lunedì 27 aprile 2020

Dragonero - il ribelle: "La voce della foresta profonda"



- Premessa - Dragonero e Jack London : 

Guardate come se la tira!

prima che diventasse l'anno delle maledette micro-palline con la coroncina, il 2020 aveva dei piani diversi, almeno per Disney: sarebbe dovuto essere l'anno della grande celebrazione del mito del "cane da slitta". Un revival cinematografico a tutto tondo, che parte addirittura da temi attuali e scottanti come i "grandi errori della Storia dei cani da slitta", con la riabilitazione del cane da slitta "Togo", con una pellicola di Ericson Core con protagonista Willem Dafoe. 

Locandina un po' ambigua, con ADfoe che pare essersi fatto un bel pellicciotto di cane da slitta

Togo, ora lo potranno gridare le nuove generazioni dei suoi cuccioli, è il vero vincitore della "corsa del siero del 1925 a Nome in Alaska (conosciuta anche come "grande corsa della Misericordia"), titolo rubatogli del raccomandato politico Balto, cui per la stessa impresa avevano dedicato un film animato Warner Bros, diverse statue e fama. Come nei peggiori scandali sportivi, la gran parte della corsa l'avrebbe fatta la slitta del cane Togo, con Balto che si è imbucato al comando negli ultimi otto metri di gara uscendo da un McDonalds in cui era stato da sei giorni e tagliando il traguardo per primo. Tutti sapevano ma hanno taciuto (immaginiamo per via delle potenti lobby dei cani da slitta), ma dopo quasi 100 anni "giustizia per Togo" è stata fatta. Messa questa pezza doverosa, la Disney è passata alla fase più filosofica del progetto, se vogliamo: l'esegesi attualizzata al "Disney Live-action" del mito massimo per ogni cane da slitta di sempre, l'immortale Il richiamo della Foresta di Jack London, papà di Zanna Bianca e più volte portato su schermo. 

Trova sei piccole differenze con il disegno di copertina di Dragonero

Il film omonimo diretto da Chris Sanders con Omar Sy e Harrison Ford è una vera bomba, il racconto del viaggio di ritorno alla natura eco-sostenibile e da green-economy di un "civilizzato" cagnone "alla Beethoven" (la razza non sarà quella ma l'attitudine sì) diverte, commuove e probabilmente, se mi concedete una riflessione personale, ne fa l'unico film con protagonisti dei cani che finora non mi faccia vomitare per quel misto di orticaria e diabete che mi procurano questo tipo di pellicole. Bello, per davvero. E quindi trovo doveroso e necessario che anche Dragonero, sulla scia del grande "anno del cane da slitta che non è stato" oggi declini la sua versione personale della mitologia di Jack London sul "richiamo della natura".


L'elfa Sera in questo numero di Dragonero - il ribelle non traina ancora nuda, sulla neve e con le sue gambette senza ceretta, una slitta carica di medicinali, posta e Omar Sy (magari lo farà nei prossimi numeri, attenzionando i per ora silenti "attivisti pro-elfi"), ma la struttura narrativa di fondo mantiene comunque molti punti di contatto con "l'altro richiamo", compresa la presenza di una creatura dai contorni magici "che richiama", che in questo caso non ha la forma di un grande lupo ma di una specie di Poison Ivy. Il "legame" tra Sera e questa Poison Ivy possiamo anticipare che trova le radici nell'incredibile capolavoro della "donna ragno" che abbiamo conosciuto come ottima artigiana internazionale, che "IKEA spostati" nel numero 64, quasi a livello del Garpez (e già sento le vocine nerd urlarmi: "Mannooo, guarda la foggia e le incisioni, è un omaggio alla prima suit di Battle Angel Alita di Kishiro! Sei troppo cattivo!"). Insomma, tutte le premesse di una trama a favore degli artigiani della qualità, solo che parliamo di un legno lontano dalle foreste innevate del Nord America, più vicino alle spaventose "foreste dalla notte infinita" di Blair Witch Project (omaggiato anche in una tavola di pag. 48 e nella prima tavola di pag. 64, dove un certo personaggio assume una posizione molto simile alle celebri "bambole di legno").



- Sinossi fatta male: Cosa può fare una Elfa adolescente erondariana con per genitori un orco e un biondino ultra-preoccupati/apprensivi quando viene sgamata di notte a scappare dalla propria cameretta in cerca di una cannetta di Owia, che ti fa fare i viaggi psicotropi? Può bastare inventarsi cose hippy come "sento il richiamo degli alberi di Owia, datemi tregua, prendo l'uccello gigante, metto il casco, esco, non mi aspettare svegli"? Ovviamente no, i genitori adottivi non se ne andranno! Ma l'Erondar è grande e ricco di sostanze psicotrope biologiche al 100%, così Sera riesce a convincere biondino e orchetto che il "richiamo" potrebbe portare tutta la famigliola dalle parti di Frondascura, dai sui genitori naturali, in un bosco guarda caso pieno di funghetti che "ti illuminano il cammino psicotropo", facendoti arrivare a sentire il richiamo di enormi alberi di Owia psicotropi. I nostri eroi partono, contenti di condividere un bel momento familiare con la piccola Sera e i simpatici elfi di Frondascura. Come finirà la vacanza? 


