lunedì 15 aprile 2024

Ennio Doris - C’è anche domani: la nostra recensione del film di Giacomo Campiotti con Massimo Ghini e Lucrezia Lante della Rovere, tratto dalla autobiografia del celebre banchiere

 


Siamo nel 2008, il 10 settembre. 

È una sera che sembra come le altre, ma si trova a poche ore dall’inizio “televisivo” di una delle più grandi crisi finanziare della Storia recente. 

Le “Suprime”, le obbligazioni immobiliari americane da sempre ritenute i titoli più sicuri di investimento, presenti in quasi ogni pacchetto azionario, si sono rivelate infine dei titoli tossici e la loro “bolla economica” è esplosa (lo racconta bene il film La grande scommessa, di Adam McKay). Cade il gigante Lehman Brothers e si porta dietro tutte le banche e tutte le borse del pianeta, le imprese come i piccoli risparmiatori, le società di investimento: tutto. 

Tutti sono nel panico o lo saranno presto, quando inizieranno i licenziamenti, la vita inizierà a sembrare troppo cara e i pochi risparmi risulteranno in parte “volatilizzati”. Sembra l’apocalisse, si aprono le “Red room” in ogni società e gruppi di investimento, in piena notte.

Ennio Doris (Ghini), il fondatore di Mediolanum, dopo aver finito a telefono spento la consueta partita a carte con gli amici di sempre, sul tavolo davanti alla solita trattoria veneta, deve rispondere alla crisi. Viene chiamato a prendere un volo immediato con l’elicottero, destinazione Milano. Massima urgenza, massima segretezza per non alimentare il panico. Tanti pensieri per la testa. 

Doris è in volo verso il figlio Massimo e i vertici della sua banca, pronto a soccorrerli e calmarli come farebbe un supereroe, ma la mente lo riporta ai giorni in cui era bambino, nella provincia, in quel di Tombolo. Biondissimo, mingherlino ma sveglio. 

La sua era una famiglia non troppo agiata, ma felice di vivere in onestà con quanto prodotto dall’orto, piccoli scambi siglati con una stretta di mano al mercato e fiducia nel futuro. Suo padre tutto il giorno con umiltà, ottimismo e orgoglio, curava i loro campi e le loro bestie, con il piccolo Ennio che sognava già di lavorare al suo fianco e ci sapeva fare nell’arte di riportarle dentro il recinto, al sicuro. 

Mamma e sorella lo riempivano di coccole e l’amico  di sempre, Aldo, scontroso ma irrinunciabile, figlio di un commerciante locale poco simpatico, leggeva con Ennio i fumetti di Tex Willer, immaginando insieme a lui di gestire, da adulti, una grande mandria.

La più grande crisi che il piccolo Ennio aveva visto con i suoi occhi riguardava un camion carburante incastrato sotto un ponte, per via del terreno fangoso che era diventato troppo gonfio dopo la pioggia. I vigili del fuoco cercavano di tirarlo fuori con le funi, senza riuscirci, mentre Ennio, che a scuola era già bravino con i numeri, calcolava che sgonfiando le gomme del mezzo c’erano i centimetri giusti per liberarlo. 

Certo era troppo piccolo all’epoca per prendersi il merito di quella scoperta al posto di un adulto: i “boccia” non li ascoltava nessuno e la “scoperta” la vendette ai vigili il padre dell’Aldo. Ma al papà di Ennio questa intraprendenza risolutiva e logica piacevano, al punto da voler instradare il figlio verso la scuola di ragioneria più ai campi da arare. 

Ennio cresceva insieme alla sua fame di numeri e grafici, che vedeva a volte balenare pure in cielo o staccarsi dai fogli per danzare nell’aria. Ma rimaneva sempre legato con gioia a quel mondo contadino fatto di strette di mano callose, segno di fatica, impegno e sudore, nel quale era nato. 

Così, quando arrivò il momento di trovarsi un posto in banca come da desiderio della sua insegnante di matematica, Ennio decise che non sarebbe rimasto allo sportello: chiese al direttore la possibilità di andare a trovare i clienti che lavoravano la terra direttamene a casa loro, senza che perdessero una giornata di lavoro per venire in filiale a fare la fila. Ci andava in bici, con i contratti nel cestino, e presto sarebbe andato direttamente anche dai piccoli imprenditori, fino a fare negli anni del contatto diretto, il “family banking” la sua filosofia di lavoro. 

L’anziano Doris torna al presente, atterra con l’elicottero a Milano, rasserena i soci che una soluzione si troverà, anche a costo di ripartire da zero e dai campi, ricominciare tutto da capo insieme. A fine riunione parte in auto con il figlio e lungo la strada, profeticamente, una mucca blocca il percorso. Doris scende dalla berlina per riportarla oltre il recinto, al sicuro insieme alla mandria: una delle cose che amava fare fin da bambino, a cui aveva appena pensato, si è materializzata davanti ai suoi occhi. 

La crisi si espande e arriva alla politica, ma Ennio non può rinunciare a continuare il suo “road tour” per l’Europa, per promuovere la sua banca e il lavoro dei suoi dipendenti, che sono con lui alcuni già da più generazioni. 

