giovedì 11 aprile 2019

Hellboy : la nostra recensione del nuovo film tratto dal fumetto di culto di Mike Mignola




- (premessa) Hellboy di nuovo al cinema: sono passati 11 anni da Hellboy: The Golden Army, eppure pare ieri. Il cinema è stato invaso dai supereroi, ma il piccolo anti-eroe cornuto, scorbutico e malinconico, nato dall'animo poetico di un grande artista cresciuto nell'underground si è sempre trovato la sua fetta di pubblico, un po' come le Tartarughe Ninja.  E anche di recente, come priva dell'onda lunga dell'affetto dei fan, Hellboy è apparso nei videogame, in Injustice 2, come personaggio giocabile di un videogame di combattimento dedicato ai supereroi DC comics. Una guest-star di lusso, (insieme alle Tartarughe Ninja) da scegliere per combattere contro Batman, Superman, Wonder Woman e Aquaman, in attesa di una nuova pellicola, per lungo tempo favoleggiata, agognata e rimandata (chissà che pure per le Tartarughe Ninja...). Almeno fino a quando sono iniziate a circolare le prime, risicatissime voci circa questa nuova produzione, sempre sotto egida della Dark House Entertainment (Divisione cinematografica della Dark Horse, anche produttrice del fumetto di Hellboy), della Laurence Gordon Pictures (storico produttore delle saghe di Die Hard e Predator). Questa volta la produzione è in collaborazione con i tipi della Millennium Films (filale della Nu Image di Avi Lerner, con Focus per i direct-to-video e produzioni europee, tra cui le saghe di Expendables, Attacco al potere, l'ultimo Conan con Mamoa, l'ultimo Hunter Killer), che prende il posto di Universal  Pictures e Relativity Media. Si sono fatte da subito infinite speculazioni sul progetto.


Neil Marshall, regista di piccoli horror di culto come Dog Soldier e Descent, è chiamato a portare sullo schermo uno dei più celebri archi narrativi della graphic novel di Mike Mignola con protagonista il diavolo antieroe dalle "corna-rasate". Parliamo di Wild Hunt, storia  arrivata anche nelle nostre fumetterie,  grazie a Magic Press,  con il titolo La caccia selvaggia, testi cruentissimi e sempre ironici di Mignola e disegni di un ispiratissimo, ultra - gotico e ultra-rosso-sangue Duncan Fegredo. A impersonare la terribile e sensuale antagonista della vicenda, Nimue, la regina di sangue, è stata chiamata la divina "scream-queen", ma anche molto "kick-ass-queen" Milla Jovovich. Una scelta che appare subito azzeccata.  A indossare i panni del gigantesco  e complesso Hellboy, creatura gioiosamente anarchica e "asimmetrica" nella rappresentazione visiva (secondo i canoni di disegno super-eroistico quindi "ambiguo e maledetto"), drammatica quanto autoironica, è oggi David Harbour, che virtualmente raccoglie la possente "mano del destino" dal grande Ron Perlman, primo attore a ricoprire il ruolo di Hellboy al cinema. Una eredità non semplice, perché Perlman era così tanto Hellboy da sembrare Hellboy anche senza trucco. Se il precedente e amatissimo dittico cinematografico di Hellboy, diretto da Guillermo del Toro, rimane quindi orfano di un capitolo che chiudesse in modo ideale la storia (per ragioni in effetti non molto chiare tuttora... e questo vale di fatto pure per un terzo film delle Tartarughe Ninja... ok, la smetto di parlare qua dentro di Tartarughe Ninja...forse), questo nuovo capitolo, benedetto sempre dalla supervisione di Mike Mignola, rappresenta una specie di soft-reboot o starting-point o, in ogni caso, un nuovo inizio per avvicinare (se possibile) nuove legioni di fan al personaggio e per raccontare ancora tante altre storie. Se  qui non compaiono ancora personaggi storici del fumetto, in ragione di nuovi comprimari anche abbastanza interessanti, siamo contenti di re-incontrare il "nuovo" vecchio Trevor, il "papà di Red" che qui viene interpretato dal bravo Ian McShane, raccogliendo il ruolo del mai troppo amato e indimenticabile John Hurt. Tutto il resto, siamo onesti, complice pure l'assenza di un produttore grosso come Universal Pictures, prima della visione in sala appariva come abbastanza oscuro, con lo spettro di un regista visionario e gotico come Del Toro, in pratica "nato" per dirigere Hellboy, che aleggiava malinconico su tutto, il  grande assente.
- ( sinossi fatta male) Red deve andare in Inghilterra ad ammazzare dei giganti, ma viene coinvolto in eventi legati alla resurrezione di una strega potentissima, alla spada excalibur, alla fine del mondo. Fine.


