sabato 9 luglio 2016

Toxic Jungle: la nostra recensione!




- Premessa: questo film parla di musica e rimpianto ed è quindi necessario partire con lei prima di infilare una serie di parole infinite. Con la musica argentina, del Perù e dell'Amazzonia
I Los Gatos, il gruppo che ha ispirato gli Hermnos Santoro, la band protagonista del film

e i Los Wembles, della compagine amazzonica

- Trailer!

- Sinossi allungata con filtro: Tra la fine degli anni '60 e l'inizio dei '70 il gruppo degli  Hermanos Santoro, capitanato dai fratelli Diamond (Emilano Carrazone) e Nicky (Manuel Fanego) coltivava, produceva, arrotolava e aspirava puro rock psichedelico. Erano calienti, dal fisico sodo, capelloni e giovani, si vestivano come fossero usciti da Jesus Crist Superstar e facevano assoli senza senso con chitarra distorta da trenta minuti. Argentini, cantavano nella loro lingua e non scimmiottando l'inglese perché era la lingua del loro popolo, quella con cui baciavano e facevano l'amore. I due fratelli suonavano fin da bambini, con Nicky il più grande che faceva da maestro e da sempre annotava sul suo quaderno da disegno suggestioni per le copertine dei loro album e testi delle canzoni. Chitarre elettriche distorte, sperimentazione di suoni esotici, il carisma dei due fratelli ultra-baffuti e del capello ribelle. Dal  primo loro pezzo trasmesso in radio al successo, donne ed eccessi il passo era breve. Così come cresceva la voglia di Nicky di sperimentale sempre di più "nuove sonorità interiori" passando dai bong a mezzi sempre più hardcore, gli sciamani e i loro intrugli per arrivare verso i più alti stadi di coscienza transitoria, al trascendente, alla magia. Un viaggio esoterico che lo avrebbe spinto verso la  scoperta dei riti segreti della foresta amazzonica, luogo che i barcaioli illegali del fiume dicevano tappa di gita vacanziera anche di Mick Jagger, e verso la fantomatica Ayahuasca, la bevanda tutta biologica con cui, con l'aiuto di un santone-guida "si attivava lo spirito",  si poteva comunicare con gli dei e arrivare a curare la propria anima. Una bevuta di intruglio accompagnata da seduta di tre ore di visioni e vomito supportato da canti sciamani, roba che se si vuole trovare se stessi dicono essere migliore di 10 anni di psicanalisi. Lo sballo curativo. Sballo e spiritualità in unica soluzione emotiva e sperimentale, alla ricerca delle radici che collegano mondo e uomo attraverso la natura incontaminata la "planta madre". Probabilmente per fumarsela e partire con assoli senza senso di chitarra distorta da trenta minuti. La strada ultra-dimensionale battuta e terminata-bruciata troppo presto per i molti "fan" della psichedelia, perché il fumo in fondo fa parecchio male. Narcos che devi frequentare per averlo, dipendenza e degrado del fisico che susseguono inevitabili ed effetti inattesi e spiacevoli che possono accadere mentre si è "in viaggio". L'uso e abuso di queste sostanze aveva comportato in qualche misura la fine di almeno due dei più importanti "Jim" della storia del rock,  nel cuore pulsante dei 60/70, la golden age di quel matto periodo in cui, forte di queste sostanze naturali al 100% e di qualche bong, un cantare come Robert Plant dei Led Zeppelin, in un momento che dicono di momentanea lucidità, poteva urlare ad un party, di se stesso, credendoci, forte del super-potere ultra-sensoriale indotto da nessuno sa bene cosa, "sono un dio dorato!".   Per gli Hermanos Santoro succedeva lo stesso e Nicky lo sciamano del gruppo, il leader carismatico, il copertinista e creativo, lo sperimentatore di suoni esotici, arrivava a quella fase in cui "per eccesso di trascendenza" mentre si incideva un nuovo brano sul sesso selvaggio partiva con assolo senza senso di chitarra distorta da quarantacinque interminabili minuti accompagnati da tamburelli nigeriani e voci di bambini peruviani di seconda media. Certo è un'iperbole. Non arrivava a tanto ma la via sembrava quella. Un po' troppo anche per gli standard psichedelici. Adorato da tutti, in primis dal fratello Diamond, Nicky si stava "perdendo" e il gruppo ne risentiva. Inoltre, dopo un successo rapido come un treno merci, si paventava già il declino per via della classica Yoko Ono, la affascinante e promiscua Pierina, carica di misticismo, astrologa, naturopata, interessata ai disegnini del quaderno di Nicky, mezza-cantante introspettiva pure lei, gambe chilometriche e seno spaziale. La classica sciagura per ogni gruppo, l'elemento di disturbo supremo. Misteriosamente il gruppo scompariva dalle scene, ma entrava nella leggenda del rock argentino. Qualcosa di brutto era accaduto, come spesso accadeva a molte rock band di quell'epoca, come era accaduto ai due Jim. Il viaggio spirituale che voleva intraprendere Nicky, quello in cui, raccontava alla band attonita, le persone piccole piccole si dovevano confrontare con la natura grande grande, si era interrotto per una tragedia.  Ma il viaggio sarebbe stato ripreso da Diamond, (Robertino Granatos) quaranta anni dopo, su spinta di una attempata ma sempre mistica Pierina (Camila Perisse'). Sarebbe stata ripresa la ricerca della Ayahuasca, la medicina dell'anima, la cura spirituale che sarebbe forse riuscita ad alleviare il male di vivere di Nicky, ma che non aveva fatto in tempo a curarlo. Ma come si prepara? Ingredienti esotici a parte e corso da sciamano amazzonico non compreso nella spiegazione...

