giovedì 7 gennaio 2016

Dylan Dog 351 - In fondo al male


Si chiama Fiona Fenn ed è di Port Frost, un paesino della Scozia di 5000 anime in riva al mare, reso fugacemente famoso negli anni '70 dalla bellezza delle sue misteriose coste, teatro di una misteriosa leggenda, riprese dallo studio Hypgnosis per la copertina di un disco dei Led Zeppelin, Houses of the holy. Leggere Dylan Dog e magari scoprire così i Led Zeppelin è come trovare un cassa del tesoro sepolta e carica di dobloni. Nell'albo viene pure "suonata" The Rain Song e visto che abbiamo youtube, con tanto di pezzo corredato visivamente dalla copertina del disco, aspetti che c'entrano con la storia, utilizziamo questo media player, per una volta, senza andare a cercare solo le gare di rutti. 


E' stato bello, vero? Ma so che voi volete anche la gara di rutti ...


Ok, pratica evasa, torniamo a noi.
Fiona Finn ha un problema che la porta lontanissima da Port Frost, direttamente a Londra, in Craven Road, al campanello urlante dell'indagatore dell'incubo. La sua amica Molly Maclachlain è sparita da una settimana senza avvisarla, scomparsa nel nulla e forse finita male per via della brutta gente che frequentava. Anche se Dylan non si occupa di casi "ordinari" Fiona lo travolge, scatta la scintilla e il nostro eroe non aspetta nemmeno una tavola dell'albo per partire con lei verso Port Frost. Purtoppo non fanno in tempo ad arrivare a destinazione che già scorgono il corteo di un funerale. Molly è stata trovata uccisa e l'indagine di Dylan si tramuta rapidamente un una caccia all'assassino. Port Frost nasconde molti segreti, celati con cura dietro il volto amichevole, da cartolina, delle sue coste lussureggianti. Ma se qualcuno "togliesse il tappo" e tutta l'acqua turbinasse via come lungo lo scarico di un lavandino, il vero volto della cittadina si paleserebbe con tutta la sua deforme mostruosità. 

Primo numero di Dylan Dog sceneggiato da Ratigher, un autore di graphic novel interessante, fresco, piuttosto originale e ruvido nei suoi testi. Un animo inquieto perfetto per il personaggio inquieto per autonomasia. In questo caso non disegna lui l'albo, come solito, ma Alessandro Baggi, già attivissimo su Dampyr. 
Rathiger allestisce una storia davvero criptica e per me complicata, un flusso di coscienza che proverò a descrivervi nella consapevolezza che magari posso andare del tutto fuori strada. Per questo vi invito, se volete, a offrirmi nei commenti una vostra interpretazione della storia. E' comunque una chiave che potrebbe guastare una lettura preventiva e peraltro ve la fornisco sotto 

SPOILER



Questo non è per me un fumetto con protagonista Dylan Dog, quanto piuttosto uno Slice of Life. Una specie di racconto sulla quotidianità della vita, la narrazione di un fatto che ha ripercussioni sulla routine. Come tipo di racconto stiamo dalle parti di molte opere di Gipi, Zerocalcare e Jiro Taniguchi. In questa storia di Ratigher osserviamo la vita di una ragazza di provincia nel momento in cui si trova davanti alla perdita di una amica cara. Fatto che la porta a un ripensamento generale sulla vita che sta vivendo. In questo contesto Dylan esiste per lo più come una sua proiezione immaginaria. Un Dylan che tutti conosciamo tramite i fumetti, racchiuso nei suoi tic e argomentazioni tipiche. Un Dylan che risulta ininfluente ai fini del racconto perché forse la protagonista stessa è convinta della sua inesistenza. In senso ancora più lato potrei spingermi a considerare questo l'albo la risposta alla domanda: "In che misura l'evasione nel mondo della fantasia fornita da un fumetto riesce ad alleviare i dolori della vita reale?". 
Mi ricorda un po' un lavoro di Crepax in cui Valentina incontra Humphrey Bogart. Una ragazza che ama il nostro fumetto preferito, e questa è Fiona, sa che Dylan cadrà in ginocchio davanti a una bella donna (magari la lettrice stessa, lei), sa che se troverà nella sua casa un clarinetto si metterà a suonare male il Trillo del Diavolo, sa che davanti al pericolo sarà sempre disarmato, a patto che nelle vicinanze non ci sia il suo assistente a tirargli la pistola. Sa che in fondo non esiste e la soluzione ai suoi problemi deve trovarla da sola, ma comunque spera di essere incoraggiata, ispirata, dalla sua "presenza". Come un'ancora in mezzo al mare. Una speranza. Che in fondo è quanto si chiede ad un buon fumetto, soprattutto se rivolto ai più piccini, una scala di valori, la visione di un mondo migliore. 
Appioppando così alla "bell'e meglio" la categoria Slice of Life, trasformando così l'indagatore dell'incubo in una specie di "armadillo immaginario" (cit. Zerocalcare) che tutti vedono, la storia fin da subito si sposta ancora di più in campo onirico-metaforico, laddove la distruzione del mondo interiore della protagonista coincide con la distruzione della intera Port Frost. Alla fine dell'albo sappiamo che Fiona sa benissimo che fine ha fatto la sua amica, ma non vuole accettarlo (forse è partita "metaforicamente" per Londra dopo la morte della sua amica). Parimenti non vuole accettare che il suo piccolo borgo isolato dal mondo, una volta luogo sicuro e felice,  non gli piaccia più e non sia più sicuro, isolato dal resto del mondo. La strada che sta riaffiorando sotto il mare la porterà a unire la sua piccola realtà, che l'ha tradita, con un mondo più ampio ma che se vogliamo è in grado di spaventarla anche di più. Anche se forse metaforicamente è l'accettazione di essere diventata grande e più sola.

