martedì 22 febbraio 2022

Vendetta - Una storia d’amore: la nostra recensione di un piccolo rape & Revenge in salsa giudiziaria con protagonista Nicolas Cage e Don Johnson

Niagara Falls, festa del 4 luglio di qualche decennio fa. Sotto il rumore dei fuochi di artificio la bella Teena (Anna Hutchison, la “libertina tentatrice” in Quella casa nel bosco) e la figlia Bethie (Talitha Bateman, la problematica ragazzina che “diventerà Annabelle” in Annabelle Creation) si divertono a un party. La donna balla su un tavolo pericolante in cortile, mentre quasi nuda e del tutto ubriaca rischia di cadere e vomitare sul suo giovane Toyboy. La bambina sale su un tetto con ai piedi le infradito “perché lo fanno tutti”. Incredibilmente scampate da morte certa, le due decidono di tornare a casa da sole, nella strada più buia e isolata della zona. Qui, mentre Bethe riesce a nascondersi tra dei cespugli all’ultimo momento, Teena viene inseguita e abusata da tre ragazzotti bifolchi e grezzotti della gioiosa fauna locale, che sapevano che “era una facile”. A ritrovare la mattina dopo le due donne, più morte che vive, è John (Nicolas Cage), un detective di mezza età con alle spalle un bel disturbo post traumatico, che decide di diventare il loro angelo custode, seguendole durante tutto l’iter di denuncia dei ragazzotti e magari oltre: perché il film si chiama “Vendetta: una  storia d’amore”. Male che vada la nonna è pure interpretata da quella super milf di Deborah Kara Unger (vista in Crash ma anche “strega cattiva” nei film di Silent Hill). Ma le cose sembrano prendere una piega brutta quando le famiglie dei rozzi ragazzotti, convinte dal prete di zona, ingaggiano per difenderli, ipotecando le case, il fantomatico avvocato Jay Kirkpatrick (Don Johnson). Jay è un uomo che protegge i timorati di Dio, veste come un cowboy da rodeo e si sposta su una moto dei CHiPs come Ponciarello. Davanti a quella che tutto il paesino definisce come una famiglia di tre streghe (non a caso le attrici sono anche le interpreti della lussuriosa di Quella Casa nel Bosco, dell’indemoniata Annabelle e della strega di Silent Hill), Jay ha vita facilissima nel manipolare la giuria e il giudice: la causa più facile di sempre. Non ci sono prove, è solo la parola di tre donne senza marito (e quindi socialmente colpevoli) contro tre bravi ragazzi che abitualmente creano casini pure nel bar locale ma “So’ ragazzi…”.e “le donne mezze nude provocano e sono tutte donnacce”. Applausi in tribunale.  Ma l’avvocato non ha ancora fatto i conti con la circostanza che il film si chiami Vendetta: una storia d’amore e che Nicolas Cage non si faccia problemi a giustiziare ragazzetti bifolchi in modi creativi, eliminando anche lui ogni tipo di prova e manipolando i fatti, proprio mentre si svolge il processo.

Chi vincerà? 