- Bel tempo di Sera: Fesserie a parte, ci mancava davvero l'elfa Sera, che abbiamo visto davvero troppo poco negli ultimi numeri di Dragonero. Tutti poi qui in redazione amiamo e attendiamo avidamente l'inside-joke  "cosa fa questo mese Sera con un uccello?", con cui possiamo esplorare le sempre diverse, a ogni numero, interazioni tra Sera e "il mondo dei volatili erondariani". Con queste nobili creature di stazza fantasy variabile (un intero mondo di "Uccellacci e uccellini", citando Pasolini) Sera condivide una sensibilità teneramente affine, che riesce a declinarsi in modalità di comunicazione sempre uniche e appropriate. Sera li accarezza tenendoli tra le mani, li porta al sicuro nel nido, ci monta sopra per volare e combattere, si sente anche lei stessa un uccello, molte volte in gabbia anche se dotata di una sua indipendenza, perennemente in volo e per questo lontana dalle proprie "radici". I volatili più piccoli sono un po' come le sue bambole, li cura come lei stessa vorrebbe essere curata e accudita, esplicitano un bisogno di "coccole" che spesso rimane inespresso. A cavallo dei volatili più grandi, un rapido mezzo di trasporto e battaglia, Sera diviene una guerriera, una unica creatura veloce e implacabile in grado di frantumare eserciti. A metà strada tra il pulcino da accudire nel nido e lo sparviero che domina il cielo, Sera stessa diviene quindi un "pettirosso da combattimento", per dirla come la Berté. Una creatura del cielo "oggi ancora più cazzuta", proprio perché adolescentemente "ribbbelle su questa testata ribbbelle", che non mi stupirebbe quasi immaginarla, tra i tanti sguardi cupi e azioni da ninja di una nuova sicurezza di sé, con una mitragliatrice al posto della gamba protesica come la Rose McGowan di Grindhouse - Planet Terror. Forse "troppo adulta?". Una mitragliatrice protesica tecnocratica fatta di sacro albero Owia in arrivo? ...io propongo...
Ma mettiamo da parte mitragliatrici falliche e uccelli fallici e torniamo a noi, torniamo a questa Sera divisa tra passato e presente, al centro della tempesta esistenziale e ormonale, in una ideale "terra di mezzo dell'adolescenza elfica", al punto che in questo numero è rappresentata "una e trina". Una Sera del passato, del periodo in cui aveva ancora due gambe e contorni infantili, che ha vissuto una avventura parallela agli eventi che hanno impegnato Gmor e Ian nel contrastare gli Algenti nei numeri 52-53. Una Sera del presente, dall'animo tormentato in cerca di risposte sul suo ruolo nel mondo. Una Sera che si proietta in un futuro misterioso, per un istante adulta. Barbieri, l'attuale curatore di Dragonero è autore principale della storia, quello che ha tratteggiato gli eventi passati e presenti con Sera protagonista. Vietti, uno dei due "papà" di Dragonero, ha invece aperto un misteriosissimo squarcio sul suo futuro, cupo e terrificante, molto "heavy metal" se vogliamo. Potremmo quasi dire che Barbieri e Vietti si sono quindi comportati come i i tre fantasmi del Racconto di Natale di Dickens. Forse anche Sera, come piccolo e fragile Timmy del racconto, riuscirà ad arrivare indenne alla fine della storia, ma per ora nessuno può dirlo.  Anche dal  lato visivo abbiamo davanti tre ritratti di Sera, uno diverso per ogni diverso squarcio di tempo, "tra passato, presente e futuro". Le straordinarie tavole dell'albo per questo sono state divise tra il primo copertinista della testata, Giuseppe Matteoni (pagg 84-89) il bravo Giuseppe De Luca (pagg 40-79) e l'attuale copertinista, Giuseppe Pagliarani (prime 39 pagine, da 79 a 83 e da 90 a 98). Sono disegni  che idealmente si specchiano e contrastano per diversità sottili, laddove anagrafica elfica in larga parte maschera il passare del tempo, l'espressività e "ingenuità" delle diverse "età di Sera" riesce a essere colta attraverso raffinate scelte visive. Ha gli occhi grandi, il viso ovale di una bimba e i contorni dolci, la Sera di De Luca. Vive di un corpo più maturo ma dalle linee rigide, uno sguardo cupo e un volto spigoloso e storto, la Sera di Pagliarani. La Sera di Matteoni, che secondo le note dovrebbe essere anche quella di pagina 87, nelle ultime tre vignette della pagina muta repentinamente il volto, si trasforma da ragazzina in una donna dallo sguardo sensuale ma gelido. I cambiamenti di Sera descritti in questo numero avvengono per successive "mutazioni" del corpo e dello spirito, attraverso una struttura narrativa interessante che si merita un approfondimento tutto suo nel prossimo paragrafo.


