giovedì 20 novembre 2014

Snowpiercer - la nostra recensione dell'home video!



Due parole sulla trama: 2031. Un innovativo esperimento scientifico per abbassare il riscaldamento globale è andato troppo bene. Di conseguenza invece di un ritrovato refrigerio la Terra ha subito una specie di nuova glaciazione. La popolazione mondiale è stata sterminata e i pochi sopravvissuti stanno su di un futuristico treno ultra-veloce, che cerca di stare sempre a contatto della luce solare per evitare l'assideramento dei suoi viaggiatori. La macchina, creato da una specie di Bruce Wayne pazzo, è dotata di congegni all'avanguardia che permettono il ripristino costante di cibo e d'acqua. Ci sono all'interno delle serre per frutta e verdura, animali, una maxi cucina alla Gordon Ramsey che sforna barrette energetiche new age. A viverci si vive, ci sono scuole, un barlume di ordine pubblico, addetti alla manutenzione, letti a castello per tutti. Volendo ci stanno pure le piscine, discoteche, pub fighetti, ma sono strutture esclusive per i più ricchi, quelli che stanno più vicino alla locomotiva, i cosiddetti passeggeri di prima classe. Però come cantava De Gregori non tutti, come sul Titanic, stanno in prima classe. E gli scossoni se li beccano sempre quelli che viaggiano più scomodi.



Così, più ci si avvicina alla coda del treno, più la povertà aumenta, fino ad arrivare a livelli pazzeschi.
Siccome l'uomo è per sua natura stronzo, con gli anni si acutizzano sempre più gli status di ricchi e poveri. I primi, invasatissimi, iniziano a venerare il culto della divina locomotiva e a sentirsi eletti nel prendere a calci i poveri. I secondi, straincazzati, cercano un modo per rovesciare la sorte e non dover più mangiare, tutti i giorni, pranzo e cena, una specie di parallelepipedo marrone. Le rivolte popolari, piuttosto sanguinose, non mancano. Il supertreno negli anni ha addirittura una propria "storia" dei conflitti bellici interni, illustrata da un pittore locale su pezzetti di stoffa, puro artigianato post-apocalittico. Dopo tanto patire sembra però che dalla classe dei reietti sia pronto a emergere un nuovo leader carismatico, con tanto di basco, barba e le hit di Daniele Silvestri sempre a palla nello stereo. Si chiama Curtis (Chris Evans, attore che dopo Captain America e La casa nel bosco amiamo alla follia), ha un vice combattivo (Jamie Bell, che da Billy Elliot non sbaglia una parte, bravissimo), una guida spirituale (John Hurt,sempre  gigantesco) e ha appena trovato un coreano pazzo  e impasticcato (Song Kangho, non a caso il "pazzo", il personaggio più figo de Il buono, il matto e il cattivo) in grado di aprire le porte elettroniche che portano verso le carrozze di testa. In cambio il coreano vuole bamba e bamba nella miseria non manca mai. A sbarrargli la strada e far incazzare una popolazione stremata dalle angherie della classe "ricca", una arpia fatta e finita, invasata e squallida, disturbante anche solo nel trucco (Tilda Swinton, altra attrice eccezionale, che qui la costumista fa sembrare, un po' come tutti i "ricchi", uscita direttamente dalla capitale di Hunger Games), che ama fare predicozzi mentre tortura la gente. Al suo seguito ci sono una marea di guardie pesantemente armate e pompate. Solo che con anni e anni di massacri i fucili degli aguzzini potrebbero aver pure finito le munizioni. E qui il geniale piano di Curtis. Se si fa a botte alla vecchia maniera può essere che la ribellione possa pure farcela. Ma chi ha detto che non ci siano in giro anche efficacissime armi da taglio? Ma chi ha detto che sia poi così bello arrivare in testa al treno?


Il metaforone a rotaie: il regista coreano Bong Joon Ho, già autore dell'ottimo monster-movie The Host (ora un casino da trovare perché fuori catalogo e omonimo del fantascientifico dell'autrice di Twilight), dirige un cast stellare, solido, compatto e meravigliosamente in parte, in una pellicola fantascientifico-sociale basata su un fumetto francese degli anni '80. Una coproduzione stranissima franco-coreana-americana, che ha stanziato anche un discreto budget per l'operazione.
Le parole d'ordine sono spettacolarità e alto tasso di sospensione dell'incredulità.
Spettacolarità perché il film è tutto girato su questo assurdo treno fantascientifico che corre tra distese di ghiaccio, tunnel e ponti a strapiombo, allestito come un piccolo mondo. Infiniti corridoi, carrucole, ingranaggi dove un sacco di gente piange, si incazza e si mena, con il rischio di assiderarsi se finisce fuori da un finestrino. Una lunga serie di sequenze action girate in modo originale e appagante, meravigliosi scenari da steam-punk, costumi anni cinquanta, sguardi pazzi, "filmati d'epoca educational stra-razzisti", che rimandano a videogame moderni come Bioshock. Una scena surreale da brivido nel vagone scuola. La pellicola appaga lo sguardo e non dà tregua, gioca a essere squisitamente scorretta capovolgendo ruoli e personaggi.
Poi c'è la questione dell'alto tasso di incredulità. Come capita in molti film di fantascienza, per poter godere pienamente dell'atmosfera del prodotto bisogna accettare il "mondo della pellicola" senza farsi troppe domande. In Demolition Man ci si chiedeva: "Ma cosa c'è fuori San Angeles?". Il Elysium ci si chiedeva: "Ma esiste solo Detroit?" (per me no, semplicemente Detroit aveva sopra di sé un satellite, ma potevano essercene altri in altre parti del mondo, quello era il satellite dei "padroni della nuova General-Motors"). Ne Il mondo dei replicanti: "Ma il costruttore dei robot abita a tre minuti dal protagonista?". Tutte domande legittime ma che non hanno senso in quanto in tutte queste pellicole si parla di luoghi-non luoghi, sostanzialmente delle metafore sociali chiuse a tenuta stagna. Mondi che stanno in piccole palle di vetro come Dellamorte Dellamore di Soavi ci insegnava.


