È
difficile stare dietro alle attività di Roberto Recchioni, tanto nell'ambito
dei fumetti, che del cinema, che dei romanzi. Ti svegli e scopri che il nostro
"RRobe" oltre a curare mensilmente Dylan Dog e Orfani per Bonelli,
oltre a stare dirigendo sempre per Bonelli i lavori per 4Hoods e Chambara, oltre
a supervisionare e a essere "bollino di garanzia" di Caput Mundi per
la Cosmo, oltre ad essere intento nella realizzazione delle nuove storie del
Corvo di O'Barr per la IDW publishing in collaborazione con BD edizioni, oltre
a essere sempre attivo come recensore per Il sito di cinema ScreenWeek, oltre a essere uscito a tempo record in libreria con il secondo volume della
fantasy Ya! per Mondadori (che dice che ama scrivere tipo alle
cinque di mattina nel dormiveglia), oltre a... prendo un attimo una pausa...
oltre a tutto questo ti esce, in gamba tesa, con questo La fine della ragione,
edito per la nuova etichetta Feltrinelli Comics, di cui scopro l'esistenza
perché l'8 febbraio 2018, ero nel luogo della presentazione al
pubblico, a Milano presso la Ricordi/Feltrinelli di Galleria Vittorio Emanuele,
per puro caso. E poi scopro, dalla sua voce, che sta ultimamente sempre più in
giro con la moto, che sta iniziando a esplorare confini della provincia
italica per molti ancora misteriosi, che sta scoprendo l'Oriente
"andandoci"...
Constatato che è evidente che nel nuovo appartamento
del RRobe c'è una stanza dello spirito del tempo come in Dragonball,
affrontiamo questo "quadernaccio" scritto e anche disegnato da un
Recchioni ultra-underground, sparato su carta con una tale urgenza punk che... non vi dico. RRobe piglia il suo stile "da Asso" e lo riempie di
estrogeni, incide la tavola con un tratto energico/aggressivo veloce,
espressivo, quasi nagaiano (più Violence Jack che Devilman) e che in qualcosa
sta pure dalle parti di Jeff Lemire (di sicuro pure nelle scelte cromatiche,
sempre curate dal RRobe, graffianti), e se sei poetico ci vedi pure qualcosa di
semplificato ispirato agli ukiyo-e di Kawanabe Kyosai... oppure ci vedi solo una
paraculata molto, molto stilosa ma decisamente ispirata, con tavole a volte
tirate via e a volte così sbalorditive che non riesci a volergli male, anzi! E
poi arrivano i testi, giganteschi nelle dimensione, scritti con il pennarello
grosso. Muri di parole che riempiono intere splash-page, scritte a mano,
potenti e rabbiosamente buttate in trincea oplitica su fogli ingialliti dalla
sfumatura marroncina (fogli immarronciniti?). Fogli fatti a righe
come i quaderni delle elementari o le moleskine, che da dire fa più figo, per
essere poi stampati su carta porosa, esattamente come alle elementari, con le
immagini editate / scansionate facendoci le foto, giusto per rendere più
difficile i ritocchi e dichiarare al mondo: Qquesto è, e questo non lo
cambio più". Muri di parole nere con molte, moltissime sottolineature con
un pennarello di un rosso sangue, bello, violento e vitale come la penna della
maestra che ti mette 3 in inglese. A guardare questa pop-art da writer glottologi
sembra di accedere un po' alla Smemoranda arrabbiata di un bassista
liceale. E i bassisti liceali, lo sappiamo, sanno essere spesso carismatici e
alla fine sono pure quelli che rimorchiano, lasciate fare.
Ma che c'è scritto e
disegnato in questo volumetto da 16 euro con copertina traslucida
Feltrinelli che da lontano lo fa quasi sembrare vagamente per scelte
cromatiche della copertina un manuale di Shiatzu? È una storia di epica
intimista, come è stato definito dallo stesso Recchioni. C'è uno sguardo autobiografico
e intimo, quasi dalle parti di Gipi, sposato arditamente a una rabbia nagaiana
estrema. C'è la volontà di delineare un racconto distopico futurista, forse
troppo, inquietantemente troppo, vicino al presente, ma c'è lo stile aggressivo
di vomitare tutta la narrazione in faccia al lettore, come un pugno sul grugno,
semplificando e scarnendo ogni concetto, snocciolando ogni prassi di
comunicazione. Anche l'autore è in scena, come narratore, ma al centro del
racconto c'è la "madre", un'entità che "sputa in faccia al
destino", perché "lei è vento", "lei è tempesta" e
"sfortunati quelli che si metteranno davanti a lei nel suo cammino, perché
ci passerà attraverso". La madre è in missione, il mondo è impazzito nella
barbarie dall'oggi al domani e la tappa del suo viaggio è un luogo lontano e
nascosto, dove è andata a finire la "ragione". Seguiranno ipocrisie,
distruzione e cavalieri dell'apocalisse con tutto il trambusto in cui un
uragano può manifestarsi all'interno di un bicchiere. Ma come il mondo è impazzito?
Chi riuscirà a salvarlo e consolarlo? RRobe scrive e narra veloce, le pagine
girano veloci, il messaggio di fondo potrebbe essere sintetizzato da una
canzone rock. Però funziona, gira bene e arrivato in fondo vuoi ripartire.
Forse avrei voluto starci più tempo da queste parti, esplorare il futuro
medioevale che ho intravisto, ma mentalmente vedo che mi riaffiorano i paesaggi
italici di Orfani:Ringo (altra opera di Recchioni), pronti a fare da supplenti
e arricchire il quadro generale. Ma chi non è fan del RRobe e Orfani: Ringo (presente in bei cartonati da Bao Publishing) non me lo vuole recuperare?
Ricordo la mappa del mondo fantasy di Ya!, ricordo l'emozione di
quando tra valli e città ho riconosciuto per la prima volta Campocarne e la
testa è partita, ieri come oggi, a uno dei luoghi più famosi di Orfani.
Pensando alla Madre di questo fumetto, automaticamente e antiteticamente torno
alla figura femminile di Monolih. Il RRobe è sempre il RRobe, e questo mi
sento di dirlo perché un po' nei suoi mondi immaginari ci sono caduto e sono
contento di essermici perso. Ha sempre grinta, sa come scrivere dialoghi cool e
come esprimere un concetto chiaro come un missile che ti arriva in testa, sa
come provocare e rendere reattivo il lettore. Ma quest'opera forse si appoggia
un po' troppo a cose già dette, anche se nel cuore è interessante, più
nella forma che nella sostanza un piccolo Violence Jack sociale, molto
meno cattivo di quello che si sarebbe voluto, un po' spaventato e in cerca di
conforto sul futuro, in tutto questo amabilmente e fallibilmente
"umano". Sono sicuro che a rileggerlo ci piacerà anche di più. Una
prova molto interessante di decostruzione del media-fumetto, un modo un po'
diverso di assemblare le tavole e veicolare la narrazione, infine un modo
intelligente e diretto per condannare le ipocrisie e gli imbarbarimenti
dell'epoca moderna che spesso si nascondono dietro a una richiesta di affetto
e conforto. Bella prova RRobe, continua così. Poi se ti avanzano cinque minuti
liberi nel mentre che aspetti il caffè al bar, potresti pure fare un fumetto
sulla rivoluzione russa, io già te lo compro...
Paolo "Talk0"
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