", chi ha il mento scrotale (cit.) e "chi comanda". Così preannuncia in una singola scena che davanti a lui non c'è e non ci sarà storia o tattica. Che siano verdi, corazzati o con lo scudo a strisce, gli eroi saranno tutti "fottuti", colti in fallo come bambini inesperti davanti alla verifica di matematica, senza parole, basiti e atterriti dal suo stile inimmaginabile. Dopo una inevitabile strage, Thanos abbandona idealmente il palcoscenico e si prende tutto il tempo per tornare in camerino, cambiarsi d'abito e soddisfare un paio di groupie, per poi rispuntare a sorpresa nelle scene più esaltanti del film. Per il resto del tempo lascia sul palco la sua band a fare gli assoli, per lo più assoli di percussioni ai danni degli omini colorati Marvel. Così piccini, così emotivi, così carini nello scambiarsi tenerezze reciproche e così impegnati nello sfoggiare un nuovo look con cui sbalordire gli amici, che quasi non ce la fanno a concretizzare altro, che quasi non si ricordano di fare altro. Sono ancora divisi dopo la "Civil War di quartiere", alcuni stanno pensando di mettere su famiglia, chi si sente ancora poco ascoltato dal gruppo, chi ha superato i quaranta e inizia a fare i conti con i capelli grigi, chi pensa di vivere per sempre come un adolescente nello spazio. Stanno tutti pensando ad altro e così ne prendono, tante, dal primo esercito spaziale che arriva. Ne prendono da alieni stregoni, ne prendono da esseri pieni di mani e denti, ne prendono da elfi oscuri e da amazzoni mono-ciglio, ne prendono da astronavi fatte come ruote per criceti, ne prendono per troppo entusiasmo e troppo zelo. Ne prendono tante e amabilmente, perché il gruppo intergalattico di Thanos è "Rock", è cool, è abbigliato/ truccato/parruccato in outfit simil-fantasy di lusso, è sexy, ci crede un mondo in quello che fa e riesce a essere, tra tutto il piattume digitale moderno, quasi iconico. Sfoggiano stile, personalità e possanza bellica, si danno da fare per riempire la scena nel modo più colorato, fracassone ed esagerato che possono. Frullano per bene i tizi in calzamaglia, che comunque cercano di fare il loro e a rimanere impressi di pellicola, ma insieme a Thanos, che è l'unico vero collante narrativo ed emotivo, sono  i suoi generali i grandi mattatori. Pur con queste peculiarità, lo spettacolo riesce comunque a dare una voce a tutti gli attori, a offrire una messa in scena che dire spettacolare è poco, condita con una musica evocativa di Alan Silvestri che nei momenti più tosti pare la colonna sonora del primo Predator (e io godo). È uno dei film più costosi della storia e si vede. Anche se il nome non ce lo ricorderemo mai (Anche Spider-Man ci farà notare a un certo punto della pellicola quanto sia difficile ricordarsi i nomi) i villain qui sbriluccicano e si fanno ricordare più di "come si chiamava e cosa voleva fare il tizio con le fruste di Iron Man 2 che veniva distrutto con un colpo solo?". Ma le regole dello show business sono dure e la "Thanos Band ", purtroppo, non starà sullo schermo per oltre  sei minuti circa, su un massimo di due ore e quaranta... peccato e, cacchio! Dovevo dire di già "spoiler"? Ok, spoiler, però inevitabile. 