grazie alla rete e senza rivelare dettagli compromettenti possiamo dire che: 1. per fare l'ayahuasca serve usare un secchio da imbianchino
2. la cottura all'aperto migliora la fragranza...non andate tutti insieme al Parco delle Groane peró...
3. la Findus non l'ha ancora considerata per i quattro salti in padella
4. la cottura fa molto pentolone magico o coca cola non le mentos...
La bevanda magica oggi può però aiutare il depresso, malato e vecchio Diamond, che dalla morte del fratello non è più riuscito a emettere un suono da una chitarra. Lo spirito del fratello sarà con lui in questo road trip nella calda Amazzonia alla ricerca di un santone - guida per l'uso della Ayahuasca. Nicky è già al suo fianco, Diamond lo vede fin dall'inizio del viaggio a saltellare felice sopra l'ala dell'aereo, beffardo come un dio dorato.
- Quegli anni psichedelici che ruggiscono ancora: Arriva nelle nostre sale con il titolo internazionale di Toxic Jungle,  "Planta Madre" (credo in riferimenti alla Ayahuasca..), film del 2014 di Gianfranco Quattrini, regista proveniente dai videoclip e qui anche tra gli sceneggiatori. Per produrlo, inserendo nel film alcuni dei più importanti complessi argentini, è stata creata una vera "Planta Madre committee". Toxic Jungle è uno strano e intrigante road movie sulla memoria  dei bei tempi (mai troppo "andati"), quelli dei "cappelloni" e della musica più trascinante e spirituale. Una importante, epica e giocosa incoscienza collettiva che da sempre e ancora oggi risuona nelle sale cinematografiche. Gli Hermanos Santoro purtroppo sono un gruppo fittizio, ma potevano tranquillamente essere autentici, come gli Stillwater di Amost Famous. Al cinema la psichedelia è di casa.  Abbiamo avuto drogatissimi film manifesto della stagione psichedelica come Apocalypse Now di Coppola e film (più recenti) a celebrazione dei maggiori gruppi rock della corrente. Tra questi il biografico The Doors di Stone, in cui il "livello psichedelico" raggiunto durante la produzione, per ricreare spiritualmente quei tempi, era tale che a fine riprese troupe e regista non solo non sapevano che film ne fosse uscito, ma gli venne il dubbio se avessero o meno girato qualcosa. Siamo di recente passati dal dolce, autoironico e autocritico omaggio al rock di Almost Famous di Cameron Crowe, allo scompigliato giallo psichedelico di P. T. Anderson, Vizio di Forma. Sostanze psicotrope e anni 60-70 sono una combinazione che va fortissimo anche in questo momento nelle sale con i Nice Guys di Shane Black e le sostanze psicotrope "da sole" sono in cartellone tanto con American Ultra che con il nuovo Cattivi Vicini 2 di Seth Rogen (un po' il bardo della cannabis su celluloide fin dai tempi di Strafumati on the road).  Nostalgia e misticismo. Credo c'entri qualcosa il fatto che dovremmo essere finalmente entrati dell'era dell'acquario tanto celebrata da Hair alla fine dei 70, ma potrei sbagliarmi. Riuscirà questa pellicola di Quattrini a riproporre l'aroma pungente di quegli anni o sceglierà la via del requiem ad memoriam?

