lunedì 23 settembre 2019

Grandi bugie tra amici - la nostra recensione



Il sessantenne Max non vede i suoi amici da molto tempo e si trova come non mai in una crisi nera a livello economico e familiare. Il divorzio, la grande casa delle vacanze da vendere, la voglia di lasciarsi abbandonare a se stesso, magari con un bicchierino in più del sempre ottimo vino francese locale. Poi la sorpresa, i suoi amici, con cui aveva passato una vacanza a due poco devastante nove anni prima, si rifanno vivi, tutti insieme, suonando alla porta di casa. È una sorpresa, sono lì per festeggiare il suo compleanno anche se Max non ama festeggiare il compleanno e le altre feste comandate e da principio si arrabbia, sbraita, li caccia tutti via, poi li rincorre, si scusa, li abbraccia e sarà di nuovo festa, come nove anni prima. Una settimana di festa in cui incontrarsi di nuovo, incazzarsi, sorridere, piangere, perdere per strada qualche figlio e scoprire, come troppo spesso si dimentica di fare, che al mondo, se si guarda intorno, non si è mai davvero soli. Forse.
Dopo nove anni il regista Guillaume Canet decide di riportare insieme la ciurma di Piccole bugie tra amici, un enorme successo commerciale del cinema d'oltralpe. Il cast è ricchissimo e riprende negli stessi ruoli tutti gli attori, che nel tempo si sono fatti conoscere anche per altri ruoli dalle nostre parti. C'è la nevrotica Marie, mamma single interpretata dalla stupenda Marion Cotillard che abbiamo visto in Inception, Forget Paris e ne Il cavaliere oscuro il ritorno. C'è il misterioso e ricco Eric, interpretato dal Gilles Lellouche dello splendido C'est la vie (anche da noi recensito) e di 7 uomini a mollo (pure questo nelle nostre pagine). Max, il protagonista è Fracois Cluzet di Quasi Amici, c'è in una piccola parte Jean Dujardin di The Artist. Il cast è ricco, divertente e fracassone quanto malinconico come si conviene a un film corale seguito di un altro film corale. È un po' Il grande freddo di Kasdan, è un po' Stanno tutti bene di Tornatore, è diretto con uno stile di "recitazione di pancia", cordiale quanto sanguigna, nel solco di molto cinema nostrano di successo, tra Ozpetek e Muccino , tra Paolo Genovese (Perfetti sconosciuti) e Carlo Verdone (Compagni di Scuola). Si urla molto, ci si mena, spesso ci si tuffa nel melodramma tra fiumi di lacrime, ma sempre e incredibilmente, e questa è una cifra precisa del cinema francese che lo fa discostare da quello italiano, si riesce spesso a riemergere, a scoprire momenti di leggerezza, quasi a "volare". Così le oltre due ore della pellicola volano via e stringono gli spettatori nell'abbraccio di una prima distrutta ma poi ritrovata famiglia allargata, dalla quale infine quasi dispiace separarsi per uscire dalla sala. 
Il film funziona anche se accusa qualche strattone, fisiologicamente dovuto dal numero di personaggi da gestire in scena. La parte finale della pellicola coinvolge il gruppo in una specie di mini-avventura dalle premesse deboli e schematiche, ma dalla soluzione finale interessante. Più o meno siamo sullo stesso livello delle Piccole Bugie, ma il film si può vedere autonomamente per poi, se gradito, recuperare il primo. 
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