Il grande mistero di questa pellicola è la presunta invisibilità della sua trama. Non tanto per la sua assenza, perché c'è un "collante di nome Thanos" che riesce a coordinare e orientare gli eventi in un modo chiaro, ma per il modo in cui si articola e per il fatto che una azione del tipo "adesso tizio picchia caio" seguita da "adesso tizio e caio si incontrano per la prima volta" prende un po' il posto della narrazione, con buona pace di una sub-quest interessante che riguarda Thor. Non vi nascondo che in questo film tutti i personaggi, buoni e cattivi  in genere, si vedranno in media pochissimo e che non va meglio ai più blasonati supereroi del mucchio. In scena arrivano tutti pur per poco tempo, non preoccupatevi, tutti gli attori sono formidabili e simpaticissimi come lo "stile Marvel" vuole, ma il tempo, di nuovo, è tiranno. Più tiranno di Thanos il titano. Più che una pellicola in senso stretto questo film è un'unica, classica, Royale Rumble. Cos'è una Royale Rumble? È il classico evento wrestling dove su uno stesso ring entrano a combattere a pochi secondi di distanza un numero impressionante di combattenti con lo scopo di spazzare gli altri al di fuori dell'arena. I wrestler entrano in scena con una colonna sonora personalizzata che sottolinea il loro arrivo sotto i riflettori dettandone il carattere gioioso o tetro o ultra-patriottico. I wrestler con pochi sguardi trovano sul ring la loro nemesi e i loro alleati naturali, spesso si scontrano tra amici per malintesi (in genere una gomitata partita per errore con l'amico di spalle), spesso formano alleanze strane e improvvisate divertenti. Poi arriva il momento clou in cui si esibiscono nelle loro mosse di lotta più famose, scaraventandosi per un'ora gli uni contro gli altri. La Rumble si svolge sempre intorno alla fine di gennaio, dal 1988 ad oggi e nel futuro, ed è da sempre uno spettacolo maschio/confuso/adrenalinico che "gasa a non finire" e che in Italia è concesso da anni per lo più a chi paga l'evento sulla pay per view di Sky (di recente con un nuovo orario di trasmissione che fa cagare), accompagnato con un litro di birra per goderne le sfumature più intime. Tutti sanno che tutto è finto e che queste guerre devono accadere ciclicamente una volta all'anno. Le "storyline" danno giusto più sapore alla portata principale: le botte colorate. L'anno dopo saranno improvvisate nuove relazioni e nuove trame mentre tutti i lottatori-attori come sempre staranno sotto la doccia attigua agli spogliatoi a scambiarsi la ricetta del pollo del Minnesota. E qui in Infinity War è uguale, anche se in dimensioni più maestose, anche se con un apparato epico/drammatico e uno stile visivo diverso da una ammucchiata di culturisti oliati in mutande. C'è anche qui, se non una trama, un certo "senso di epica" che ci fa credere che i personaggi facciano qualcosa di più che dire quattro battute (pur significative e che li portano a una interessante evoluzione dei personaggi) spalmate in tre ore. Uno "stile narrativo condensato" che ci illude di aver afferrato molto di più di quello che c'è, di aver percepito una trama, che di fatto c'è/non c'è, ma che noi costruiamo dalla nostra (seppur paludata e distratta) conoscenza pregressa dei personaggi. È davvero uguale alla Rumble questo ultimo Avengers, e riconoscere su schermo tutti i personaggi coinvolti è parte del divertimento e la dimostrazione concreta della capacità dei Marvel Studios di aver fidelizzato per anni il pubblico più ampio della terra, fino a coinvolgerlo in un gioco di prestigio incredibile come di fatto è questa pellicola. Pellicola che, a descriverla, si fa pure un po' fatica, come si farebbe fatica a ricordare a memoria la sequenza delle mosse di Jackie Chan nel suo ultimo film, ordinando narrativamente un calcio e un pugno dietro l'altro. Avengers Infinity War è tanta pura azione coreografata con un pizzico (per altro ottimo!!) di tragedia greca fornita da pochi personaggi adeguatamente sviluppati, Thanos e Stark su tutti (ma anche Gamora, Thor e Star Lord). È un film che fissa un momento storico unico per il cinema. Il momento in cui il pubblico in sala sa ormai di più del personaggio di quanto i personaggi realmente facciano su schermo. Anche se in fondo di questi personaggi sa quanto quanto i fan del wrestling sanno dei loro beniamini, questo non esclude che il film abbia un ottimo ritmo, veri e propri tocchi di classe, scene che rimarranno impresse nella retina per un po'. Lo spettacolo è bello. Chissà se in futuro il pubblico seguirà con facilità un cast di supereroi doppio o triplo rispetto a questo, sapendoli riconoscere tutti, e avendo ancora la voglia di conoscerne di nuovi, con l'entusiasmo di una caramella che tira l'altra. Saprà questo pubblico accontentarsi di vedere i suoi beniamini per 3 minuti al massimo in quattro ore? 