FINE SPOILER



Questo è quanto ho immaginato dopo un paio di letture, segno delle alte potenzialità dell'autore a fronte di una scrittura forse ancora troppo aspra, oscura e per nulla addomesticata alle regole più rodate dello story telling a fumetti. Qui il tasto lettura con pilota automatico è rotto. Avrà sicuramente influito il fatto di non aver disegnato lui l'opera o di essere stato seguito da un apparato redazionale che ancora non conosce, ma di questa opera di Ratigher si apprezzano molto di più le intenzioni che la resa finale. Senza l'interpretazione che ho provato a fornire sotto spoiler, che non è ovviamente oro colato, affrontando la lettura con le aspettative di un albo tradizionale, magari da leggere dopo pranzo nel pre-pennichella della domenica pomeriggio, questo racconto ha gli effetti classici della peperonata: un incubo. La protagonista si comporta come una squilibrata, una specie di ninfomane bipolare con scatti di depressione e violenza. Il nostro eroe ripete a macchinetta e all'infinito le sue "pose tipiche", il suo essere seduttivo, vegetariano, animalista, astemio, scettico e pessimo suonatore. L'indagine non va da nessuna parte fino a che a metà albo si dice: "Andiamo là!"senza che la cosa assuma davvero un senso anche dopo la fine dell'albo. Forse c'è pure un tocco fuori tempi massimo del "millennarismo" di fine anni '90. Tutte cose che avrebbero un senso se fossero spiegate in modo più chiaro, senso che magari lettori più svegli di me hanno saputo cogliere subito. Io ci ho messo un po', ma alla fine la gita a Port Frost me la sono goduta. Anche grazie alla colonna sonora dei Led Zeppelin. Rileggendola più volte. Anche grazie alle tavole disegnate da Baggi.

Questo autore ha un tratto che richiama molto come rappresentazione dei personaggi il lavoro del rodato-amato duo dylaniato Montanari e Grassani, cui aggiunge una peculiare "esasperazione drammatica" nei visi, con tanto di occhi spalancatissimi e bocche che sembrano sempre sul punto di urlare, per me piuttosto gradevole e "vintage". E poi ha disegnato una protagonista sexy e con il fondoschiena notevole, aspetto che fa sempre piacere. Le scenografie sono davvero molto belle e particolareggiate, tanto quelle vivide e realistiche di Port Frost quando quelle surreali e disturbanti delle sue coste.  La struttura della tavola per la prima parte del racconto riprende i canoni classici cui siamo abituato con il mensile, ma nella seconda parte assistiamo a delle vere montagne russe, con la "gabbia bonelliana" (la divisione della tavola in rettangoli per lo più da sei) che si riduce, si moltiplica per poi diventare splash page per poi diventare "a cinque vignette" (con la centrale a campo lungo cinematografico) fino a invadere i bordi della tavola e abbattere ogni barriera, diventando tavola pittorica a tutto campo. Davvero interessante la sequenza da pagina 64 a 76. Mi ha molto colpito.
Quindi accogliamo con gioia Ratigher nella scuderia degli autori di Dylan Dog, sicuri nella sua maturazione artistica e giusto con la preghiera di venire incontro ai lettori più anziani come me, magari con intrecci più semplici (ma mai a discapito della sua originalità, che si nota e stima da subito). Baggi mi è piaciuto e lo attendo su altri lavori. Un numero da rileggere bene più volte. Non perfetto ma stimolante. Ruvido ma per questo anche sincero, emotivamente forte. 
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2 commenti:

  1. Un numero sopravvalutato per me. Banale e retorico. Questo diventa chiaro nelle tavole finali. Atmosfera affascinante però. Anche i disegni non mi hanno fatto impazzire, soprattutto le espressioni facciali.

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  2. Grazie per le tue considerazioni! Torna a trovarci presto!

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