- la psichedelia dell'animo umano: In effetti la psichedelia c'è, l'intero viaggio in Amazonia è un viaggio "tossico", anche se rivolto alla cura, al "de-tox", ma gli sgargianti colori e la musica del periodo psichedelico sono più un contrappunto al viaggio e al dramma interiore dell'anziano Diamond, interpretato dall'ottimo Robertino Granados. Ancora dopo anni di silenzio una rock star, al punto che se si lancia dal palco di un concerto i fan lo "prendono", non come succede a Jack Black in School of Rock.  Il passo instabile, lo sguardo allucinato, la voglia di bere e sedersi appena può, Diamond è un po' "conciato"ma vive e lotta insieme a noi.  L'ex star si sposta un po' barcollante ma fiducioso, stancamente ma fieramente, nei territori "ai confini del mondo" dell'Amazzonia. Tra sorridenti prostitute bambine, narcos incattiviti, festival musicali nostalgici, lunghi viaggi sul fiume su chiatte che sembrano piccoli mondi galleggianti, attraverso mercatini etnici dove se si è fortunati si può trovare un pescivendolo che di secondo lavoro faceva il santone. Perché al giorno d'oggi si può essere mistici solo part-time. Granados lavora molto per sottrazione come il buon Kitano. Dietro una maschera apparentemente impassibile si muovono febbricitanti piccoli muscoli facciali, sempre quelli giusti. Il suo Diamond "apparentemente impassibile" viene quindi messo alla prova e travolto in un vero e proprio flipper emotivo ordito, ma non malignamente, da Pierina e dal giovane Fefe', alla ricerca di un modo per rianimare la sua felicità.  La Pierina della Perisse' è una donna consumata e lacerata, perennemente in fuga nella spiritualità e ancora affetta da adolescente incoscienza. La Perisse' ne sottolinea la fragilità quanto l'orgoglio interiore, costruendo un personaggio interessante, che canta in modo struggente e non perde la voglia di accompagnarsi con un pur immaturo toy - boy. Fefe', interpretato da Santiago Pedrero, è il "ragazzo con la chitarra", i cui accordi diventano colonna sonora nei lisergici momenti della traversata del lungo fiume. Solare, positivo, ingenuo. Forse ricorda Diamond da giovane. Forse è l'unico personaggi a non essersi ancora "perso" nella jungla della vita e per questo più esposto ai pericoli della vita. Forse Diamond potrebbe essere per lui la guida che da  giovane è mancata a lui stesso. La trama sviluppa attraverso il suo personaggio interessanti spunti sul dialogo generazionale. Diamond non vuole che Fefe' suoni le canzoni di Nicky, perché "non gli appartengono". Non Appartengono alle nuove generazioni ma forse non appartengono più neanche a lui, che non ha più gli addominali, il sex appeal e il furore del tosto Carrazone, che lo interpreta da giovane. Diamond non trova più un senso a quella musica, non riesce più a capire il senso della musica e il ragazzo con la chitarra è lì, come insistente promemoria del passato. Viene trascinato in deprimenti festival che sembrano usciti da una serata di liscio di Radio Zeta, ma il ragazzo con la chitarra è sempre lì, a motivarlo. E' un conflitto tra ciò che oggi idealizziamo di noi stessi di ieri e ciò che realmente siamo nel presente. Una doccia fredda che Diamond deve superare. La migliore medicina per il passato è forse proprio guardare al futuro. Fefe' e Pierina vogliono in fondo solo che il musicista torni ad essere felice, che la musica torni ad essere perno e medicina della sua anima, ma la presenza metafisica del fratello è costante e ancora problematica. Il suo fantasma, interpretato dal vitale ma malinconico Manuel Fanego, quasi una emanazione della natura che si manifesta nella forza del vento e nel temporale, deve essere prima affrontato ed esorcizzato, perché Diamond torni a vivere. Non sarà facile nè senza dolore. Siamo quindi più dalle parti del bellissimo L'arte della felicità di Alessandro Rak e ben lontani dalla psichedelia del Paura e delirio a Las Vegas di Terry Gilliam. Tuttavia i paesaggi e la fotografia, così come una trama che mischia commedia e tragedia, riescono a trasmettere in modo sottile uno squarcio sul mondo interiore e il malessere di vivere di Diamond.
 

