giovedì 13 agosto 2015

Whiplash - in home video



Andrew (Miles Teller) vuole diventare batterista Jazz e per questo si allena oltre il limite umano per essere il più veloce e preciso possibile con le bacchette. E darci dentro con la batteria è qualcosa di tostissimo, si spezzano le unghie , la pelle si consuma fino a sanguinare, le ossa piangono e le braccia continuano a muoversi anche mentre dormi. I batteristi metal compensano con sonno extra, groupies e Jack Daniels, ma Andrew è in una scuola, la migliore, con orari da caserma e zero distrazioni. Le donne solo un sogno lontano.
Fletcher (J.K. Simmons) è un cacciatore di mostri come Jeremy Wade. Solo che non si occupa di anguille e pesci gatto, Fletcher cerca delle "iredidio" che suonano. Formalmente è un insegnante, quello che tutti vogliono avere, quello che ti apre le strade e ti farà diventare ricco. Ma a Fletcher non basta che tu lo ripaghi di fatica e sudore, lui vuole la tua anima. Per poterci giocare, da calpestare, stritolare, spezzare, squartare, tritare e atomizzare al punto da renderla polvere d'acciaio con cui forgiare il musicista definitivo. Un processo ambizioso, ma da perfezionare. Finora l'insegnante è a zero divinità musicali create, due o tre tizi che hanno comunque sfondato e parecchie decine di promettenti musicisti depressi, pazzi ed esauriti che hanno cambiato lavoro o sono sul punto di suicidarsi. Ma quando la band diretta dal sadico bastardo suona in pubblico, non ce n'è per nessuno e l'anima del Jazz nel suo aroma più profondo si sprigiona nell'aria.
Andrew è ora nella lista di Fletcher. Sembra tutto un sogno all'inizio. Ma riuscirà a sopravvivere alla terapia d'urto dell'insegnante o è destinato a mollare e andare a vendere poltrone?


Come un fulmine a ciel sereno, il regista esordiente Daniel Chazelle sforna dall'elaborazione di un corto quello che è probabilmente il film dell'anno. C'è la magia della musica, ci sono l'eleganza e unicità delle ambientazioni, ci sono due teste che combattono colpo su colpo, allievo e insegnante, alla ricerca dello stesso risultato ma anche del loro ruolo nel mondo, ma in modi folli, autodistruttivi. E poi c'è il sangue, il terzo attore in scena. Presente non meno che in un film di arti marziali, il sangue letteralmente ribolle ed esplode come emanazione dell'ardore dei protagonisti, avatar di una forza di volontà che vuole a tutti costi superare i confini fisici del corpo umano. La dimostrazione, il miglior biglietto da visita, di quanto è mastodontico l'impegno che i musicisti spremono dentro gli strumenti per regalarci uno spettacolo indimenticabile. Se Shine mi ha spinto a comprare musica classica, Whiplash mi ha fatto lo stesso effetto per il Jazz. La musica può essere un lavoro duro, non solo storie di sbronze colossali e inalazione di acidi che ti fanno vedere insetti invisibili (biografia di Nikki Sixx cit.). Un esercito che si muove all'unisono, spalla contro spalla nella piena fiducia dei propri compagni d'arme. Un piano d'azione che non permette respiro o ripensamenti. L'ossessione dell'esecuzione perfetta ma realizzata nel mood giusto, con la testa in armonia con il mondo, vigile ma rilassata, sicura. Le note che scorrono come DNA, partono dalle braccia come riflessi condizionati permettendo alla testa di riarrangiare, giocare, modellare sul momento l'armonia, trasformarla sempre in qualcosa di diverso. Il potere immenso del Jazz. Per rendere al meglio questa esplosione sensoriale servivano attori giganteschi.
Miles Teller è uno dei più promettenti attori degli ultimi anni. Al punto che se andate su Imbd vedete il sito tra i suoi film principali ha tolto dalla schermata iniziale il recente floppone Fantastc 4. Non se lo meritava quel pasticcio. Ha la faccia ancora da ragazzino, ma tiene in serbo una specie di fulmine negli occhi, un fisico apparentemente magrolino ma che letteralmente si espande, definendo i muscoli, mentre sputa l'anima sulla batteria.  Un mix di fragilità ed energia, sul piano tanto fisico che emotivo, Teller cuce così bene la parte su se stesso che ci ricorda quasi il primo Rocky di Stallone. Esaltante.
J.K. Simmons non ha bisogno di presentazioni per chi lo ama da sempre. Chi lo ha seguito nel telefilm Oz sa quanto questo esperto attore di mille pellicole, spesso usato in ruoli rassicuranti, sia in grado di esplodere come una mina impazzita da un momento all'altro, veloce e imprevedibile. Whiplash è la consacrazione del suo formidabile talento. Fletcher è gentile, preciso, amabile nel raccontare aneddoti sulla musica, innamorato della sua arte è trasportato da reale affetto per i suoi studenti. Allo stesso tempo li valuta alla stregua di strumenti, ne testa di continuo potenziale e punti di rottura, ossessionato nel fornirgli i giusti stimoli. E Flecher crede che per migliorare un musicista sia imprescindibile gettarlo in un'arena, spingerlo alla lotta contro altri musicisti come lui, renderlo scaltro è ricoperto di sangue, farne un sopravvissuto.
Fletcher come R. Lee Ermey dirige il suo plotoncino jazz. E poi piange ascoltando la tromba di un ex allievo, sfiora con gentilezza e trasporto le note di un piano. Un personaggio complesso, odioso quanto amabile, umorale quasi alla schizofrenia. Venera la musica ma prima ancora venera il talento dei musicisti ed è disposto a qualsiasi bassezza pur di farlo esplodere. Ricorda quasi il personaggio di Samuel L. Jackson in Unbreakable, il fine per lui giustifica sempre ogni mezzo. E questo aspetto lo rende anche un po' inquietante.
Personaggi così diversi di scontrano con una forza e brutalità unica, in chiave bromance (termine che siamo ormai condannati a risentire mille volte) non siamo mai sicuri se stiamo vedendo tra di loro un balletto o un combattimento. I riflettori sono tutti per loro e per una musica da sogno, quel Whiplash del titolo di Hank Levy, degli anni '30, una autentica sadica palestra per diventare batteristi super precisi e super veloci. Se amate la musica non vi private di questo film. E anche se non la amate. È davvero un gioiello. Lasciatevi trasportare dall'ipnotico incedere della batteria. Favolosa la colonna sonora di Justin Hurwitz. Uno spettacolo.
Talk0

Nessun commento:

Posta un commento