Non nego il fatto che visto per tre ore cose colorate che si picchiavano con altre cose in modo figo e nel mentre sono stato felice e sono tornato bambino. A quanto pare la mia previsione, fatta nel precedente articolo su Infinity War (che se volete potete rileggere), si è rivelata errata. Ma devo dirvi, con l'ego infranto di cui poco me ne cale a parte, che sono contento di essermi sbagliato in quel senso. In genere trovo mortificante chi in un film di supereroi i fan aspettino solo che questi "nascano" o "muoiano", come se l'evoluzione del personaggio non abbia davvero un interesse per la platea al di là di un "acceso-spento" che li assimila agli interruttori della luce. Ma questa è di fatto una produzione Marvel in cui, incredibilmente, al di là di ogni mia previsione di cui sopra, muore senza senso un mucchio di gente e a me "va bene". È a tutti gli effetti e come tutti in rete "speravano" un'opera indirizzata a un pubblico di ragazzini con un'enorme quantità di personaggi morti / ammazzati la cui dipartita interessa relativamente, nascosta da un arcobaleno di colori su schermo. Forse sto morendo dentro. Certo, siamo nel "film parte uno" con in arrivo una "parte due" che potrebbe confermare o ribaltare la situazione (come direbbe Alessandro Borghese, il primo grande filosofo del nuovo secolo). Certo la "brutalità" delle dipartite avviene in un contesto eroico da poema omerico, tra musica sinfonica, lacrime, arringhe di battaglia alla Braveheart, atti di altruismo e coolness supereroistica ma, cacchio, preparatevi a un sacco di morti!! 
Avengers Infinity War è comunque sotto una schematicità manifesta un mosaico composito che fa risaltare le singole componenti della cinematografia Marvel, giocando sulle diversità di approccio e ritmo delle singole e peculiari pellicole, operando di arricchimento e non di sottrazione. Siamo seri, non è Shakespeare. Ma è di certo un buon lavoro ed esattamente come per gli altri film degli Avengers il biglietto vale lo spettacolo di una lunga e liberatoria scazzottata di quasi tre ore tra supereroi, alieni, robot, astronavi, maghi e Stan Lee. Uno show visivo geniale nella sua natura camaleontico/tematica (per intenderci: quando vediamo i Guardiani ci sembra a tutti gli effetti un film sui Guardiani e quando vediamo Strange siamo in un film di Strange, e i mix dei personaggi giocano bene sui "mezzi - toni" delle rispettive serie) ma coerente, che sa cambiare tono quasi di scena in scena pur rimanendo fedele a se stesso e "a Thanos", il cuore narrativo. Volendo essere romantici e recuperando un po' il discorso di inizio - sproloquio, questo film può essere visto idealmente come il "secondo tempo di tutti i film Marvel". 


Ci sono pellicole Marvel che hanno saputo esplorare bene, in più capitoli, i personaggi in calzamaglia. Ma molte sono rimaste in superficie, raccontandoci più la scoperta, la gioia e le possibilità d'uso di "un grande potere" e tralasciando un po' "le grandi responsabilità" che ne dovrebbero derivare secondo il celebre adagio spidermaniano. Molti dei villain Marvel sono serviti come "percorso nella comprensione del super potere" più che una sfida attiva che ha messo in discussione l'eroe nel confronto di un avversario del suo stesso livello. Detto in modo brutale, se un eroe si misura in ragione del valore dei nemici che affronta, molti degli eroi Marvel fino ad ora avevano per la maggior parte delle volte avuto vita troppo facile. Qualche trickster insidioso (Loki, Zemo, "il Mandarino"), qualche nemesi/opposto interessante (Winter Soldier, l'Avvoltoio, Killmonger), ma per lo più avversari con poca personalità e degni di un minutaggio su schermo insufficiente per farne risaltare le ragioni anche solo a livello emotivo. Carne da cannone per avere un finale pirotecnico e poco più . Qui invece c'è Thanos ed è una minaccia seria, una prova impegnativa nel "percorso di crescita dell'eroe", di ogni eroe, davvero sfidante fisicamente ed emotivamente, un muro che arriva dal primo atto della pellicola e non ti molla fino alla fine. Di Thanos comprendiamo un po' le distorte ragioni e la distorta morale, proviamo a empatizzare con la sua distorta affettività e tremiamo davanti al suo sconfinato e distorto potere. Ne