venerdì 30 agosto 2024

La bicicletta di Bartali: la nostra recensione del film di animazione di Enrico Paolantonio, nato da un’idea di Israel Cesare Moscati, su come lo sport sia “l’arma migliore” per superare le differenze culturali, porre fine alle guerre e cambiare la storia

Secondo il libro del Talmud: Chi salva una vita, salva il mondo intero. 

Se è possibile cambiare la vita di qualcuno anche con piccolo gesti, a volte può essere facile diventare eroi. 

Certo, serve la volontà di impegnarsi in imprese che possono essere pericolose. Serve essere consapevoli che non si avranno medaglie, se non dopo molti anni. Occorre avere come unico fine l’aiutare gli altri a cambiare in positivo il mondo e nel rispetto di tutti. È complicato. 

Ma con la loro volontà e le loro azioni, grandi o piccole, anche gli eroi più osteggiati e isolati possono dare inizio a piccole e grandi rivoluzioni, diventare “esempio”.  Se è vero che “le persone non sono cattive per indole”, ma semplicemente quando hanno paura tendono a chiudersi in se stesse, un esempio di coraggio può “risvegliare le coscienze”.

Gino Bartali (con la voce di Tullio Solenghi), uno dei più grandi e riconosciuti “eroi dello sport, non è stato “solo” uno dei più straordinari ciclisti di sempre, ma anche, in assoluto segreto, un “eroe della Storia”: un uomo che con il suo coraggio ha salvato la vita a centinaia di ebrei. Lo ha fatto con lo stesso impegno con cui si sfidava con Coppi. Lo ha fatto con la sua bici a tre rapporti, facendo più volte la staffetta da Firenze ad Assisi, superando i posti di blocco con la più semplice delle motivazioni: “mi sto allenando per le mie gare, sono Gino Bartali, mi conoscete tutti”. 

Lo fermavano comunque, lo perquisivano, non gli trovavano nulla e non riuscivano a capire cosa stesse facendo di sospetto; anche se in effetti “era sospetto”. Ci doveva essere un trucco, che ben nascosto di fatto c’era. 

Era all’interno della bici che Gino trasportava dei documenti da falsificare, per permettere alle famiglie ebree di uscire dall’Italia e salvarsi presentando carte di identità con nomi diversi. I documenti erano arrotolati nella canna del veicolo, simili a piccoli salami, legati insieme a un sistema di ganci a uncino ideato da Alberto (Richard Benitez), un piccolo meccanico delle bici. Un trucco piccolo, semplice quanto efficace. Quasi invisibile, ma che senza il coraggio di Bartali di fare avanti e indietro, rischiando che lo scoprissero, non avrebbe funzionato.

La guerra era finita, la bici fu regalata dal campione al piccolo meccanico, che anni dopo è diventato “nonno Alberto” (Augusto di Bono) e oggi vive in Medio Oriente, a Gerusalemme, non troppo distante dalla striscia di Gaza. 

La tre rapporti di Bartali rispetto alle biciclette moderne è con il tempo diventata uno strumento estremamente “pesante”, non adatto a competere. Ma rimane ancora fieramente appesa sulla rastrelliera più bella di Alberto, come un cimelio inestimabile, lucidata e riverita ogni giorno, al centro del suo negozio di bici a gestione familiare. Un negozio che ora sta per “sfornare” un nuovo piccolo campione delle due ruote: il suo giovane nipote biondo David (voce di Sebastiano Tamburrini). 

David, membro di spicco della squadra israeliano palestinese, è impegnato anima e corpo nel torneo Juniores. È quasi ossessionato dal riuscire a migliorarsi in un tortuoso quanto complesso percorso di montagna, al punto da svegliarsi sempre all’alba per inforcare la bici e affrontarlo. 

Il ragazzo è teso per la necessità di stare concentrato sul percorso per tutto il giorno, mangia poco e rincasa tardi. Si addormenta in pochi secondi, senza nemmeno avere la forza di ascoltare le bellissime storie della piccola sorellina Sarah (Bianca Donati). Per Sarah, David è già a tutti gli effetti un eroe: con carta e pastelli ama ritrarlo mentre in bici combatte contro la strada di montagna, che si trasforma progressivamente in un terribile serpente. Come un supereroe, David riesce sempre a sconfiggerlo. 

Un giorno, nella sua lotta mattutina contro il grande serpente, David incontra Ibrahim (Jacopo Cioni): un ciclista come lui, dai capelli scuri, che corre per la squadra araba. Ibrahim è veloce e forte quanto David, al punto che i loro scontri quotidiani, tesi quanto carichi di sforzo agonistico, aiutano entrambi a diventare ciclisti più competitivi e resistenti.

Sono “rivali”, ma le rispettive squadre e famiglie li vorrebbero “nemici”. Figli di culture che non dovrebbero nemmeno comunicare tra loro. Non viene accettato di buon grado soprattutto il fatto che i due inizino ad avere un forte rispetto e stima reciproca, quasi un'amicizia. Piuttosto che fargli fare “comunella”, la squadra di Ibrahim gli toglie la bici. La squadra di David, parallelamente, lo butta fuori dalla rosa impedendogli di concorrere. 