Non è molto chiaro come Nicolas Cage sia finito per essere diretto dal regista di orrori da b-movie come Skeletor-Man, al secolo Johnny Martin, ma la sceneggiatura di questo Vendetta: Una storia d’amore è per qualche strano caso del destino divertente e firmata da John Mankiewicz, una bella penna dietro a tv show come House of Cards, The Mentalist, Miami Vice e Doctor House. Non sorprende quindi che il buon Nick abbia fiutato la possibilità di lavorare con lui e al contempo con Don Johnson, con cui ha più più un punto di contatto nel modo di concepire “visceralmente” la recitazione. Quando i due attori interagiscono fra di loro vanno entrambi in un minuto in over-acting (come solo loro sanno fare) e davvero c’è da tirare fuori i pop-corn. Sguardi da matto, urlacci, frasi ad effetto, l’auto-convincersi di matrice stalloniana: “Tu sei il male e io sono la cura. Pare che nella scontro tirino fuori la loro aura come i personaggi dei cartoni giapponesi e se ne vuole ancora di più, magari si sognano dieci sequel in cui i due incomincino a volare e lanciarsi fulmini dagli oggi. Cage decide per il suo personaggio di essere in modalità “punitore della Marvel” (ma quanto sarebbe bello un Punisher con protagonista Nick Cage? Io la butto lì…), tutto sguardi truci e pistolettate in faccia, mai frasi con più di cinque parole. Johnson pare tipo uno di quei preti americani che fanno gli esorcismi pubblici, parlano a manetta e iniziano a cantare con dietro un coro gospel. È avvolto da un’aria messianica, si sente ascetico ma anche per lo sguardo da furbetto e i baffoni da cantante country appare totalmente kitch e fasullo. Magnifici e amabilmente contraddittori nel personale modo di “girare la giustizia” dalla loro parte, i personaggi di Cage e Johnson rendono la pellicola al contempo un legal-thriller che non va da nessuna parte in ambito “legal” (perché solo uno fa l’avvocato) e un revenge movie che sembra un po’ ingiustificatamente “revenge” (perché solo uno fa il detective e di fatto non ha alcuna certezza delle prove). È “tutto rotto” e così cosparso di questa chimica malsana (amabilissima) tra i due protagonisti che Revenge: una storia d’amore (ma quanto è surreale anche solo questo titolo?) arriva ad essere un guilty pleasure pure niente male. Un film da “scazzo” in cui si tifa a chi è più matto, ambientato in una provincia americana da vera cartolina (ma quanto è bello il paesaggio delle Cascate del Niagara?) ma bigotta quanto sarcastica, in cui tutto il cast di personaggi sembra un po’ essere uscito da un fumetto per adulti stile Preacher di Ennis. I tre ragazzotti sono inspiegabilmente crudeli e minacciano le ragazze pure quando sono imputati in aula, con tutti che guardano dall’altra parte. I parenti degli stessi vogliono che siano almeno assolti perché le spese legali sono costate troppo e chissene cosa hanno fatto. L’avvocato con la moto dei CHipS in missione per conto di Dio e il nostro Cage-Punitore fanno il resto. Nick si diverte un mondo quando può fare il bad guy che gira con una pistola in tasca che estrae compulsivamente come un prolungamento erotico (già lo faceva nel remake de Il cattivo tenente). Quando non più fare il vendicatore tutte le sinapsi del suo volto si scatenano in una infinita serie di faccette cattive e lombrosiane, come accade in tutte le scene quando deve stare tra il pubblico nelle sedute del tribunale. Quando “Vendetta” deve raccontare di più che è pure “una storia d’amore”, Cage riesce a trovare una buona sintonia con la piccola Bateman, l’unica attrice (e pure brava) che dà un po’ di credibilità alla vicenda. Il loro rapporto è molto tenero mentre purtroppo non scatta “una storia d’amore” né con la Unger né con la Hutchison, entrambe comunque sempre bellissime, ma che rimangono purtroppo un po’ sullo sfondo, solo accennate e quasi angelicate oltre il necessario. Si poteva giocare di chiaroscuri, seguendo un paio di intuizioni narrative che emergono dalle prime scene in cui compare la Hutchison, ma la pellicola non vuole in alcun modo andare in quella direzione e diventare qualcosa di più profondo di un generico “buzzurri vs brave ragazze”. 

Vendetta: Una storia d’amore è un piccolo e assurdo filmetto in cui Cage spara ai bifolchi e Johnson si veste come un predicatore esorcista americano. Pur nell’impegno profuso dal cast femminile per dare un po’ di credibilità dall’intreccio, la pellicola si ammanta di continuo di amabili fesserie ed esagerazioni che ne fanno un fumettaccio compiaciuto quanto godibile. Divertente quanto consciamente surreale e sopra le righe. Don Johnson e Cage devono di nuovo incontrarsi sullo schermo. Ne va del futuro del mondo dell’intrattenimento mondiale e ovviamente non stiamo scherzando. 

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