mercoledì 26 giugno 2019

La bambola assassina - la nostra recensione del remake ora al cinema per Midnight Factory!




- Sinossi fatta male: Karen è una giovane, bellissima, ironica, un po' depressa e sexy mamma single (Aubrey Plaza), con a carico un figlio, Andy, un po' solo e un po' depresso pure lui (Gabriel Bateman), lavora come cassiera in un centro commerciale e vive in un palazzo fatiscente in un quartiere abbastanza povero. Come tutte le giovani ragazze bellissime, ironiche, un po' depresse e sexy mamme single, pure Karen sta con un tizio stronzissimo, Henry (Tim Matheson), che la tratta come una pezza da piedi e odia il figlio. Oramai Andy, quando sa che c'è Henry in casa, preferisce uscire dall'appartamento per non vederlo urlare contro di lui o accoppiarsi con la madre davanti a lui. Chi salverà Andy? Forse Chucky (in originale sempre doppiato storicamente da Mark "Luke Skywalker" Hamill, doppiatore storico nei cartoni animati americani anche del Joker di Batman, per capirci) una nuova bambola ultra-tecnologica wi-fi, wire-less, chrome-cast, domotica deluxe, un po' Siri e un po' Teddy Ruxpin e con qualcosa di "Emiglio è meglio". Insomma, una specie di pupazzo semi-senziente, in grado di muoversi, forse pensare, con una peculiarità in più rispetto a tutti i pupazzi come lui. Il costruttore cinese sottopagato della catena di montaggio addetto a questo Chucky, con il chiaro intento di fare un danno economico alla sua azienda irriconoscente, ha deciso, prima di passare il pupazzo alla sezione confezionamento finale, di "togliergli ogni limitatore" e "protezione da tre leggi dei robot", per poi suicidarsi nei primi tre minuti della pellicola. Perché sì, questa azienda cinese, ha in pratica creato dei Terminator nani senza accorgersene. Così il nostro Chucky con coscienza, dopo varie traversie, arriva ad Andy in anticipo di due settimane dal suo compleanno, con tutta l'intenzione di diventare il suo "migliore amico". E Chucky impara. Impara quello che gli insegna un ragazzino sui dodici anni per lo più bullizzato dagli amici e maltrattato dall'amico di mamma. Impara che questo ragazzino ride ed è felice quando vede un film come Non aprite quella porta, dove le persone vengono uccise e fatte a pezzi. Chucky non ha filtri, assorbe tutto e cercherà con tutte le forze di difendere Andy, magari facendolo ridere e rendendolo così felice. Seguirà sangue e humor nero per 90 minuti di pellicola. 