Allora David e Ibrahim, il cui impegno ha contagiato entrambe le famiglie, decidono di correre insieme. Come terzo necessario componente della squadra Ibrahim riesce a ottenere che suo cugino, che vive nella striscia di Gaza, possa avere un permesso speciale per correre con loro, solo quel giorno. 

La situazione si fa ancora più difficile. 

La montagna-serpente sulla quale ogni giorno i due si allenano viene coperta di cocci e ostacoli per farli cadere dai rispettivi ex compagni. Arriva la gara e con lei i sassi, scagliati su di loro dal pubblico. Una bici della squadra si rompe, tutto appare finito.

Ma nonno Alberto ha con sè una bici tre rapporti che anni prima aveva cambiato la sua vita è quella di molte famiglie. La bicicletta di Bartali torna così a fare la Storia.


La bicicletta di Bartali è un film di animazione che nasce da un’idea del regista Israel Cesare Moscati, purtroppo scomparso nel 2019. Moscati era un esperto documentarista, che aveva dedicato gran parte della sua vita alle storie dall’Estremo Oriente e sopratutto del periodo della Shoah: alla ricerca di racconti di vita vissuta “di frontiera”, ma anche di possibili vie d’uscita da una realtà, quella del conflitto israeliano-palestinese, che negli anni è diventata sempre più complessa quanto tragica. 

Come ne I Bambini di Gaza, il romanzo di Nicoletta Bortolotti da cui è stato tratto di recente l’ottimo film di Loris Lai, anche per La Bicicletta di Bartali il futuro della martoriata terra di confine passa attraverso lo sguardo di nuove generazioni, a cui viene permesso di guardare il mondo come bambini, anziché come piccoli soldati. Ne I bambini di Gaza un ragazzino arabo e uno israeliano si incontrano, scoprono l’amore comune per il mare e il surf, diventavano sulla stessa spiaggia, entrambi, allievi di un surfista americano. Ne La bicicletta di Bartali è ancora lo sport a unire le due culture: attraverso un linguaggio più semplice e più umano, impastato di “fatica”, sudore e rispetto reciproco. 

Un linguaggio che porta i due a guardare il mondo circostante con uno sguardo diverso: un unico circuito di gara sul quale correre insieme con la bici, in cui i confini geopolitici non hanno più lo stesso peso e dove anche i muri, compreso il terribile e sovrastante muro che divide Gerusalemme dalla Striscia di Gaza, non sono altro che un provvisorio brutto paesaggio costruito dall’uomo. Confini che possono dissolversi e essere “sconfitti” come la montagna-serpente, (seppur qui ancora e solo con la fantasia, una “dirompente fantasia”) se ad affrontarla sono due piccoli eroi che si tendono la mano e non credono più nella necessità di quei muri. 

Due eroi armati di una bici-Excalibur, la cui storia/leggenda diventa sempre più grande e coinvolgente: laddove questo “oggetto magico”, con la sua livrea ben conservata, ci racconta che le guerre, anche le più terribili, possono finire.   


Sulla base del bellissimo soggetto (e prima bozza di sceneggiatura) di Moscati, Rai Kids raduna alcuni dei suoi attuali nomi di spicco nell’animazione. Il regista Enrico Paolantonio, il chara design Corrado Mastantuono, lo sceneggiatore Marco Beretta, il background design Andrea Pucci li abbiamo infatti già conosciti e apprezzati come  autori della serie tv dedicata al fumetto Bonelli Dragonero

La realizzazione delle animazioni, che mescolano lo stile classico a quello tridimensionale, adatte a rappresentare bene le gare di bici quanto momenti onirici decisamente riusciti, sono opera in partnership dell’italiana Lynx Multimedia Factory, del gruppo indiano Toonz e dello studio irlandese Telegael.

Le musiche, evocative nella loro scelta di mixare elettrico e sinfonico, sono opera di Marcello De Toffolo. La bella canzone dei titoli di coda è firmata da Noa e Gil Dor. 

Davvero molto convincente tutto il cast vocale. 

Semplice ma incisiva la storia, nel suo raccontarsi in modo chiaro e non stereotipato, pur considerando che il pubblico di riferimento sono i bambini più piccoli. Gradevoli e chiare le animazioni, molto brillanti e carichi di colore i disegni. 

La Bicicletta di Bartali è un film per ragazzi interessante e realizzato con molto cuore, che ha esordito da poco al Giffoni Film Festival e a cui auguriamo ancora un lungo periodo nelle sale, soprattutto in ottica didattica. 

È una pellicola intelligente, semplice ma incisiva, carica di spunti sulla attualità ma in grado di far leva anche sulla fantasia e su una non banale rappresentazione dello sport agonistico. Un film particolarmente adatto a essere visto dai bambini delle elementari come dai ragazzi delle medie, che a settembre ripartiranno con il loro ciclo di studi, mentre i ragazzi che vivono in Medio Oriente purtroppo si trovano ancora in una realtà da incubo, che nemmeno anni fa Moscati avrebbe mai voluto vedere. Una realtà dura quanto tragica che la scuola ha però il dovere di raccontare e studiare, anche con strumenti narrativi ideali come questa pellicola. 

La bicicletta di Bartali è un film che guarda con rispetto al passato e racconta con ottimismo e speranza. 

È uno di quei film di cui in questi tempi abbiamo maggiormente bisogno per immaginare il futuro. 

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