venerdì 22 settembre 2023

Assassinio a Venezia: la nostra recensione del nuovo film Fox/Disney diretto da Kenneth Branagh sui casi dell’ispettore Hercule Poirot

Ci troviamo nel 1949, in una Venezia gelida e spettrale. È su un terrazzo con una vista da sogno sulla laguna che il momentaneamente “ex” ispettore Hercule Poirot (Kenneth Branagh), uno dei detective più conosciuti e stimati del suo tempo, trascorre un periodo di riposto dalle indagini e dal resto del mondo. Alla sua abitazione può accedere tramite i canali solo chi gli porta i suoi amati e irrinunciabili dolcetti, per un massimo di due volte al giorno. La porta di ingresso è  presidiata da una colonna infinita di clienti e curiosi che ora il grande detective non vuole più ricevere, motivo per cui è ben piantonata dalla sua guardia personale (Riccardo Scamarcio), che si impegna anima e corpo a evitare all’ispettore ogni tipo di incontro indesiderato, anche con il zelo necessario per lanciare ogni tanto in acqua qualche questuante troppo invadente. Poirot in questo suo esilio auto imposto sembra comunque  felice. Nel giardino ha anche trovato un piccolo orto da coltivare con attenzione al pari delle sue ossessioni per l’ordine, le uova e la geometria. La lettura, il paesaggio e i dolcetti fanno il resto. La vita ritirata e monotona è un toccasana dai fantasmi di un passato ancora molto presente e doloroso, ma qualcosa “freme ancora dentro”: inconsciamente, attende che si presenti per lui una nuova sfida, una “vera” sfida. A portargliela personalmente è la scrittrice di gialli Ariadne Oliver (Tina Fey, che interpreta qui un altro personaggio ricorrente dei romanzi di Agatha Christie), un'autrice che si è ispirata proprio a lui per la creazione di un celebre detective, contribuendo così attivamente ad aumentare a dismisura la fama e l'attuale mancanza di privacy dell’ispettore. Ariadne ama intrighi e puzzle e ha una particolare passione per lo smascherare i trucchi di prestigiatori, medium e spiritisti. Di recente si è imbattuta nella sedicente madame Joyce Reinolds (Michelle Yeoh), così abile e scenografica da riuscire a nascondere ogni trucco, fino quasi a far credere che esista davvero un mondo magico, “paranormale”. Una degna sfida di logica per Poirot, per Ariadne l’unico che “a tutti i costi” può scoprire gli inganni della Reynolds in una occasione propizia quanto imminente: una seduta spiritica nella notte prima di Ognissanti, che si terrà allo scoccare delle 24:00, in una della ville più tetre, strane e maledette di Venezia. L’abitazione di recente è divenuta di proprietà della cantante lirica Rowena Drake (Kelly Reilly) e il fantasma che sarà evocato durante il rito è quello di Alicia (Rowan Robinson), la sfortunata figlia della cantante, morta dopo essere caduta nel canale dalla sua finestra, situata al terzo piano, in circostanze ancora misteriose: forse per un incidente, forse per ben altro. C’è chi dice per via della depressione e dei troppi psicofarmaci che sono conseguiti alla rottura con il suo ragazzo Maxime (Lyle Allen), noto cacciatore di doti passato a una donna più ricca. C’è chi dice per colpa degli spiriti dei bambini che da sempre infestano la villa, un tempo adibita a orfanotrofio chiuso in seguito alla peste, dopo che medici senza scrupoli avevano abbandonato i piccoli al loro destino. Alla seduta parteciperanno oltre che la padrona di casa anche il medico curante di Alicia, il dott.Ferrier (Jamie Dorman), accompagnato per l’occasione dal suo strano ed eccentrico figlio Leopold (Jude Hill), che a otto anni è già appassionato di Edgar Alan Poe e si dichiara capace di parlare con i morti. Saranno presenti anche la governante della casa nonché ex suora Olga (Camille Cottin), la giovane e taciturna assistente della medium Desdemona (Edda Laird) e a sorpresa, convocato quella stessa  notte da una lettera misteriosa, interverrà il “presunto farfallone” Maxime. Poirot viene facilmente convinto a partecipare alla festa anche se non sembra troppo entusiasta e così, insieme alla scrittrice e alla sua guardia personale, decide di trovare posto al tavolo alla seduta. 