- Oltre le aspettative: ero curioso, un po' scettico ma abbastanza "tranquillo" su questo remake di Chucky. Amo la saga di Bambola Assassina per la sua anarchica leggerezza e humor nero, trovando unico e straordinario in primis proprio il pupazzo di Chucky. Anche se il remake avesse stravolto le regole alla base del franchise (come di fatto fa), la bambola sarebbe rimasta quella, con tutto il carisma e anima splatter che si porta dietro dagli anni '80. Se cercavo come minimo sindacale un po' di gore, sapevo di trovarlo anche in questa forma. In qualche modo ero rasserenato anche dal marchio Midnight Factory, che ha portato negli ultimi anni in sala ed home video dei prodotti nella stragrande maggioranza dei casi interessantissimi. Poi la sorpresa. Questa nuova trama funziona benissimo e gli attori, Aubrey Plaza e il piccolo Gabriel Bateman, sono davvero bravi. Perfino i comprimari, i giovani Ty Consiglio e Beatrice Kitsos e il simpatico Brian Tyree Henry (in questo periodo in sala anche con l'interessante "johnwickano" Hotel Artemis) funzionano molto bene. Non avevo dubbi sulle capacità di Hamill di creare con la sua voce una creatura inquietante, ma mi ha saputo davvero sorprendere. Anche gli effetti e le location, anche il ritmo narrativo, funziona tutto e i 90 minuti della pellicola scorrono che è un piacere. Parlavamo giorni fa del regista Lars Klevberg per Polaroid, un omaggio al cinema slasher anni '80 con i suoi difetti ma anche con qualche idea gustosa. Il tiro qui è migliore e il risultato finale decisamente convince. Una bella scommessa vinta rischiando su qualcosa di nuovo. 
- Chucky 2.0: Questo è un Chucky tutto nuovo. Non è, come nell'originale, un serial killer sadico e sarcastico che per sopravvive a una sparatoria si fondeva con una bambola e aveva di conseguenza la frustrazione di non avere più il pisello (e per compensare la libido aumentava la sua voglia di uccidere). A Chucky toccava spostarsi su target/vittime più a misura della sua attuale altezza e il piccolo Andy e il suo mondo da bambino diventavano per lui ostacoli non certo appaganti, ma che non poteva scegliere o cambiare. È invece, questo nuovo Chucky, una creatura diversa. Una intelligenza artigianale magari davvero "con buone intenzioni", a cui inculcano, senza dargli accesso ad un sottotesto per comprendere al meglio le cose, che è "giusto" comportarsi come un mostro come faccia di cuoio di Non aprite quella porta. La citazione al capolavoro di Tobe Hooper (peraltro altro film ora nel catalogo di Midnight Factory, in edizione extra lusso) è diretta e folgorante. Un bambino trascurato e depresso come il protagonista, il "nuovo Andy", osteggiato da un patrigno davvero crudele, vede insieme ai suoi amici e a Chucky in TV Non Aprite quella porta. In questa scena, che è davvero il cuore del film, Andy nella finzione cinematografica di Non aprite quella porta riesce ad esorcizzare  le violenza che subisce tutti i giorni dal patrigno e ride, si diverte. Forse vorrebbe avere la forza di Faccia di cuoio per affrontare il patrigno, ma è al contempo consapevole che quello è un film, che è tutta una messa in scena in grado giusto di offrirgli uno sfogo. Il suo pupazzo, che non distingue finzione da realtà, ma registra solo il fatto che il bambino è felice, cerca di diventare come un mostro da film horror, per rendere contento il suo Andy. Lo fa con tutta la spontaneità e ingenuità che gli consente il fatto di non avere limitazioni e codici morali per via di quanto avviene nei primi minuti del film. Lo fa perché pensa che sia un bene. E non viene compreso, non gli viene detto dove "sbaglia". È un Chucky quasi tragico, che passerà anche a un altro padrone-bambino, che lo tratterà pure con disprezzo, ribattezzandolo "faccia di merda". È un Chucky che cercherà di rimettere insieme la sua relazione con Andy sulla base del linguaggio che ha pensato di condividere con lui, basato sulle suggestioni dei film horror. Anche se forse fa un po' ridere attribuire una "tragicità Shakespeariana" ad un pupazzo assassino nato e prosperato nel filone più consapevolmente grossolano e "easy" dell'horror per appassionati, questo Chucky è tragico. Con un nuovo capitolo di Bambola Assassina non si voleva certo ambire a Shining, Rosmary's Baby, Hereditary, VVitch. Siamo e restiamo in un filone più allineato a roba come Violent Cop, Critters, Venerdì 13, ma questo è davvero uno spunto in più che rielabora, aggiorna ed espande il concetto stesso della Bambola Assassina. L'originale Chucky era pensato a metà tra un folletto e un babau. Frutto della fantasia di Don Mancini (autore storico e anche regista dell'ultimo e fantastico trittico cinematografico sulle avventure della Bambola Assassina Chucky: Il figlio di Chucky, La maledizione di Chucky e Il culto di Chucky), Chucky è idealmente un po' come il folletto che ruba il respiro ai bambini nel terzo episodio de L'occhio del gatto di King (Klevberg in Polaroid citava anche un po' il