martedì 15 dicembre 2015

Dylan Dog 350 - lacrime di pietra a.k.a. Bloch in love



Dopo la brutta esperienza con quei mattacchioni di Nora e Gus, l'indagatore dell'incubo si gode un po' di pace accompagnando l'amico ispettore al parchetto degli anziani. Il nostro eroe ancora non sa che il vecchio mentore lo sta trascinando in una triste pantomima volta all'abbordaggio della classica badante rumena wannabe. Una ragazza non vedente ex ballerina classica che lo ha sedotto all'istante con la sua tragedia e la sua fragilità, dimessa ma piacente. Una donna devota, di altri tempi, che suole accompagnare la mamma a messa. E Sherlock Bloch, essendo l'unico Sherlock non omosessuale della Storia, cade nella sua trappola con tutto il suo arzillismo "vintage" e la pensione pronta a essere razziata per l'acquisto delle magiche pilloline blu. Ma qualcosa di torvo e misterioso sembra contrapporsi tra l'ispettore innamorato e la ragazza in attesa di permesso di soggiorno. C'è dietro un mistero e forse una maledizione. Il suo nuovo amore infatti porta lo stesso nome della santa cui è stata eretta la statua nel suddetto parchetto. Una statua semi-distrutta dal tempo e da un bambino stronzo che ama tirarle le pallonate in faccia. Una statua che come golem si anima e muove quale strumento di protezione e vendetta della ragazza cieca contro i torti della vita. Forse nemmeno la statua di una santa.
Ambrosini scrive e disegna un numero a colori strano forte. Parla di fede e malavita, eros e thanatos, in un amalgama che si stacca dalle nebbie della cosmopolita Londra abbracciando i profumi del nostro Belpaese, con una annaffiata ai drammi splatter  di "provincia globale" direttamente tributati tanta cinematografia dei Cohen, quella fatta di piccoli furfanti che muoiono sempre male. Sembra di stare nella sclaviana Buffalora. Ne scaturisce una storia disperatamente "terrena e disperata", un giallaccio di provincia con piccoli voli pindarici horror che sarebbero piaciuti a Fulci e Bava. Una storia nera e irrisolta, fosca e aperta a più letture. Veniamo a contatto di un Bloch mai così distrutto in corpo e anima, quasi un Don Chisciotte, un bell'eroe pregno di bei valori miseramente e impietosamente passati. Un uomo nudo, vecchio, spezzato. C'è anche un'interessante quanto cinica riflessione sulla fede, che muove sulla differenza tra perdono e vendetta quale strada giusta per un ipotetico equilibrio del mondo. Nella Santa protagonista della vicenda è facile scorgere richiami distorti alla storia di Santa Maria Goretti. E con questo rivelo la mia torbida passione per la programmazione di Sat2000. Possa Ronny James Dio perdonarmi. E' una tematica nuova, molto rock, forse anche perché un po' blasfema nonostante l'aspetto squisitamente ludico. E se i santi non fossero poi così santi? Se i capisaldi di una fede o venerazione fossero sbagliati? Stimolante. 
Parimenti alla storia, Ambrosini ricerca nei disegni realismo, rughe e detriti, il vissuto e il non simmetrico, il vivido e non il plastico. Una tecnica che ha raffinato e distillato negli anni e per la quale è uno dei disegnatori più interessanti del nostro panorama italico. Una rappresentazione grafica che bene si sposa alle storie di Dylan Dog, accompagnata da colori sempre dimessi, cupi e sporchi, autentici. 
Il lavoro di Ambrosini ci piace nel suo essere scomodo, nelle sua capacità di colpirci direttamente al cuore. E' anche una rappresentazione però molto triste, ricercatamente triste, profonda, umana, del nostro Bloch. Qualcosa di duretto da far digerire a molti fan, me compreso, almeno alla prima lettura. Ciò non di meno una storia attraverso la quale gli vogliamo un po' più di bene. 
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