La casa è piena di scricchiolii, è notte e da poco si è svolta una piccola festicciola piena di dolcetti, maschere e storie di spiriti sul modello del tradizionale Halloween, con ospiti speciali della cantante i bambini dell’orfanotrofio cittadino. Un forte temporale riempie l’aria di tuoni e lampi, con le luci elettriche che illuminano la casa che per via di cavi non bene coperti con l’acqua iniziano a scoppiare in modo sempre più ritmato e sinistro, rendendo il luogo più spettale di quanto già sia, tra saloni immensi di colpo immersi nel buio e nel silenzio ed eccentriche opere d’arte, tra i cui disegni e forme pare nascondersi sempre qualcosa di malevolo, diabolico. In questa atmosfera qualcuno inizia a sentire voci di bambini nei corridoi o a scorgere piccole figure oscure che corrono e giocano tra le ombre. La seduta si terrà proprio nella stanza di Alicia, vicino al balcone nel quale la ragazza ha vissuto gli ultimi attimi della sua vita. La medium fin dall’arrivo inizia a individuare presenze ultraterrene in ogni anfratto, illustra le regole del rito e il modo in cui userà per comunicare con la defunta una macchina da scrivere, i cui tasti si premeranno “da soli” per rispondere alle domande dei partecipanti. Lei nel mentre sarà posseduta, in stato di trans, come un ponte umano tra i vivi e i morti. In questa atmosfera “strana”, in questa grande casa dall’arredamento “singolare” e un tempo scenario di fatti orribili, tra bambini inquietanti e storie dell’orrore autentiche, forse anche il grande Hercule Poirot potrebbe infine credere ai limiti della sua amata comprensione logica, di cui tanto si è fatto vanto negli anni. Magari potrebbe pure iniziare anche lui a scorgere personalmente dei fantasmi, provare allucinazioni, sentirsi minacciato da forze invisibili. Presto in quel luogo accadrà un delitto per molti versi inspiegabile e l’ispettore dovrà dare fondo a tutta la sua calma e razionalità, per scoprire i molti intrighi a cui verranno incontro in quella lunga notte i partecipanti al rito. Riuscirà il razionale Hercule Poirot a non impazzire o verrà a capo di una delle più strane situazioni in cui si è mai imbattuto?

Dopo Assassinio sull’Orient Express del 2017 e Assassinio sul Nilo del 2022, Kenneth Branagh torna a vestire i panni del più celebre detective di Agatha Christie. La sceneggiatura vede ancora la firma di Michael Green, autore acclamato per Logan - Wolverine e Blade Runner 2049 e di recente attivo in casa Disney, per i riusciti Il richiamo della foresta e Jungle Cruise. Green ha in questo caso adattato molto liberamente il romanzo Poirot e la strage degli innocenti, fornendo un'ambientazione e intreccio molto differenti dall’originale, inserendo addirittura per esigenze di conteso una sfiziosa festa di Halloween, per le calle veneziane degli anni '50 decisamente ante litteram. La fotografia è ancora del bravo Haris Zambarloukos, mentre a dare voce a una colonna sonora sinfonica quanto sfiziosamente “inquietante” arriva, sostituendo Patrick Doyle e le sue sonorità “alla Indiana Jones”, la bravissima Hildur Guonadottirn (Joker, Tar). Le scenografie sono di Celia Bobak, una collaboratrice di lungo corso di Branagh, che spesso lo ha accompagnato nelle sue trasposizioni cinematografiche di opere teatrali. Nel cast figurano nel ruolo di padre e figlio Jamie Dorman e Jude Hill, già per Branagh protagonisti in una simile dinamica nel suo precedente Belfast. 

Niente più treni super lussuosi o scenari da sogno per super ricchi tra le piramidi:  la terza avventura di Poirot è quantomai cupa e notturna per quasi tutta la sua durata e si svolge tra i labirintici e claustrofobici locali di una bellissima quanto inquietante magione ricostruita tra una abitazione italiana e i Pinewood Studios di Londra. 