- Il diavolo e la regina di sangue, secondo il regista di Dog Soldier e Descend: quando si parla di trasposizioni cinematografiche di personaggi nati sulla carta, in genere l'imprinting aurorale ha un certo peso. I Batman di Tim Burton offrono una visione molto riuscita e definita dell'eroe DC Comics, tanto da essere considerata per anni come "punto di riferimento" tanto per i disegnatori, quanto autori e registi che si sono occupati in seguito dell'uomo pipistrello (in primis ha influenzato la bellissima serie animata anni '90 prodotta da Sunrise). Ma lo stesso si è detto in seguito del Batman cinematografico di Nolan, che pur nelle estreme differenza con l'immagine burtoniana è diventato altrettanto iconico e di riferimento. I personaggi di carta possono quindi vivere interpretazioni tanto diverse quanto apprezzate ed appassionate. Se Del Toro sembrava nato per dirigere Hellboy nel suo lato più fantasy, scenograficamente ricco e malinconicamente hard boiled, Marshall, da sperimentatore degli anfratti più lugubri e sanguinolenti del genere horror, avrebbe potuto farci sprofondare tra le pieghe più bestiali, inquiete e splatter delle pagine di Mignola. Una visione diversa ma ugualmente fedele alla materia originale. Marshall con un gusto più "punk" nella gestione dei dialoghi, una maggiore urgenza nella rappresentazione dell'azione (buona e abbondante, ma spesso a scapito della uniformità narrativa), decide di mettere in campo soluzioni visive esagerate in stile heavy metal, roba da Ash vs Evil Dead mixata a scene quasi riprese di peso da videogame come Diablo e manga come Berserk. Del Toro e Marshall hanno entrambi a cuore le relazioni umane, ci fanno affezionare ai protagonisti. I mostri di Del Toro sembrano creature tentacolari lovecraftiane, folletti, maghi, orchi ed elfi usciti da favole molto dark, creature dotate di crudeltà quando gentilezza. Marshall verso i suoi mostri ci fa sentire (tendenzialmente) una "distanza", indaga la brutalità e imprevedibilità delle creature più selvagge (come i lupi mannari in Dogsoldier), ci fa temere i demoni che si annidano minacciosi e senza forma nell'oscurità (come in Descent), ma ogni tanto (e meno male) sa giocare anche sulla leggerezza (come per il demone cinghiale), con l'improbabilità della minaccia  (come nel corto sulle "zucche assassine" del film a episodi Tales of halloween, da noi in home video per Midnight Factory). Sono piani interpretativi diversi, ma Mignola non chiude la porta, nelle storie di carta, a queste possibili letture e quindi immaginare un "nuovo" Hellboy cinematografico è possibile, sfruttando ingredienti diversi. Solo che Marshall è forse troppo distante da Del Toro e quasi scolastico nel leggere alla lettera Mignola (il vol.9 nel fumetto nell'esattezza). Quello che ne risulta è, al netto di un paio di sbadigli, un film imperdibile per chi ama le opere gioiosamente splatter, sopra le righe e senza troppe pretese, adatte ad una serata disimpegnata. Il comparto visivo è di grana molto artigianale ma ruspante, fedele alla fonte, e con un paio di personaggi davvero ben concepiti (come Baba Jaga), gli attori si divertono un mondo ad abbattere schiere di mostri colorati nella maniera più esagerata possibile, ci si diverte e ci si spaventa, un paio di ambientazioni sono decisamente evocative e la musica viaggia sempre a tutto volume, per lo più con trascinanti brani rock. Se cercate una costruzione narrativa efficace quanto stimolante, una delicatezza di tocco nell'affrontare le tematiche della diversità, lo stupore di un mondo narrativo sfaccettato che si arricchisce sempre più di spessore...beh, non è il film che fa per voi e non è certo il terzo Hellboy di Del Toro, anche se è facile immaginaria che, con i dovuti adattamenti, quello che accade in questo film sarebbe potuto accadere anche nel terzo film di Mignola, al netto di una epicità che qui è ridotta del 200%. Insomma, per usare una metafora che spero quelli della mia età potrebbero capire, vedere questo Hellboy targato 2019 è stato come passare da Batman Returns di Burton a Batman Forever di Schumacher. Non è che Batman Forever non fosse divertente e, sticazzi, ancora oggi ha una colonna sonora da urlo e un riuscitissimo Enigmista, a monte di tanta azione colorata e una Drew Barrymore vestita da angioletto che è entrata negli annali dei sogni erotici per almeno un decennio. Però il comparto narrativo burtoniano era altra cosa. Michael Keaton era altra cosa, lo sviluppo del personaggio era altra cosa. Harbour è Hellboy non meno di Pearlman, dà del diavolo rosso una interpretazione forse più rock, ma ci siamo, come ci siamo su quasi tutti i personaggi, salvo una Jovovich sempre divina ma un po' sacrificata nel ruolo. Altro punto a sfavore è la trama, che se per il  primo tempo regge va sempre più per sfilacciarsi fino a incasinare le dinamiche di tempo e spazio sul finale, a cui per altro arriva con il fiato un po' corto. Ma quello che davvero pesa alla fine è tutto il potenziale epico inespresso, materia che Del Toro trattava con i guanti bianchi e che Marshall getta alle ortiche non sapendo bene cosa farsene. E questo è un po' grave se cerchi di fare un film sulla mitologia della fine del mondo, anche se non letale se prendi la pellicola solo come un intrattenimento leggero dal quale non aspettarsi di più che un paio di ore di azione a rotta di collo.


- Conclusioni: se, come me, amate i mostri, lo splatter, le sparatorie, le battutacce e una azione concitata da videogame, amerete questo Hellboy come si può amare un onesto e curato film di genere, al netto delle differenze con le pellicole precedenti e, se siete fan del fumetto, trovando pure un'opera pure più vicina e coerente alla visione di Mignola. Questo Hellboy "ci sta", in una ipotetica mini-maratona, a fianco di The last Witch-hunter con Vin Diesel, di Hansel e Greatel- Ammazzavampiri, Constantine con Keanu Reeves e La leggenda degli uomini straordinari con Connery (per gradire aggiungerei pure un Uomo dai pugni di ferro e magari un Ghost Raider). Se la prospettiva di una simile scelta di titoli non rientra nelle vostre abituali preferenze, a questo giro il diavolo rosso di Mignola non fa forse per voi. In caso contrario, via di Popcorn con la mia benedizione. 
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