Così anche il treno è una metafora, rappresenta l'ingranaggio perfetto dell'ottusità dell'uomo, la sua spinta alla costante distruzione della natura e propria autodistruzione.
Non stiamo a domandarci chi assesti i binari sotto il ghiaccio (e ve lo dice uno che d'inverno ha vicino a casa la ferrovia e sente tutta notte gli addetti che sistemano i binari per via del ghiaccio). Godiamoci la metaforona! Il treno rappresenta l'orizzontale, retta, ottusa, cieca volontà-ostinazione nel rifiutare una qualsiasi possibilità di muoversi al di fuori del "binari" dei giochi di potere. Autentici paraocchi.  Al punto che, emblematicamente, nessuno guarda mai fuori dai finestrini di questo treno per vedere se l'apocalisse di ghiaccio stia cambiando o meno. Tutti politici, zero scienziati. Tutti vogliono in qualche modo rimanere ancorati al treno-società, diventarne quasi un ingranaggio, ibrido carne-metallo, come avveniva nel bellissimo Galaxy Express 999 di Matsumoto. Guarda caso un altro mondo visto dai finestrini di un treno, che pescava diretto dal mito-utopia della industrializzazione selvaggia per smascherare i limiti di un'umanità ancora arretrata, brutale, ancorata al far west. Tutti che vogliono starci su questo treno. Anche quando si rendono conto che mangiano cose rivoltanti, tutti che dicono: "No dai, in fondo non è così male quando ti ci abitui". Tutti che stanno a sbudellarsi per il dominio di pochi metri quadrati dove si vive malissimo, tra rabbia e paranoia. Tutti in qualche modo marionette di un sistema che ne comprende esigenze e limiti per gestire al meglio le loro pulsioni. Snowpiercer è un film fortemente politico, come Elysium, District 9, Essi Vivono e, perché no, Demolition Man. Tutti film "di genere", che non vinceranno mai un oscar, che non offrono mai soluzioni particolarmente sensate  ma che cercano di dire qualcosa, al di là di una buona matassa action di base.


Finalmente lo vedo: Con questo film è stato un grande inseguimento. Ci ho messo un po', ma ce l'ho fatta, oggi. Appena uscito al cinema in Svizzera ho sperato di vederlo un sabato. Obiettivo fallito. Non avevo ancora capito bene il cast degli attori e la produzione, mi ero fermato al "nuovo film di Bong Joon Ho" e ho pensato di vederlo al Far East Film Festival di Udine. Dove ovviamente non è arrivato mai perché non è propriamente un film "asiatico al 100%". Volevo leggere il fumetto ma era troppo sbattimento recuperarlo, l'avevano ristampato per l'occasione ma quando capitavo in fumetteria era sempre finito e io sempre mi dimenticavo di farmelo tenere da parte, fino a che me ne sono dimenticato del tutto.  Ho provato a cercarlo in sala quando l'hanno distribuito ufficialmente in Italia, ma i classici drammi organizzativi, lavoro, sfiga me lo hanno impedito. Volevo vederlo in home video ma ho letto che la versione era fallata, anche se Koch Media gentilmente sostituiva tutto, velocemente e gratuitamente, tramite loro servizio interno. Ora è tutto Ok, ci sono le copie nuove ma se vi capita una vecchia nel caso chiamate Koch media che sono gentili. Alla fine l'ho visto, la mia copia era perfetta. Dicono, siti molto più autorevoli di questo,  che le copie due dischi blu ray con codice 4 020628863258 non dovrebbero dare grane e sono le copie "nuove" che ora vengono stampate.
Come avrete intuito, il film mi è piaciuto parecchio. 
Belle le scenografie, bravi gli attori, divertenti le scene action. La pellicola scorre veloce e regala anche un paio di colpi di scena ben assestati. Ci sono stupende trovate visive che non sto a dirvi per non rovinarvele. Il tono è piuttosto cupo, si gioca molto con lo splatter, ma l'atmosfera è surreale e gioiosamente kitch, quanto un Delicatessen o un Alien-la clonazione, non a caso pellicole che assomigliano molto a fumetti di fantascienza francese. Non mancano echi ai treni dei deportati dei campi di concentramento, tedeschi folli e apparentemente immortali per convinzioni superomistiche, incubi sulla deriva tecnologico-asociale delle nuove generazioni,  trovate eccessive, surreali ed ultra-hippy sulle proprietà della "droga sintetica" per riuscire a "evadere dagli schemi mentali".
Un film ricco, succulento. Anche cattivo e appagante nel suo essere rabbioso, disperato. Da brividi un monologo di Evans sul finale.
Tuttavia un film che non piace a tutti. Forse per un ritmo troppo convulso, per la claustrofobia delle scene, per una eccessiva rappresentazione della violenza, per un finale da interpretare. Ma comunque un film sul quale si possono intavolare belle discussioni.
Positivo.
Bella e completa l'edizione italiana ad opera di Koch Media, una barca di extra. Se conoscete il francese c'è su amazon pure una versione stra-mega-lusso con abbinato il fumetto originale. Il fumetto originale si trova in italiano, in fumetteria su ordinazione. Dicono sia bellino. 
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