lunedì 30 luglio 2018

Mr. Long - la nostra recensione




Mr Long (l'attore Chang Chen) è il killer più elegante, letale e silenzioso di Taiwan, un autentico ballerino mortale armato di un coltello che muove con grazia implacabile, veloce, coreograficamente appagante. Il coltello però non è per lui solo un'arma, ma anche un chirurgico e preciso strumento per la cucina, la sua vera passione. Mr Long è il samurai dell'arte dei miracle blades dello chef Tony.  Dopo aver sbudellato da solo una decina di malavitosi dipingendo con i cadaveri in un lurido sotterraneo un dignitosissimo Pollock, Long si dedica al vero amore: la creazione e farcitura a mano dei ravioli al vapore, dall'impasto alla tavola, con tutta la virile sapienza di dosare i tempi di cottura, aggiustare i sapori con gli aromi, godendo dei risultati senza quasi mutare mai espressione (che è da poracci), ascetico e corrucciato. Long è un uomo che ha scelto lo zen di Carlo Cracco come unica filosofia di vita, parola d'ordine: "ricerca", nel lavoro ai fornelli come nel killeraggio.
A una certa, cucina così bene che sono andato su Tripadvisor a cercare un ristorante taiwanese pensando: "Metti che è genetico, saranno tutti cuochi da paura!!" spoiler: no. 
Mentre mi sale l'acquolina che sarebbe stata poi disillusa, dal film scopro che il nostro cuoco-killer ha un nuovo contratto, che lo spinge fino a Tokyo. Mi pregusto uno scontro tra coltelli con la yakuza locale e poi un duello su chi fa meglio il ramen. E ho ragione. Ma le cose vanno male per il nostro eroe, qualcuno ha forse tradito, la missione non può concludersi, non si trova la farina doppio zero giusta. In un attimo il killer è in un sacco lurido, a rotolare sotto la pioggia, tra il fango di un dirupo, dove finiscono tutti gli eliminati di Masterchef. Però è vivo, è scappato con poco onore e tanta fortuna all'esecuzione finale, è ferito. Da allora vaga nei bassifondi più poveri della città jappa, quelli abitati dagli immigrati, di cui due Taiwanesi come lui, per ricalcare la trama di Balla coi lupi. È qui che incontra il piccolo Jun (Bai Runyin), un orfano di origine taiwanese che senza dire una parola gli porta dei vestiti puliti, delle verdure e infine la mamma gnocca. Mica male il piccolo Jun. E mentre l'uomo si nasconde nei resti diroccati di una casa, ha tempo pure di disintossicare la mamma di Jun per renderla una donna onorata e di instradare il piccolo al lavoro minorile come suo assistente cuoco. Tra il bimbo e il cuoco-killer nasce un legame speciale e la capacità di Long di creare delle pietanze gustose con gli elementi più poveri, attira presto l'attenzione della piccola comunità dei sobborghi (tutti jappi tranne due), che decide di testa sua di farne un venditore ambulante di ramen. Tra un impasto gestito come un sacco da kung fu e una ristrutturazione di casa diroccata (che Long dirige con il suo puro carisma mentre gli altri lavorano), tra lunghi silenzi zen e sguardi languidi rivolti corrucciati al domani avverso (o forse tutto questo è dovuto al fatto che non ha ancora capito una sola parola dell'idioma jappo e i due coreani che ha intorno non aiutano), Long sta forse cambiando per sempre la sua vita, senza che se ne renda davvero conto. E magari sogna di farlo al fianco di Lily (Yao Yiti), la madre di Jun. E magari confida in Jun, che come spinge il suo pesante carrello di venditore di ramen ambulante ha una passione che i bamboccioni si sognano. Ma il volto di Long non tradisce alcuna emozione, l'occhio è sempre vigile e i riflessi pronti a esplodere. Il taiwanese è guardingo, chiuso in se stesso, pronto a prendere una nave che lo riporterà forse alla sua vecchia vita. Quale strada sceglierà? 


