Danimarca, ai giorni nostri. Martin (Mads Mikkelsen), Nikolaj (Magnus Millang), Tommy (Thomas Bo Larsen) e Peter
(Lars Ranthe) sono amici di vecchia data e insegnano insieme nello stesso liceo
di Copenhagen. Martin insegna storia e sta vivendo una grave crisi
professionale e familiare. Non riesce a far appassionare i suoi studenti al
punto che si minaccia il suo licenziamento. Il lavoro serale che impegna la
moglie consente a Martin di frequentarla per un paio di ore al
giorno, per lo più quando è mezza addormentata e non gira molto meglio nel
rapporto con i figli. Quando il gruppo di amici decide di festeggiare in una
serata ad alto tasso etilico i 40 anni di Nikolaj, Martin scopre che in fondo
anche i tutti i suoi amici non se la passano benissimo. L’insegnante di lettere
e musica Peter è sovrastato da un coro musicale stonatissimo e vorrebbe essere
di maggiore aiuto agli studenti. Tommy non riesce a coordinare la squadra di
calcio che allena e ormai passa il tempo a guardare il giornale e non il gioco
di squadra. Nicolaj non regge i tre figli piccoli che infestano il suo letto
matrimoniale, riempiendolo quotidianamente di pipì, e non gli importa più
molto di insegnare psicologia. “In vino veritas”, come dicevano i latini. Così
in quella sera i quattro amici si ubriacano, piangono, si confidano e ricordano
i tempi andati mentre sbronzi cercano di rincasare all’alba. Non si divertivano
così dai tempi del liceo. Da quando Martin aveva messo da parte il suo sogno di
diventare ballerino di danza moderna, insieme alla passione per gli alcolici,
quando la sua ragazza era rimasta incinta. Tante lacrime e passi di danza moderna
sbilenchi in una notte a Copenhagen. Poi il giorno dopo l’illuminazione: fare
insieme una ricerca per convalidare le teorie dello psichiatra Finn Skarderud
sul B.A.C. (Blood Alcohol Content). Secondo Skarderud gli esseri umani
vivrebbero di un “deficit alcolico” del tasso alcolemico del 0,05, che li
separerebbe dalla “migliore forma di se stessi”. Un tasso che se integrato,
tenendolo stabile per dato periodo giornaliero, permetterebbe alle
persone di vivere meglio, in modo più rilassato, coraggioso e creativo. Con
quel “frizzantino nel sangue” si potrebbero accantonare le paure di vivere come
le timidezze, avvalorando uno stile di vita che per gli storici sarebbe quello
di Hernest Hemingway, Wiston Churchill e molti recenti politici noti (ritratti
goliardicamente nella pellicola in momenti storici in cui apparivano piuttosto
“brilli”). Ponendo che tutto questo sia sensato, il piano folle dei quattro
amici è bere costantemente e “scientificamente” dall’inizio delle lezioni fino
alle 20 di sera, non eccedendo però di un tasso alcolemico di 0,05, tenuto
sotto controllo da un etilometro portatile. Bere e annotare gli effetti in
incontri serali. Da subito emergono problemi a esprimere delle parole
complesse, ma tutto il resto compensa alla grande. I quattro “brilli
controllati” si sentono insegnanti migliori e gli studenti li seguono con
entusiasmano. Sono di colpo mariti più “presenti” e sensibili, che riscoprono
pure le gioie del sesso. Ma i quattro sono soprattutto, anche se non riescono a
confessarlo, un gruppo di amici affiatati come non succedeva da tempo.
Perché smessi i panni del corpo docenti sono tornati a parlarsi come quando
erano ragazzi. Va così bene che decidono di passare alla seconda fase del
progetto: implementare il tasso alcolemico sulla base della tolleranza
individuale all’alcol. Come andrà a finire?
Irriverente, intelligente, divertente,
satirico e con una punta di genialità, il film di Vinderberg sorprende e
travolge, tenendo incollati dal primo all’ultimo minuto. Merito di una trama
perfettamente bilanciata e originale, di un buon ritmo e di interpretazioni
davvero convincenti, complici e affiatate. È un vero piacere vedere Mads
Mikkelsen in un ruolo diverso dal “bel tenebroso“ per cui lo conosciamo dai
tempi di 007 Casino Royale, Valhalla Rising, Rogue One e Hannibal. Si rivela un
attore generoso, empatico, spiritoso. Molto bravo anche Thomas Bo Larsen, che
mette davvero a nudo l’animo del suo disastrato Tommy, ma è davvero difficile
stillare una classifica, perché tutti e quattro i nostri eroi sono davvero
riusciti, sopportati da un cast di comprimari davvero valido. Se non fossimo in
Danimarca, potremmo pensare di essere davanti a una sofisticata commedia
british e c’è da scommetterci che Un altro giro saprà generare più di un
remake internazionale, magari anche un musical. Il tema dell’alcol è forte.
Divisivo ma non scontato, adeguato a una lettura su più livelli. Anche se la
pellicola spara più di una cartuccia in direzione della satira e della
leggerezza, il bere non è raccontato solo per i suoi meriti positivi in capo di
“espressività” e non tarda a mostrare i vari demoni “fisiologici e psicologici“
che l’alcol riserva. Le immagini della pellicola mostrano spesso una forte
critica sociale indirizzata all’abuso ricreativo del “bere”. Si
parte dai giochi a base di binge drinking dei giovanissimi (come la
“corsa intorno al lago”) fino alle celebrazioni locali più note, come la festa
di diploma in cui i ragazzi girano su dei pulmini con un berretto da
marinaretto in testa e litri di birra nel sangue (rimando alla serie Equinox
di Netflix, dove questa tradizione è centrale nello sviluppo della storia).
L’abuso di alcol è raccontato come un problema sociale serio, che si declina
come un'autentica “paura del bere”. Se l’abuso viene “accettato anche se
stigmatizzato“ quando si parla di giovani danesi, fin dalla scena che apre la
pellicola, il film racconta di come gli adulti, rifuggano il bere con
insistenza e fermezza. Al punto che il tornare a bere di questi quattro
professori, seguendo questa bizzarra ricerca, diviene quasi un distorto
ritorno alla giovinezza e alla spensieratezza. Una sorta di “riconciliazione
etilica“ che autorizza ad accedere ad una spensieratezza colpevolmente messa in
soffitta da qualche parte della mente. Un “mollare la prese” che però
funziona, svela i problemi di una vita accettata in modo troppo rigido e
permette di fare dei cambiamenti in corsa. In vino veritas, anche se con
moderazione a 0,05 e controlli costanti quasi ai limiti di chi, oggi, non passa
due ore senza sbirciare sul contapassi se sono stati ultimati i 10.000 passi
consigliati giornalieri. Certo poi quando si passa da 0,05 a 0,5 fino ai numeri
da ritiro patente “il gioco cade”, così come i suoi influssi positivi. E allora
la pellicola riesce a ingranare una marcia diversa, anche più malinconica.
Funzionale ma anche onesta sui reali problemi dell’essere dipendenti
dall’alcol.
Un altro giro è un film un po’
folle, ma soprattutto per questo esilarante, molto più profondo di quanto sulla
superficie appaia. Un film che ci interroga davvero sui reali motivi “positivi”
per cui può nascere una dipendenza, in grado di stimolare dei dibattiti
interessanti sul tema. È inoltre un delizioso film sull’amicizia e sulla
difficoltà di diventare grandi, un po’ dalle parti di Quattro Matrimoni e un
funerale o Full Monty.
Un altro giro è uno dei motivi migliori per tornare al cinema dopo tanto tempo, non fatevelo scappare.
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