venerdì 4 ottobre 2013

Le Storie Vol.12: La pazienza del destino


Testi: Barbato; Disegni: Freghieri

                                         

Hollywood, intorno agli anni '50 (ma non è così chiaro). L'attore Barry Melville è perseguitato, qualcuno sta cercando di farlo fuori per colpa dei troppi scheletri che nasconde nell'armadio. Potrebbe aiutarlo Monroe, un detective privato risoluto, mono-espressivo e imbalsamato. Nella lista dei probabili soggetti malevoli figura la starlet Rose Carlyle, una vecchia fiamma dell'attore malamente abbandonata, ma c'è di più, il disegno è più complesso. Pare proprio che Barry sia caduto nella ragnatela di pericoloso nemico, pronto a tormentarlo lentamente, con pazienza e metodo, fino a farlo impazzire. Un avversario che si dimostra quanto più invisibile. Ma di fatto il detective Monroe ha molta pazienza.
Paola Barbato, che inaugurava Le Storie con il numero 1, chiude con il 12 volume la prima annualità della testata insieme a Giovanni Freghieri, matita storica di Dylan Dog nonché amatissima. Il genere prescelto è chiaramente il noir americano classico e non è difficile identificare nella silouette del detective Monroe i tratti somatici del grande Bogey (come lo chiamava Crepax). Anche la copertina ad opera di Di Gennaro è un omaggio, al celeberrimo dipinto Nighthawks di di Edward Hopper, uno dei massimi capolavori d'arte americana. Devo trovarmi un poster...
La Barbato mette in scena una storia ingarbugliata in cui si avvicendano un gran numero di personaggi spesso latori di pensieri criptici. Tutti fanno doppio o triplo gioco e il caos che ne scaturisce disorienta prima e irrita poi il lettore fino alla parte finale del racconto, dove i fili della trama iniziano ad intrecciarsi e possiamo finalmente intuire il quadro complessivo. Con questa chiave finale è quindi possibile rileggere dall'inizio il racconto e dare il corretto ruolo a personaggi ed eventi, godendo appieno di una architettura narrativa complessa e intricata quanto razionale. Tuttavia la prima lettura l'ho personalmente trovata piuttosto ostica e quando ho subodorato che sarebbe arrivato il mega-maxi-spieghine di 30 pagine mi è calata la classica depressione del dylandogofilo medio. Tuttavia alla luce di una lettura completa tutto funziona abbastanza bene e i pregi saltano fuori. Personaggi asciutti e ben congegnati per essere abbastanza sgradevoli e poco empatici, preda di desideri per lo più egoistici. Un'atmosfera claustrofobica e disperata, carica di spazi stretti tra vicoli di mattoni, cantine, angusti camerini, piccoli bar. Un ritmo narrativo che affronta con disillusione, con distacco medico-paziente, le scene più raccapriccianti. Glaciale. Un glaciale ben fatto. I disegni di Freghieri affrontano con coraggio il difficile compito di illustrare senza evidenziare la linea d'ombra tra bene e male. Un'occupazione che di fatto svolge da anni con il massimo impegno e risultato su Dylan Dog. I disegni de “La pazienza del destino” risplendono della glacialità e neutralità della pagina scritta; attenti a non indugiare troppo in dettagli “rivelatori”, i volti dei personaggi si adattano perfettamente al compito di alimentare dubbi nel lettore. Laddove però è possibile rappresentare senza indugi, il disegnatore scatena la sua abilità nell'illustrare efficaci tavole dai forti contenuti drammatici e sanguinolenti.


Anche questo numero presenta quindi una storia affascinante e perfettamente corredata da ottimi disegni. Se proprio devo imputarle un difetto veniale, non posso che citare la lettura, a volte difficile e macchinosa, delle prime pagine. Ma come già esposto è un problema che a monte della lettura integrale facilmente scompare. 
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