sabato 3 dicembre 2016

Dylan Dog n.362 : Dopo un lungo silenzio




Mini-sinossi: 
Dylan Dog ha un nuovo cliente, Owen, un uomo che crede di vedere la propria moglie, deceduta da tempo, nella sua casa, seduta sulla sedia del soggiorno. Una presenza amica ma con la quale non riesce a parlare. Un'immagine di un passato felice che crede di riuscire meglio a vedere se aiutato con l'alcol. Anche Dylan torna a pensare al bere. E' passato tanto tempo, ormai non può che essere guarito da quella dipendenza che lo ha afflitto per anni e un bicchiere ogni tanto, in fondo, che male può fare? Così l'indagatore dell'incubo si sottopone allo stesso trattamento del suo cliente, sceglie una lente liquida per definire le cose, fino a che sembra anche a lui di scorgere sulla sedia di quel salotto una figura femminile. Un'apparizione che  diventa l'unico fantasma al mondo. Perché di colpo anche la medium più potente di Londra, madame Trelkovski (accompagnata da due meravigliosi ghost hunters moderni che ricordano in tutto e per tutto i mitici Tucker e Specs di Insidious) ammette candidamente a Dylan che se i fantasmi sono mai esistiti, lei non ne ha mai visti. Perché le storie sono un conto, ma la realtà è chirurgia applicata ai sentimenti e dove non vi è evidenza manca ogni tipo di magia, e l'uomo è solo una montagnola di cenere dispersa nell'universo. Ma sarà davvero così? Come ha fatto a diventare così strano il mondo di Dylan Dog?
- l'ho letto appena è uscito, l'ho divorato, ho pianto. 
E' un numero epocale. Ho scritto e riscritto questa recensione più volte senza riuscire mai a cogliere bene il succo, perdendomi via in ragionamenti astrusi e non richiesti. Cose che non servivano perché questo numero è perfetto, rotondo, sviluppa un messaggio chiaro quanto sofferto ed è la prova dell'immensa generosità del suo autore, Sclavi, che qui si mette davvero a nudo come uomo e come artista. C'è un demone, un unico demone in un mondo in cui tutto il soprannaturale è scomparso di colpo. Ed è il demone della dipendenza dell'alcol, che torna nella vita di Dylan per sconvolgerla e impossessarmene. E' una storia cruda e senza lieto fine, una storia vera per le milioni di persone che ogni giorno cadono nelle dipendenze. Non c'è una sola parola da aggiungere che non sia ridondante, Sclavi scrive secco come una mannaia del bisogno del bere che diventa condanna, di come si presenti dolcemente come un vecchio amico e di come torni a incatenare le sue vittime, di come spesso sembri uno sforzo sovrumano e inutile liberarsi di lui. A dare forza alle sue parole interviene un Casertano straordinario, con disegni che bucano letteralmente la tavola ficcandosi dritti nei nostri incubi. Come una torma di pipistrelli che ci schizzano in faccia dopo essere usciti dalla bocca deforme di un fantasma. Bravi tutti. Un numero che rimarrà di sicuro agli annali anche se la storia è in fondo semplice, anche se non ci sono particolari colpi di scena. Queste storie ha cuore e disperazione tatuati sulle sue pagine, che per parafrasare Shakespeare diventano stoffa per incubi. Non voglio dilungarmi troppo.  Per chi lo ha perso è già uscita una bellissima edizione in grande formato da fumetteria, imperdibile. Ne vale la pena. E' un'occasione, rara, di avere tra le mani un fumetto in grado di guardarci negli occhi e farci sentire a disagio come lettori di fumetti, come sognatori del paranormale, come uomini. Grazie Tiziano. 
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3 commenti:

  1. D'accordissimo: un episodio come non se ne vedevano da tempo.
    E' l'essenza stessa di Dyd, è il Dyd del 1986.

    Moz-

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  2. Un signor fumetto che non leggevo da tempo...

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  3. In effetti scrivere una recensione non è proprio possibile...

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