venerdì 3 agosto 2018

La bella e le bestie: la nostra recensione del film di Kaouther Ben Hania



 La timida Myriam (Mariam Al Ferjani) incontra il misterioso Youssef (Ghanem Zrelli) a una festa, sotto le luci psichedeliche e la musica disco di una calda estate turca. È subito intesa, anche perché la ragazza indossa un vestito sbriluccicante da principessa, prestatole all'ultimo istante da un'amica dopo che il suo abito monacale, da convitto ultra-conservatore, si è accidentalmente strappato. Sembra la favola di cenerentola ma succede qualcosa; qualcuno aggredisce la ragazza, anche lui attirato da quel vestito sbriluccicante. Sono stati dei poliziotti, ci sono andati pesanti, hanno abusato di lei come fosse un oggetto. La ragazza, in lacrime, insieme al suo principe si trova allora in coda, all'accettazione di un ospedale, in cerca della pillola del giorno dopo. Myriam vorrebbe tornare al convitto e dimenticare tutto, sperando che il padre non venga mai a saperlo per evitare la vergogna. Youssef insiste perché lei denunci i poliziotti, facendosi visitare da un medico legale, nell'abusare di lei i poliziotti non hanno nemmeno fatto uso di un preservativo. La ragazza sceglie di denunciarli e inizia per lei un peregrinare kafkiano e crudele tra tutte le istituzioni locali, nessuna delle quali intenzionata ad aiutare una ragazza che dice di essere stata abusata, ma che va in giro con un "indecente" vestito sbriluccicante.


La regista e sceneggiatrice Kaouther Ben Hania, traendo spunto da una storia realmente accaduta, colpisce, e colpisce duro, direttamente al cuore delle istituzioni turche. Lo fa con un film, di denuncia, che risulta potente quanto più la storia riesce a essere universale, lineare e spietata, a metà strada tra la favola e il racconto horror, seguendo nella sua rappresentazione percorsi emotivi cari anche al compianto Wes Craven, avvolgendosi in un paesaggio ostile fatto di strade notturne e uffici pubblici sinistri che amerebbe anche John Carpenter. Non stupirebbe nessuno, e il botteghino ringrazierebbe, se questa stessa vicenda venisse trapiantata in America e affidata alla Blumhouse, potrebbe essere facilmente, senza troppe modifiche, un epigono di un Horror campione di incassi come Get Out - Scappa. C'è la ragazza in pericolo, gli aguzzini che la inseguono durante una notte interminabile, c'è la gente comune che assiste muta, e forse complice, come nelle migliori pellicole di Pupi Avati. Invece è una storia vera, raccontata (e bene) attraverso gli occhi degli attori con il giusto senso di spaesamento, di incredulità e paura, di chi si trova a vivere una situazione che si potrebbe ritenere solo inimmaginabile per la misurata cattiveria e ineluttabilità. Una situazione senza scampo, mossa da un giudizio morale di facciata, quello che "una ragazza che si veste in modo appariscente è una poco di buono e i guai se li cerca", che si fa pesante in quanto spesso fa parte di una serie di pregiudizi che travalicano i confini turchi scenario di questa vicenda. Ma in questo film non c'è solo sgomento e paura, il personaggio di Mariam Al Ferjani è quello una ragazza che da timida e spaventata evolve, si rafforza nonostante tutti i colpi che subisce, diventa quasi eroina e giudice del sistema in cui vive spogliandolo, usandone a suo vantaggio le falle. La bella e le bestie è quindi un film cattivo, spietato, ma anche un film vitale, coraggioso, importante. Se da un lato non è certo il miglior biglietto da visita per delle vacanze estive in Turchia, la regista al contempo ci dimostra come la Turchia sia un paese che sta cercando di cambiare, che lotta per migliorare il ruolo della donna. Un paese pieno di persone forti come la protagonista della storia vera da cui è tratta la sceneggiatura, l'eroina di un "film horror" per la quale non possiamo che parteggiare dal primo all'ultimo minuto.
Cercate La bella e le bestie nei caldi cinema estivi se siete alla ricerca di una pellicola che sappia darvi qualche brivido senza tirare in ballo sette, diavoli o notti del giudizio. La realtà spesso fa davvero paura. 
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