domenica 19 maggio 2019

John Wick 3: Parabellum



Sinossi: in un mondo parallelo al nostro dove la violenza è accettata e istituzionalizzata esistono assassini che vivono come star della TV, famosi e stimati come gladiatori moderni. John Wick, il "Baba Yaga", "l'uomo nero", il più terribile dei killer (Keanu Reeves) aveva deposto le armi e la sua brama di sangue per ritrarsi a vita privata. Ma quella forza quasi mistica non poteva certo placarsi facilmente ed è bastata una goccia per risvegliare il demone che si riteneva ormai sepolto dentro un uomo dallo sguardo triste. Il ciclo di morte frutto delle elaborate danze di sangue di Baba Yaga era ripreso, in un turbinio di lame e pistole, anche se il lato umano nell'ultimo periodo emerso da quella strana creatura lo aveva fatto percepire agli altri come debole, manipolabile, pronto da sottomettere e ricattare. Un grave errore di valutazione di pochi uomini ambiziosi in grado di sgretolare e distruggere tutto il piccolo mondo parallelo in cui vivono. La precedente pellicola si chiudeva con tutto il mondo in caccia, per soldi, della testa dell'uomo nero. Il killer aveva violato le sacre regole dell'albergo/rifugio Continental, il direttore Winston (Ian McShane) aveva concesso un'ora di tempo a John per scappare prima di mettere sopra di lui la più grossa taglia di sempre. Sembrava questione di minuti, il fatto di abbattere un piccolo uomo che in virtù delle regole violata non poteva più disporre dei privilegi dei vip-killer: cure, armi e rifugi. Ma tutti si erano dimenticati del fatto che quel piccolo uomo un tempo era soprannominato Baba Yaga.