- E poi c'è la musica e il suo potere curativo: La musica argentina degli Hermanos Santoro, su ispirazione del gruppo argentino del Los Gatos, ricreata da Ariel Minimal

e Pipo Lernoud

la musica amazzonica dei Los Wemblers, dei Los Mirlos y Juaneco. La produzione è riuscita ad avere tutti i Los Wemblers originali, oltre ai moderni Grupo Ilusiòn e ai Dengue Dengue Dengue. Ora sapete cosa cercare in rete per apprezzare questo affascinante affresco musicale. Qui sotto gli attempati ma tosti Los Wemblers
qui invece i Los Mirlos
 

La musica dona alla pellicola una nuova e diversa tavola di colori, trasforma gli afosi paesaggi amazzonici in luoghi dal clima più temperato. Seduce ma si fa spesso da parte, sottolinea il giusto, compare quando serve.
- conclusione:  Quattrini vuole affascinarci, ci riesce, ma non dirci troppo. Il film compie continui salti tra passato e presente. I flashback si susseguono in modo disorganico come flussi di coscienza, ma trovano logica nella progressiva ricostruzione della interiorità di Diamond. Il nostro personaggio principale è sfuggente agli avvenimenti che lo circondano e noi con lui accettiamo il suo "muoversi in linea retta". Diamond è all'interno di un viaggio spirituale, mira al trascendente, poco si cura della realtà circostante fatta di narcos e traffichini, festival locali e fan adoranti. C'è tutta una sottotrama dedicata a Pato (Rafael Ferro), una specie di toy-boy / addetto al mixer di Pierina, più sfigato del Dillon di Non è un paese per vecchi, di cui non frega nulla al protagonista. Perché dovrebbe interessare lo spettatore?  Quattrini ci fa accettare tranquillamente questa anomalia, glissa, ci mette davanti Diamond e sfuma sul resto. Perché Diamond almeno all'inizio del viaggio è cinico e si trova in quei luoghi solo per un bisogno personale imprescindibile. E questo è un modo inconsueto di fare cinema, che ci porta un po' dalla parti dei fratelli Cohen. Per quanto riguarda il ritmo, Quattrini predilige un andamento lento e malinconico, il passo lento del barcone che porta alla bevanda magica. Non c'è fretta e questo avviene a tutto vantaggio dei personaggi, che con pochi gesti e relazioni ci conquistano  con umane imperfezione, mostrandosi tanto sfaccettati quanto irrisolti. Toxic Gungle è una storia di riappacificazione interiore che fa bene ogni tanto trovare in sala.
Toxic Jungle ci appare all'improvviso d'estate, nascosta dai cartelloni delle Tartarughe Ninja e dal nuovo horror di Wan. E' l'occasione per scoprire un diverso modo di fare cinema e per rispolverare qualche vecchio vinile colpevolmente impolverato. Calarsi su un barcone verso la foresta amazzonica con in sottofondo le chitarre distorte, per 87 minuti, è un ottimo modo per staccare il cervello e sognare di essere altrove.
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2 commenti:

  1. ho visto il film al cinema e avendo fatto uso di ayahuasca devo ammettere che il regista mostra bene il lato di "medicina del perdono"
    Siccome non lo danno più mi sarebbe piaciuto rivederlo in dvd o in streaming..
    Sapreste gentilmente consigliarmi una fonte?
    grazie
    Mario

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  2. Ciao Mario, purtroppo non c'è ancora una data per l'home video! Appena ne sapremo di più ti faremo sapere!

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