Fotocane di King). È un po' come i piccoli demoni di Non avere paura del buio e in un certo senso è anche un po' come IT. Un mostro che se la prende con i bambini e la loro innocenza, impossibile da vedere per il mondo degli adulti e per questo affrontabile solo dai bambini (che peraltro possono batterlo). Chucky come queste creature "ha un raggio d'azione limitato", ed in più è un babau zoppo e impotente, che sopravvive e uccide giocando sul fatto di essere percepito come un essere effimero e tutto sommato debole. Chucky è un cattivo che deve "sopravvivere alla sua mission di assassino sfigato" e usa un sarcasmo sfrenato, con cui facilmente riusciamo a empatizzare come spettatori. Si può quasi parteggiare per lui, come per Freddy, ma non si può dimenticare che è in fondo, come lo era Freddy,  il classico e più pericoloso "bulletto", verso cui la Società (famiglia, scuola, istituzioni varie) non prende alcun provvedimento in quanto è percepito solo come spauracchio. In più, Chucky è un giocattolo. Un prodotto commerciale, un ammasso di plastica e stoffa, pagato dai genitori, per intrattenere i pupi. Se facesse altro, se risultasse ai bambini in qualche misura "pericoloso", sarebbe probabilmente un problema di "autosuggestione" dei ragazzini, probabilmente frutto della loro fantasia fervida e sfrenata. Materia  da psicologi infantili di cui i genitori si lavano un po' le mani. Perché i giocattoli sono sempre per gli adulti "roba da bambini e per bambini". E questo discorso può valere (e questo è interessante perché Bambola Assassina è nato molto prima della diffusione dei videogame espressamente pensati per adulti) oggi anche per i videogame con in copertina "vietato ai minori di 18 anni", che vengono acquistati con leggerezza da genitori incuranti delle possibili conseguenze non educative del prodotto, unicamente perché il bambino lo richiede. Che poi oggi è purtroppo automatico che un gioco (o videogioco) stia per un certo tempo con il bambino in assenza della supervisione del genitore. Comprando un gioco, il genitore si compra del tempo libero dal figlio, facendoci pure una bella figura: "Te l'ho preso, ora ci giochi dopo i compiti e non rompere!!". Dopo l'acquisto il genitore nel 95% dei casi ha finito il suo rapporto diretto con il gioco che ha comprato per suo figlio. Il giocattolo, che sia videogame come un peluche (che può pure essere tossico per i materiali con cui è realizzato) è tragicamente una bambinaia a ore, e Chucky è davvero il volto cattivo dei giocatoli di Toy Story. Ed è significativo che questo remake e Toy Story in questo periodo siano a due sale di distanza nello stesso multisala, con Annabelle 3 che a breve si unirà alla comitiva. Questa estate al cinema i giocattoli saranno un argomento forte. Ma torniamo a Chucky. Lo spunto originale di questo mini-babau ha reso grande la prima pellicola, diretta da Tom "Ammazzavampiri" Holland (peraltro sceneggiatore di Psycho 2 e del quasi culto Classe 1984 di Lester), ha dato il giusto stimolo a Ronny Yu per reinterpretare, con una abbondante dose di ironia e citazionismo, Chucky come novelli Frankenstein in chiave pop (La sposa di Chucky) e ha permesso al bambolotto di sopravvivere nonostante due film invero bruttini. La bambola assassina 2 e 3, che ricordo con affetto in ragione comunque delle due rispettive ambientazioni (molto interessanti ma poco sfruttate) della clinica- manicomio per bambini e dell'accademia militare, sono davvero i 2 fast 2 furious del brand, con La sposa di Chucky che da buon Fast'n'furious: Tokyo Drift ha rilanciato il brand (pure qui un regista asiatico dietro al rilancio, i casi della vita!).


- Conclusioni: Il nuovo Chucky, che a quanto ho capito non sostituirà l'originale bambola maledetta (la vecchia versione dovrebbe godere di una serie TV sceneggiata da Don Mancini), ma aprirà un nuovo filone, aggiorna in tutto e per tutto il brand, sostituendo la plastica e stoffa della bambola originale con ingranaggi e chip dell'era degli smartphone e delle "mini-intelligenze artificiali" come Siri. È una bella svolta narrativa che sposta il messaggio di queste opere dalla necessità di "ascoltare i bambini", alla necessità di far comprendere e metabolizzare la violenza ai bambini. La violenza non va negata, ma affrontata, insieme agli adulti, oppure diviene una spirale in cui non è troppo difficile cadere senza sapere bene come uscire, desiderando vendette virtuali che possono tradursi in drammi reali. Il delizioso humor nero di questa nuova e un po' malinconica Bambola Assassina ci porta da queste parti. Una sorpresa inaspettata sotto l'ombrellone per divertirsi, spaventarsi e un po' riflettere. 
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2 commenti:

  1. nell'attesa, ho recuperato il film anni ottanta, vediamo appena possibile di vedere anche questo - chuki con un altro aspetto mi inquieta non poco - sperando che mi piaccia ^_^

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