Cardio-action-comics-movie: si fa sempre più astratto e supereroistico il piccolo e sgargiante mondo action-criminale nato quasi per caso dalla pellicola low- budget realizzata dalla coppia di registi stunt-man Chad Stahelski e David Leitch, nuovi re Mida dell'action moderno (insieme al sodale Tim Miller) con ora a curriculum oltre ai John Wick, robetta come Atomica Bionda, Deadpool, il nuovo spin-off di Fast'n'furious e presto, forse, il rilancio di Highlander. In queste teste matte rivive tutta la follia della anarchica coppia Neveldine/Taylor negli anni 2006/2012, ma forse con meno atteggiamenti interpersonali stile Oasis e una progettualità più solida e "solidale". Una follia nobilitata anche da interpreti, ricordiamo Rainolds, la Theron e Reeves (ma anche The rock e Statham non sono da meno) che si sono buttati nei loro action con tutto il corpo e la testa, scommettendo sugli stunt in prima persona e sulla preparazione fisica. In un mondo dove Daniel Craig si rompe una gamba facendo una corsetta leggera nella produzione del prossimo Bond, attori anche premi Oscar che si riempiono di lividi buttandosi dai palazzi per un action commuovono e fanno lacrimare i bulbi dello scrivente. E Keanu Reeves commuove per quanto "ci crede", per quanto si impegna fisicamente nelle arti marziali e scommette sul carisma di un personaggio che ormai, sveliamolo, punta senza troppa vergogna a essere un'immagine alternativa del Neo di Matrix, quanto lo è Violence Jack per Devilman (mi scuso con tutti quelli che non sono fan delle opere di Go Nagai e che quindi non hanno davvero capito questa metafora). Perché ormai siamo "a quel punto" con questa pellicola numero 3 di "n" pellicole future già programmate (non si parla quindi di trilogia in questo caso), al punto in cui per sopravvivere la trama si deve evolvere ancora su qualcosa di scala più vasta. Dopo che John Wick ci ha presentato un mondo con proprie regole, propri luoghi di potere, propria moneta, proprie classi sociali, arriviamo anche alla conferma di una peculiare "religione" e "fisica dei corpi". Tipo che assume un senso il fatto che Wick dopo aver steso un avversario si premuri di "sparargli alla testa", come se fosse quello l'unico modo di "uccidere davvero qualcuno" senza che possa essere curato, "sconnettendolo neuralmente" dal mondo di John Wick. Siamo davvero "a tanto così" da Matrix, e non solo per un paio di citazioni gustose e la presenza nel cast anche di Lawrence Fishburne. Il personaggio di Asia Kate Dillon ricopre un ruolo che se sarà sviluppato in un certo senso non sarà troppo dissimile da quello dell'agente Smith di Hugo Weaving. Tra le dune del deserto, potrebbe nascondersi anche una specie di "architetto". È un gioco infinito di rimandi, che bene si appoggia per la profondità di analisi e suggestioni filosofiche annesse alla nostra memoria storica legata alle opere delle sorelle Wachowski, ma è un gioco che funziona. Una trama che come sempre pare uscita da un lavoro a fumetti di Brian Azzarello, la scenografia sontuosa, gli abiti firmati e le macchine veloci, permettono alla nuova pellicola di Stahelski di essere quello che ha sempre voluto rappresentare al meglio: uno showcase esaltante di arti e artisti marziali intenti a fare al meglio il loro lavoro, forniti di tutto l'arsenale che potrebbe sognare un feticista di lame e pistole. Tra il kung-fu della Hong Kong classica degli Shao Brothers alle sue "evoluzioni moderne, il "gun-fu"e "car-fu" della Hong Kong di John Woo. Con un occhio alle arti indonesiane del "vate" Gareth Evans e senza dimenticare la esecuzione fulminea di lame e le lacrime dei Twilight Samurai di Yamada (c'è pure un piccolo ruolo per Hiroyuki Sanada) e del Freeman di Koike/Ikegami portato su schermo da Gans. Forme marziali che da sole rappresentano universi interiori, come le spade che forgiano l'essenza del samurai. Non è un caso che nel "pacchetto John Wick 3" ci siano persone legate alle loro armi quanto ai loro ruoli. Come il grande Yayan "Mad Dog" Ruhian armato dei suoi cari Karambit a mezza luna, visti tra gli altri in The Raid. Come Mark Decascos che si affida ad una katana da samuari, che di recente ha impugnato anche per il videogame For Honor. Non è un caso che alle arti marziali si alternino, con pari attenzione per l'esecuzione quanto per le ecchimosi frutto della dura pratica, i balletti classici della tradizione del Bolshoi. John Wick, ancora di più in questo terzo film, è una sinfonia di corpi danzanti coperti di ferite e sudori mossi al ritmo incalzante di un musical. Nessuno si risparmia, tutti si impegnano per uno spettacolo che non lascia fiato e riempie di pugni e calci ogni minuto. Reeves dal primo al terzo film è più veloce, più competente, più aggraziato nell'uso anche delle armi più strane. Non è un caso che al posto di quadri e scultore il mondo di Wick esponga alle pareti pistole, armature e coltelli e qualsiasi cosa (anche gli animali!!) possa di fatto essere usata e venga usata come arma. Le bocche di fuoco preferite dalla pellicola sono le armi a ricarica, i nemici senza volto della parte finale hanno corpetti anti-proiettile così pesanti da sembrare armature medioevali. 


- Conclusione: John Wick 3 è l'apoteosi feticistica del film di genere action. Che amiate i film di calci e pugni, pistole, inseguimenti e spadate, qui trovate davvero di tutto e in proporzioni generose. Uno spettacolo di acrobati eseguito con passione, tecnica e amore e abbastanza stile nella confezione da sembrare raffinato come cinema mainstream. Il composto Lance Reddick (lo vedrei bene in un film di James Ivory), il sornione e luciferino Ian McShane, la divina Anjelica Huston (qui davvero straordinaria), il sempre più matto e lunare Fishburne (quasi un umano gatto di Cheshire), la sensuale Halle Berry e l'androgina, eterea Asia Kate Dillon (brava, quasi una novella Tilda Swinton!!) donano, con la loro bravura, ulteriore credibilità al contesto. Reeves alla fine di questa pellicola, con un colpo di scena potente quanto surreale, spalanca le porte alle future iterazioni di quello che ormai è un franchise di successo. Se siete spettatori sensibili e non amate una rappresentazione, pur così parodisticamente/innocuamente "esagerata" della violenza, è decisamente un film da evitare. Così come è da evitare se cercate qualcosa che per profondità vada oltre a un magnifico fumetto colorato di supereroi o simili. Non si può pretendere Shakespeare da persone intente a danzare come forsennati per due ore filate, godetevi il balletto e portate i popcorn. 
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