martedì 11 settembre 2018

Origin di Dan Brown - la nostra recensione



Il professor Robert Langdon (che nella mia testa non assomiglia per niente a Tom Hanks con un brutto parrucchino in testa, ma piuttosto a un Lima Neeson cazzuto primi anni 2000) è di nuovo in circolazione, insieme al suo inseparabile orologio da polso di Topolino, in giro per il mondo a fare turismo action, a metà strada tra 007 e Piero Angela (che è molto più action del figlio Alberto, raccomandato e antipatico). La meta della nuova avventura è il museo di arte moderna Guggenheim di Bilbao, dove un suo ex studente, un genio dell'informatica più figo, ricco e famoso di Steve Jobs, lo ha invitato per un evento esclusivo in cui riferirà al mondo di una sua epocale, straordinaria rivelazione scientifica, qualcosa in grado di cambiare per sempre la percezione della storia passata, presente e moderna,  rispondendo a domande secolari che attanagliano l'uomo, nelle millenarie notti più insonni, come "da dove veniamo?" e "dove andiamo?". Il genietto è uno che non scherza, uno che fa i soldi, capisce di spread ed economia, conosce la Tailandia e legge probabilmente Martin Mystere. È uno che conosce tutto ed è esperto di tutto, uno le cui previsioni sul futuro dell'umanità si sono sempre rivelate vere (anche se Dan Brown non ci spiega cosa abbia mai rivelato di particolarmente eclatante per l'umanità). Uno insomma che, per tutto quanto sopra esposto, risulta da subito al lettore medio così antipatico e spocchioso che quando muore malissimo, dopo le prime pagine del romanzo, a causa di un misterioso attentato, provvidenzialmente orchestrato prima della fantomatica rivelazione al mondo, alla fine non ci frega nulla. Ma a Robert Langdon, il nostro amato turista/action che nell'ultimo libro ci ha convinto che è tipico nella mattina del 2015 a Firenze intrattenersi con lampredotto e caffè, frega. Certo come sempre "frega quanto basta", perché nella sua caccia alla verità nascosta dell'amico sulle strade di mezza Spagna si perderà come suo solito a contemplare la bellezza di ogni chiesa/quadro/scultura/piastrella che incontrerà lungo il suo cammino, soffermandosi soprattutto su roba che non serve a una minchia per la storia. Storia di stampo prettamente internettiano/gossipparo/social/proto-fantascientifico che alla fine dei conti Dan Brown affronta con la verve e agilità di un ottantenne che scopre nel 2018 l'esistenza di internet. Non mancano comunque spunti interessanti e ribaltamenti di trama che alla fine, bisogna dargli merito, rendono la storiella nemmeno così banale. Ci si diverte nella lettura? Un po', ma per lo più ci si rompe le palle. Tutto l'intreccio si focalizza sul recuperare e divulgare il fantomatico "annuncio rivoluzionario per la storia dell'umanità", con continue situazioni create ad hoc per ritardarne lo svelamento che nella maggior parte dei casi paiono artificiali e forzate fino al ridicolo. E mentre il lettore si irrita sempre di più davanti alla pochezza con cui la matassa è gestita, Brown senza pietà infarcisce di descrizioni pittoriche, citazioni letterarie, aneddoti divertenti sul simbolismo e sulla vita dei professori di Harvard. Inutile anticipare, pur non rivelando alcunché, che infine saremo anche noi a conoscenza della "straordinaria scoperta scientifica definitiva sulla storia dell'umanità", ricavata dallo scrittore sulla scorta di autorevoli studi scientifici reali e bla bla bla, che arriverà al lettore tra le ultime pagine di un tomo infinito. Pur non aspettandoci chissà cosa, il libro su questo ruota, un po' di curiosità sale e l'astio per Dan Brown si paleserà inevitabile quando la rivelazione si mostrerà come la più strabiliante e banale cagatina immaginabile. Ed è qui che Dan Brown ha un colpo da maestro e sposta in Focus narrativo su un nuovo punto di vista che riesce incredibilmente a salvare il salvabile e chiudere dignitosamente il volume.
Dan Brown è lettura da ombrellone e riesce in pieno anche in questo volume, forse non il suo più riuscito, a intrattenere tra inseguimenti e chicche sul mondo dell'arte. Come per altri sui libri, fa venir voglia di andare a vedere di persona le opere d'arte che Langdon incontra durante le sue avventure, assaporare i profumi dei luoghi e immergersi tra il brusio della folla. Anche per chi non può permettersi di viaggiare e di è fatto l'estate a casa, i libri di Dan Brown sono un interessante palliativo e riescono in qualche modo a trasmettere la sensazione di trovarsi in gita per il mondo, seguendo insieme al solito gruppo di immancabili giapponesi una guida simpatica e affascinante, in grado di tenerci svegli con qualche fuoco d'artificio. Oltre non si va, ma se vi siete divertiti con gli altri libri di Dan Brown questo sarà sicuramente capace di intrattenervi.
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