Sull’aereo privato lo accompagna nel viaggio la moglie Lina (Lucrezia Lante della Rovere), che di notte gli ha preparato i gnocchi di patate che gli piacciono tanto e gli è vicina da sempre, specie in questi momenti tormentati dove lui pensa a tutti meno che alla sua salute. L’aveva conosciuta quando ancora andava a trovare fattoria per fattoria i contadini. Lina aveva solo 15 anni, anche se li mascherava bene. L’aveva sposata quattro anni dopo in accordo con il padre, quando lei aveva finito la scuola e dopo che lui gli aveva dimostrato di essere una persona per bene. Lina era con Ennio quando divenne capo filale, quando poté permettersi la prima auto sportiva e quando decise, insieme a Silvio Berlusconi (Alessandro Bertolucci), di creare una banca con a cuore la salute degli investitoti più piccoli, inserendo nei pacchetti titoli delle polizze per maggior tutela del loro futuro. 

Lina sorride oggi come allora e sostiene Ennio anche quando è sicuro che 100.000.000 di euro gravano sui loro investitori, proprio in virtù di una fideiussione legata a quelle polizze. La scelta di tutte le banche per “arginare la crisi” è quella di limitare i danni e non fare quasi nulla per i piccoli, ma Ennio e il suo socio sono pronti a una prospettiva diversa, per loro decisamente poco conveniente ma che rimette al centro, ancora una volta, i clienti della banca prima di tutto. 


Giacomo Campiotti riprende e rielabora l’autobiografia di Ennio Doris, scegliendo un linguaggio classico e preciso, che si colloca nel solco dello sceneggiato televisivo biografico, usato per le storie di papi e uomini legati alla Storia d’Italia. 

Come da “modello”, che peraltro viene ripreso da Mann anche per il recente film su Ferrari, si racconta la vita di un uomo che “si fa eroe etico”, in un momento particolarmente importante della sua esistenza, caratterizzato da bilanci interiori quanto da soluzioni difficili da prendere in breve tempo. Una “messa alla prova del carattere”, nella quale il protagonista ripercorre idealmente le tappe più importanti della sua vita, alla ricerca di quelle costanti che hanno caratterizzato e formato nel tempo il suo pensiero. Lo conosciamo bambino, biondissimo e fragile, interpretato da un attore che ricorda il Mattia di Pierro in Io non ho paura.  Lo ritroviamo giovane adulto aitante, innamorato perso della vita e dell’amore: dall’aria perennemente sognante, così sognante che ci ricorda il Daniele Rutelli di Giacomo Rosselli, dei Ragazzi della terza C. Lo vediamo anziano e saggio, paterno, nel corpo ricurvo e lo sguardo malinconico di un Massimo Ghini mai così accartocciato e anziano. I “tre Doris” collaborano “fantasmaticamente” tra loro nella soluzione della grande crisi, aiutati simbolicamente dai loro affetti, amici e “contendenti” di ogni diverso periodo storico. 

C’è l’amichetto/rivale con cui giocare a Tex Willer e Kit Carson, litigare e poi ritrovarsi da adulti (interpretato dal bravo Pierobon), simili ma distanti come “Il bandito e il campione” di De Gregori. C’è il banchiere-capo “spregiudicato e per ricchi” e il banchiere-capo “stanziale ma immobile” tra cui il protagonista dovrà scegliere un proprio indirizzo di vita, trovando una strada propria. C’è un padre immenso e generoso da cui imparare il senso del mondo a partire dalla terra e le cose semplici. C’è Lina (una accogliente e generosa Lucrezia Lante della Rovere) e i figli, i colleghi (anche in momenti dal sapore aziendale buffo-fantozziano) e amici più stretti: il cuore e il futuro da costruire insieme come una grande famiglia unita e allargata, che idealmente lui vorrebbe estendersi pure verso i correntisti della banca. 

Come in A Beautiful Mind di Howard, ogni tanto il banchiere Doris legge simboli e numeri nel mondo che lo circonda: grafici che si disegnano tra le stelle del cielo notturno, numeri che danzano, oggetti dalle cui forme emergono piramidi (amava la Torre Eiffel) o il “cerchio/uroboro”. Un cerchio che richiama il più famoso spot tv di Doris: il cerchio che con un bastone lui stesso (come Amadori e Rana “metteva la sua faccia” negli spot) disegnava su un confine immaginario, nello spot di Mediolanum, la banca “costruita intorno a te”. Un “gesto antico” che qui nel film viene attribuito al padre.

La trama si srotola semplice e ordinata come da sceneggiato televisivo, raccontando la vita contadina quanto il glamour dell’alta finanza, le partite a scopa al bar e poi i viaggi in elicottero, il privato e il pubblico, tutto sottolineato da celebri canzoni di musica leggera italiana come Non ho l’età della Cinquetti e Uomini Soli dei Pooh. 

Ogni tanto la narrazione si fa più simbolica e arrivano momenti quasi estatici/mistici, come l’incontro di Doris con Berlusconi a Portofino. Doris e Berlusconi parlano tra loro una lingua diversa e unica, “programmatica”, quasi costruita da addetti stampa o mistici bizantini, parola per parola.  La loro è una comunicazione sempre rapida e dinamica, quanto anche umanamente complessa: una comunicazione tra idee più che tra persone, straniante. 

Il quadro generale, sulla base anche della visione della pellicola da parte della famiglia e degli impiegati che la hanno potuta vedere in anteprima, sembra rispecchiare con garbo la figura del banchiere veneto. Un uomo “complesso ma semplice” quanto vicino ai problemi dei suoi correntisti, al punto da realizzare nel 2008 un atto di generosità e coraggio di portata enorme, e di cui ancora si parla poco e che forse questa pellicola contribuirà a far conoscere al grande pubblico. 

Ennio Doris  - C’è anche domani è uno “sceneggiato televisivo moderno”, rispettoso della formula e del suo pubblico di riferimento, ben recitato e con una forte componente emozionale, in grado di raccontare con garbo una storia umana ricca, tra il passato e presente del nostro Paese. 

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