Oltre al classico della Christie, per le atmosfere generali un modello di ispirazione ideale dell’opera sembra essere stato ricercato nei classici horror della casa di produzione Hammer, nei confronti dei quali tutto il cast e la troupe si esprimono in più momenti in ricercati, divertiti e affettuosi omaggi. La diva Michelle Yeoh in questo è una “medium perfetta”, carica di charme quanto teatralità in ogni movenza e battuta, con un trucco sempre sinistro ed esotico, avvolta da magnifiche maschere e mantelli lunghi e neri con strascico confezionati dall'ottima Sammy Sheldon. Kelly Reilly, che alterna costantemente per la sua soprano momenti di malinconia a cupezza, è una perfetta e algida “madame macabra”, Branagh sempre ineccepibile e composto nei suoi completi, occhi di ghiaccio e baffoni, fa indugiare a tratti il suo personaggio nella follia, offrendoci un Poirot ancora più complesso, sfaccettato e cupo. La Ariadne di Tina Fey è al contrario giocosa e ironica come solo l'attrice di 30th Rock riesce a essere, arrivando spesso a contro-bilanciare la cupezza sulla scena, mentre il piccolo quanto bravo Jude Hill fa ottimamente ”l’opposto”, dimostrandosi uno dei giovani attori più inquietanti del momento. Il resto del cast risulta un po’ fuori fuoco, con un Dorman e uno Scamarcio eleganti ma un po’ meccanici nel seguire “funzionalmente” le evoluzioni della trama, con dei ruoli molto “fisici”. Come nelle produzioni Hammer, gli effetti sonori sono sempre protagonisti, presenti e pressanti: in grado di alzare costantemente lo stress e il senso di pericolo, sottolineando battute e colpi di scena, facendo esplodere lampadine e sbattere porte all’improvviso, producendo rumori sinistri quasi subliminali, costanti e pressanti. Gli effetti speciali sono in genere di tipo meccanico, artigianale quanto suggestivo, “semplici” come un gioco di specchi quanto impattanti, efficaci. Branagh sembra tornare con molto gusto e autoironia alle atmosfere horror, che ripercorre idealmente dopo il suo celebre e sottovalutato Mary Shelley Frankenstein del 1994, creando sulla scena un ricco e sempre dinamico gioco di atmosfere anguste o psichedeliche, spazi che sanno dilatarsi e subito dopo restringersi e interpretazioni sopra le righe stile Hammer volte a trascinarci su un insolito, gioioso e forse, in questo caso, per parte del pubblico, “inaspettato”, tunnel degli orrori. 


Questo è forse il nodo centrale di una produzione dal sapore molto diverso dai primi due capitoli, che fin dal primo trailer sembra presentarsi agli spettatori come un horror di stampo ultra-classico dove persino la presenza di Branagh/Poirot avviene nelle ultime scene. Un sapore diverso che si accompagna alle indagini amate e canoniche, un “gusto di paranormale” che non è estraneo alla opere della Christie quanto non lo era a quelle di Arthur Conan Doyle, ma per qualcuno forse troppo forte: come spesso non si desidera una notte in una casa stregata con la stessa voglia di avere un posto sull’Orient Express o su una nave di lusso in crociera sul Nilo (omicidio inevitabile permettendo). Venezia c’è ed è bellissima, ma per lo più è raccontata in fugaci squarci notturni pieni di temporali e nebbie. La villa è straordinaria e frutto di un reparto artistico incredibile nella ricercatezza degli  arredi e dipinti, ma non abbiamo dubbi fin dal primo minuto che contenga soprattutto mostri e misteri. Anzi, in qualche caso la magione risulta pure in grado di “mutarsi e ingabbiare” tra trappole e passaggi segreti i suoi ospiti, come avviene in molto horror classici ma anche moderni, come il Cube di Vincenzo Natali. 

Non esattamente una suite su Canal Grande in compagnia di Gal Gadot.

Il meccanismo narrativo e visivo con cui prende vita l’indagine poi funziona ed è avvincente, solido, tra mille trucchi, false piste, cambi di ruolo e di “possibile assassino”, ma il fatto di trovare Poirot circondato da fantasmi in ogni momento può essere tanto per qualcuno attrattivo quanto fonte di “distrazione dalle indagini” per altri. Personalmente questo nuovo gusto delle avventure dell’ispettore mi è piaciuto, l’ho trovato un coraggioso quanto originale cambio di rotta per esplorare maggiormente i lavori della Christie “cavalcando i generi”, affiancandogli alla imprescindibile nomenclatura di giallo/crime prima i colori dell’avventura e ora il bianco e nero, o almeno i “toni di grigio”, dell’horror Hammer. Magari il prossimo film potrà essere ibridato con il musical, magari con la fantascienza anni ‘50. Di sicuro la grande capacità tecnica e artistica, unita all’eleganza e stile con cui questi lavori di Branagh sono confezionati, rendono interessanti anche queste variazioni sul genere. Assassino a Venezia diverte ed è avvincente, non è esente da difetti nella gestione di alcuni personaggi che rimangono un po’ in penombra, gode di un cast artistico e tecnico di alto livello e soprattutto nonostante la “nuova salsa Horror” trattiene e non tradisce tutta l’atmosfera dei personaggi originali. Il Poirot di Branagh sta sempre più diventando un'icona del cinema moderno e non vediamo l’ora di seguirlo in nuove avventure. 

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