- Tagli e innesti: Sera non invecchia ma cambia nei dettagli quindi. Mi piace molto sul piano narrativo che sia la protesi della gamba il motore del tutto. Sera si trovi al centro di un percorso di crescita che promana da una parte del suo corpo che sta "cambiando", in un modo pur "fantasy". Il corpo che cambia, per dirla alla Litfiba, è un meccanismo funzionale noto a molte storie di formazione. Qui mi torna alla mente magari più l'incipit di Carrie, lo sguardo di satana di King che le Piccole Donne della Gerwig. Questa "parte di sé sta cambiando" letteralmente "brucia", polemizza con la visione di se stessi, scatena incubi e si impone all'attenzione con forza. La comparsa di un brufolo, le prime mestruazioni, il cambio della voce e dell'altezza, ma si può dire lo stesso, nell'età della crescita, anche di una infelice menomazione dovuta a una malattia o incidente. Non è una rivoluzione subito generalizzata quanto l'accettazione di nuove caratteristiche del proprio essere, resa più difficile dal fatto, non banale e molto importante, che Sera è pur in un mondo fantasy una portatrice di disabilità. La protesi non è per Sera un semplice oggetto (non lo è nemmeno "originariamente" nella testata) quanto una parte viva "del sé" che pulsa, incrina un equilibrio e la porta a scavare nel suo passato in un viaggio di ritorno alle origini, alla ricerca che il suo "vero spirito" accetti questo cambiamento. Un viaggio che si colora in ulteriori sfaccettature in quanto condiviso con la sua famiglia allargata composta da Ian e Gmor, non diverso, anche se "più fantasy", dal viaggio di ritorno al passato che intraprendono qualche volta, spesso a seguito proprio di momenti di crisi (qualche volta anche alla ricerca di risposte biologiche), i ragazzi adottati con adozione internazionale insieme ai loro genitori adottivi. Curioso che si parli di innesti tanto in ambito di protesi quanto di adozioni e botanica. Quello di Sera è quindi un percorso personale ma anche familiare e un ritorno alla natura. A livello psicologico questa simmetria di intenti (ontologico, culturale e multi-culturale, se vi piace) diviene l'humus su cui si inerpica, anche dolorosamente, la comprensione e accettazione condivisa della "storia comune" della attuale famiglia di Sera. Tematiche sociali all'interno di una narrazione fantasy, da sempre cifra pregiata della narrazione a nuvole parlanti di Enoch, che in questo numero 6 di Dragonero - Il ribelle prendono forma al meglio, come nei migliori lavori del mai troppo celebrato Eugene Wesley Roddenberry. Barbieri è stato molto bravo a imbastire una vicenda semplice, efficace e ricca di scene d'azione con all'interno anche una così pregiata chiave di lettura sociale. Ci piace... Ma torniamo a quello che "più ci piace" di Dragonero al di là dei sottotesti: spade e tette!!
- La parte "action" del pacchetto: in soldoni, questo mese ci viene proposta al di là dei preziosismi un'avventura dalle tinte horror, qualche volta anche splatter, ambientata all'interno di un bosco sinistro e pieno di tizi barbuti agghindati come Robin Hood e creature mezze albero e mezze streghe, in genere poco vestite e con le tette. L'incubo descritto nelle pagine da 5 a 7, il flash back da pagina 69 a 77 così come la apocalittica visione da pagina 88 a 93 sono i pregiati fiori all'occhiello del numero, per chi ama le "emozioni forti". La "donna albero" è un personaggio mooolto bello, a metà tra la strega di Blair e i fantasmi orientali stile The Ring, ha una grande presenza scenica. Per il resto ci sono delle scazzottate nella prima parte, ma non spiccano particolarmente. Possiamo dire che la parte action è quindi sostanzialmente promossa sul versante horror, fermo che il sottotesto narrativo e la realizzazione di insieme sono il vero piatto forte del numero. 
- Finale: il numero 6 di Dragonero - il ribelle è sontuoso e rappresenta il perfetto omaggio all'amatissimo personaggio femminile principale di questa serie. Del resto il numero 6 "è donna", come diceva Dante Alighieri intervistato dal settimanale Chi sul canto 6 di Inferno, Purgatorio e Paradiso. Sera è quindi qui al contempo descritta a 360 gradi, bambina, adolescente e donna, mai in modo scontato o banale, spesso seguendo una caratterizzazione tortuosa e asimmetrica, laddove per i classici la bellezza è solo simmetrica. I tre ottimi disegnatori coinvolti si esprimono al meglio della loro forma anche al di là della propria personale e accattivante interpretazione del character design di Sera. L'albo, che non si risparmia per quanto concerne tavole enormi e dettagliate, presenta magnifiche Splash - page di stampo paesaggistico come a pagina 16 e 42, nonché esaltanti splash page action, quasi da comics (con una tavola che si impone al centro "frantumando" in micro-pezzetti e buttando sullo sfondo la gabbia bonelliana), come quelle a pagina 68 e 72. L'impatto visivo generale è davvero notevole, il lato narrativo è ugualmente di spessore, al netto di una certa lentezza nella prima parte del racconto. Un numero molto buono, che apre anche a sviluppi futuri davvero accattivanti. 
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