Sabu (da non confondere con Nobu, oltre che regista eccelso e attore di culto, per chi ama gli anime tradotti in live-action è stato anche in World Apartment Horror e in Ichi the Killer), confeziona con maestria un'opera molto potente, piena di eleganza,di cuore e di cibo da paura. Ma la cosa davvero bella è che Chang Chen e il piccolo Bai ricordano per bravura e naturalezza, in modo sorprendente, "Beat"  Takeshi  (il soprannome  "da attore" di Takeshi Kitano) e Yusuke Sekiguchi in L'estate di Kikujiro. Un rapporto fatto di silenzi, rispetto, gesti ripetuti per mimesi, che scaldano il cuore, che definisce più di mille parole un legame padre - figlio "scoperto per caso", che anima di luce anche le scenografie più truci e decadenti della pellicola. E Chen è simile a Kitano anche per come interpreta il suo classico "gangster", con il fare sornione e lunare, con l'andatura un po' strana, con i movimenti fulminei spesso abbinati ad azioni esagerate e splatter, con il mood di Buster Keaton. Un samurai moderno retto da un codice comportamentale ferreo (anche i combattimenti presenti nel film sono di fatto degli scontri tra samurai, quasi anacronistici, ma per questo epici). Mr.Long non è però una copia di Otomo, Aniki, Uehara o degli altri killer di Kitano (che sul lato "food" peraltro preferiscono pescare più che cucinare... salvo quella scena di Outrage Beyond dove lo yakuza Otomo di Kitano si diletta di Ramen... condendo i tagliolini in brodo  di dita mozzate...) perché sul volto imperscrutabile di Chen sembra in atto una continua esplosione di emozioni trattenute, diverse per intensità dal "tic emozionale" che sembra ogni tanto "animare Kitano".  Una "vitalità nervosa" che qualche sentimento lo tradisce. Se i killer di Kitano (l'ultimo, Otomo, protagonista della recente serie Outrage) sono maschere disincantate di uomini distrutti dalla vita in attesa di una grande morte in combattimento, il killer di Chen è ancora acerbo e forse può sognare un futuro diverso. Chen gestisce bene, dosando al meglio, i sentimenti del suo killer, confermando una bravura già vista nei suoi film di Wong Kar Wai. Nel killer di Chen c'è quindi molto Kitano ma anche molto di Sabu stesso, vedi per esempio la sua prova d'attore in Usagi Drop... ma forse mi sto dilungando. 


Anche  se la piccola epopea di Mr. Long si annida in luoghi disperati, la sua storia è piena di cuore e il cast dei comprimari aiuta bene dell'amalgamare "le portate" del film di Sabu. Tutte gustose e speziate come si conviene. Come in tutti gli yakuza movie di ispirazione "kitanesca" c'è azione fulminane e spietata (quasi splatter alla Tak Sakaguchi ogni tanto), c'è tragedia, c'è melodramma, ma c'è spazio anche e soprattutto per la dimensione umana, che comprende anche l'umorismo, la gentilezza e introspezione. E poi c'è il cibo, visto come lusso ma anche come forza vitale. Cibo esplorato a 360 gradi. Le zuppe di verdura più povere, raccolte direttamente dalla terra in strappo, rubate, che con i loro vapori e bolle d'acqua in ebollizione riscaldano i luoghi più freddi e derelitti della città bassa. Il ramen, cibo di tutti i giorni, la cui lavorazione e vendita è quasi una lotta fatta di muscoli tesi e fatica (e dire che Jackie Chan in Mister nice guy faceva dei ramen leggeri, eleganti, coreografici... Chen qui invece ci fa la lotta, da quando tira l'impasto a quando trascina il carrello da ambulante sulle salite della piccola città). I ravioli di carne, cibo più raffinato, trattati nella lavorazione con eleganza chirurgica e con una ritualità quasi religiosa, preservando la carne senza manipolarla, avvolgendola nell'impasto con l'attenzione di un trapianto di cuore. Il film di Sabu è profondamente un film sulla cultura del cibo e sulla sua funzione sociale. Mr. Long è un film che funziona in tutti i suoi livelli, che sa conquistare per la coolness del protagonista, che sorprende per le scene d'azione fulminee e spietate, che sa far ridere quanto piangere, che fa riflettere. Un menù completo e succulento che va forse a perdersi nella programmazione estiva e che quindi va scovato sui cartelloni. Se amate il cinema orientale è da non perdere. È una bella scoperta e la scoperta è ancora più ghiotta se prima non conoscevate Sabu (cercate Happiness, magari) un regista da tenere seriamente d'occhio. E chissà se anche Chang Chen riuscirà nei nostri lidi a mietere qualche cuore (se vi innamorate, potete vedere nel nostro idioma con Chang Chen, non sempre protagonista, anche Happy Together, Eros, Soffio, 2046, The grand Master, Red Cliff, The assassin, La tigre e il dragone... la scelta è ricca). Buon appetito. 
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