conosciamo il distorto passato attraverso dei distorti flashback, ci vengono accennati dettagli della sua recente distorta corsa al potere che saranno spiegati distortamente anche in un libro di prossima pubblicazione, che già mi aspetto essere interessante quanto scritto in modo distorto. Il passo geniale dei Russo è che grazie al lavoro di fino che hanno fatto per caratterizzare  Thanos, unitamente alla magistrale interpretazione che ne dà Josh Brolin, questo tizio possiamo pure "capirlo". Al di là dell'evidente anacronisticità e "alienità" (sostantivo che dubito esista) vediamo come abbia a cuore (a modo suo) pure  uno dei problemi di attualità che più ci riguardano come esseri umani del 21mo secolo. Thanos, con tutte le sue sfaccettature e con quelle che gli cuciamo sopra noi e gli hanno cucito negli anni i fumetti (Jim Starlin lo ha scritto sempre in modo divino) sa essere "grande" come i grandi villain drammatici. Viene in mente come citato sopra L'innominato del Manzoni, ma anche il Giulio Cesare di Shakespeare, il Foster Kane di Orson Welles, il Kurtz di Brando. Con pochi gesti, con il suo corpo enorme ma gentile, con il suo sguardo triste rivolto verso il basso, con le sue lacrime sincere e con quel guanto dorato in grado di compiere cose incredibili, Thanos è già icona e ce lo ricorderemo per un sacco di tempo. Anche perché il finale del film ci farà pensare a lui intensamente almeno fino alla prossima pellicola.


Per una volta avrei voluto non avere nessuna scena post-crediti... sono un illuso...  Ma mi pare già brutto che quella scena, che ormai è accettata per "tradizione" vada a  sminuire di fatto la sontuosità di un colpo di teatro finale, spiazzante come pochi e per certi versi coraggioso, che lancia emotivamente lo spettatore in uno scenario strano e regalmente plumbeo/pece/disperato. Uno scenario che scaglia l'hype a mille verso il capitolo due, stile Season finale del Trono di Spade. Se al termine dei titoli di coda ci fosse stato solo il nero, sarebbe stata una nuova piccola rivoluzione nei film Marvel.
In conclusione, c'è amore nella composizione di insieme, nei combattimenti infiniti e in tutto ciò che scaturisce dal lavoro dei Russo. Questo diviene possibile perché al centro c'è il pupazzone digitale gigante più bello di sempre, credibile nel ruolo e un mattatore nato nel catalizzate l'interesse del pubblico. Un omone steroidato che trasuda carisma e tragedia da ogni poro viola della sua testona mussoliniana, reso reale da una interpretazione "gigantesca" in tutti i sensi, quella di Josh Brolin.  Anche senza una voce off (come nell'unica versione bella di Blade Runner), noi ci sentiremo per la maggior parte del tempo nei panni di questo tizio. Thanos ci sta ad essere visto come il nemico finale di un lungo viaggio iniziatico cominciato in sala dieci anni orsono. Un viaggio necessariamente incominciato con l'Iron Man di Downey Jr.: un ricco viziato che negli anni è diventato simbolicamente l'ultimo grande generale della razza umana. 
Questo Avengers: Infinity War è idealmente l'episodio finale della "stagione uno" di una storia fatta di ricchi redenti, soldati congelati, divinità celtiche sbruffone, stregoni secchioni, geni repressi, mutanti per sbaglio, streghe e pinocchi volanti. Una serie che abbiamo amato al punto che il maxi-cliffhanger finale ci anticipa la stagione "due". Film come episodi TV di lusso, uniformati per per stile, ironia, tematiche (e per questo qualche volta pure noiosini) e una trama sottile ma presente che ci ha portato in un modo inaspettatamente organico e coeso fino a questo punto con l'illusione che nulla era di fatto preconfezionato e che dietro a un incontro di wrestling di due ore e mezzo potevamo vederci una trama articolata. Godetevelo e fatemi sapere. Buone botte colorate finte a tutti e non preoccupatevi se ci sarà rappresentata un po' di violenza visiva stilizzata: sono solo fumetti e la prima regola del fumetto supereroistico americano di massa è che non muore mai veramente nessuno, almeno fino a che il prodotto tira. Shakespeare e vita reale possono solo propoargli la fava a Thanos. E per due ore e mezza saremo tutti d'accordo con lui. 
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