venerdì 20 aprile 2018

La fine della ragione : Roberto Recchioni si sperimenta sul genere epico intimista



È difficile stare dietro alle attività di Roberto Recchioni, tanto nell'ambito dei fumetti, che del cinema, che dei romanzi. Ti svegli e scopri che il nostro "RRobe" oltre a curare mensilmente Dylan Dog e Orfani per Bonelli, oltre a stare dirigendo sempre per Bonelli i lavori per 4Hoods e Chambara, oltre a supervisionare e a essere "bollino di garanzia" di Caput Mundi per la Cosmo, oltre ad essere intento nella realizzazione delle nuove storie del Corvo di O'Barr per la IDW publishing in collaborazione con BD edizioni, oltre a essere sempre attivo come recensore per Il sito di cinema ScreenWeek, oltre a essere uscito a tempo record in libreria con il secondo volume della fantasy Ya! per Mondadori (che dice che ama scrivere tipo alle cinque di mattina nel dormiveglia), oltre a... prendo un attimo una pausa... oltre a tutto questo ti esce, in gamba tesa, con questo La fine della ragione, edito per la nuova etichetta Feltrinelli Comics, di cui scopro l'esistenza perché l'8 febbraio 2018, ero nel luogo della presentazione al pubblico, a Milano presso la Ricordi/Feltrinelli di Galleria Vittorio Emanuele, per puro caso. E poi scopro, dalla sua voce, che sta ultimamente sempre più in giro con la moto, che sta iniziando a esplorare confini della provincia italica per molti ancora misteriosi, che sta scoprendo l'Oriente "andandoci"... 
Constatato che è evidente che nel nuovo appartamento del RRobe c'è una stanza dello spirito del tempo come in Dragonball, affrontiamo questo "quadernaccio" scritto e anche disegnato da un Recchioni ultra-underground, sparato su carta con una tale urgenza punk che... non vi dico. RRobe piglia il suo stile "da Asso" e lo riempie di estrogeni, incide la tavola con un tratto energico/aggressivo veloce, espressivo, quasi nagaiano (più Violence Jack che Devilman) e che in qualcosa sta pure dalle parti di Jeff Lemire (di sicuro pure nelle scelte cromatiche, sempre curate dal RRobe, graffianti), e se sei poetico ci vedi pure qualcosa di semplificato ispirato agli ukiyo-e di Kawanabe Kyosai... oppure ci vedi solo una paraculata molto, molto stilosa ma decisamente ispirata, con tavole a volte tirate via e a volte così sbalorditive che non riesci a volergli male, anzi! E poi arrivano i testi, giganteschi nelle dimensione, scritti con il pennarello grosso. Muri di parole che riempiono intere splash-page, scritte a mano, potenti e rabbiosamente buttate in trincea oplitica su fogli ingialliti dalla sfumatura marroncina (fogli immarronciniti?). Fogli  fatti a righe come i quaderni delle elementari o le moleskine, che da dire fa più figo, per essere poi stampati su carta porosa, esattamente come alle elementari, con le immagini editate / scansionate facendoci le foto, giusto per rendere più difficile i ritocchi e dichiarare al mondo: Qquesto è, e questo non lo cambio più". Muri di parole nere con molte, moltissime sottolineature con un pennarello di un rosso sangue, bello, violento e vitale come la penna della maestra che ti mette 3 in inglese. A guardare questa pop-art da writer glottologi sembra di accedere un po' alla Smemoranda arrabbiata di un bassista liceale. E i bassisti liceali, lo sappiamo, sanno essere spesso carismatici e alla fine sono pure quelli che rimorchiano, lasciate fare. 


Ma che c'è scritto e disegnato in questo volumetto da 16 euro con copertina traslucida Feltrinelli che da lontano lo fa quasi sembrare vagamente per scelte cromatiche della copertina un manuale di Shiatzu? È una storia di epica intimista, come è stato definito dallo stesso Recchioni. C'è uno sguardo autobiografico e intimo, quasi dalle parti di Gipi, sposato arditamente a una rabbia nagaiana estrema. C'è la volontà di delineare un racconto distopico futurista, forse troppo, inquietantemente troppo, vicino al presente, ma c'è lo stile aggressivo di vomitare tutta la narrazione in faccia al lettore, come un pugno sul grugno, semplificando e scarnendo ogni concetto, snocciolando ogni prassi di comunicazione. Anche l'autore è in scena, come narratore, ma al centro del racconto c'è la "madre", un'entità che "sputa in faccia al destino", perché "lei è vento", "lei è tempesta" e "sfortunati quelli che si metteranno davanti a lei nel suo cammino, perché ci passerà attraverso". La madre è in missione, il mondo è impazzito nella barbarie dall'oggi al domani e la tappa del suo viaggio è un luogo lontano e nascosto, dove è andata a finire la "ragione". Seguiranno ipocrisie, distruzione e cavalieri dell'apocalisse con tutto il trambusto in cui un uragano può manifestarsi all'interno di un bicchiere. Ma come il mondo è impazzito? Chi riuscirà a salvarlo e consolarlo? RRobe scrive e narra veloce, le pagine girano veloci, il messaggio di fondo potrebbe essere sintetizzato da una canzone rock. Però funziona, gira bene e arrivato in fondo vuoi ripartire. Forse avrei voluto starci più tempo da queste parti, esplorare il futuro medioevale che ho intravisto, ma mentalmente vedo che mi riaffiorano i paesaggi italici di Orfani:Ringo (altra opera di Recchioni), pronti a fare da supplenti e arricchire il quadro generale. Ma chi non è fan del RRobe e Orfani: Ringo (presente in bei cartonati da Bao Publishing) non me lo vuole recuperare? Ricordo la mappa del mondo fantasy di Ya!, ricordo l'emozione di quando tra valli e città ho riconosciuto per la prima volta Campocarne e la testa è partita, ieri come oggi, a uno dei luoghi più famosi di Orfani. Pensando alla Madre di questo fumetto, automaticamente e antiteticamente torno alla figura femminile di Monolih. Il RRobe è sempre il RRobe, e questo mi sento di dirlo perché un po' nei suoi mondi immaginari ci sono caduto e sono contento di essermici perso. Ha sempre grinta, sa come scrivere dialoghi cool e come esprimere un concetto chiaro come un missile che ti arriva in testa, sa come provocare e rendere reattivo il lettore. Ma quest'opera forse si appoggia un po' troppo a cose già dette, anche  se nel cuore è interessante, più nella forma che nella sostanza un piccolo Violence Jack sociale, molto meno cattivo di quello che si sarebbe voluto, un po' spaventato e in cerca di conforto sul futuro, in tutto questo amabilmente e fallibilmente "umano". Sono sicuro che a rileggerlo ci piacerà anche di più. Una prova molto interessante di decostruzione del media-fumetto, un modo un po' diverso di assemblare le tavole e veicolare la narrazione, infine un modo intelligente e diretto per condannare le ipocrisie e gli imbarbarimenti dell'epoca moderna che spesso si nascondono dietro a una richiesta di affetto e conforto. Bella prova RRobe, continua così. Poi se ti avanzano cinque minuti liberi nel mentre che aspetti il caffè al bar, potresti pure fare un fumetto sulla rivoluzione russa, io già te lo compro...
  
Paolo "Talk0"

Nessun commento:

Posta un commento