martedì 24 febbraio 2015

Milano è sempre più la città della moda..e meno per tutto il resto

dove c'è Prada un tempo non lontano si prendevano happy meal..

Ho un po' la morte in cuore a vedere il centro città "che sta diventando" della "mia" comunque amata Milano. Una volta piazza Duomo pareva il Piccadilly Circus per le tante insegne colorate ed era davvero alla portata di chiunque avesse un biglietto della metro per arrivarci. Si andava a mangiare un panino da Burghy, salendo la scala panoramica della storica sede di San Babila, si guardavano le mani di Arnold Schwarzenegger sul pavimento di Sorrisi e Canzoni (meno male che c'è ancora) si faceva la coda ad ascoltare i cd e provare Doom 2 al Virgin Megastore, si sfogliavano le riviste internazionali come Rolling Stones e spulciavano i film in offerta, alcuni introvabili o impossibili, alle Messaggerie Musicali, si faceva la coda per un autografo da Gilliam Anderson di X-Files a Ricordi. Si mangiava da McDonalds sorridendo a quelli seduti nei ristoranti di lusso, a due passi da noi, nella cornice di galleria Vittorio Emanuele, che per una pasta al pomodoro avevano pagato quanto una settimana di vacanza a Santa Marinella. C'erano i cinema, tanti cinema e di tutte le dimensioni, programmazioni ed età. Pure quelli sconci.  Il Corso dava spesso pellicole italiane, molte prodotte da Cecchi Gori, il Plinus internazionali, l'Orfeo più film d'autore, l'Ambasciatori, roccaforte Penta film, dava in cartellone tanto Aldo Giovanni Giacomo quanto  L'Armata delle Tenebre. C'erano programmate pellicole in lingua originale nelle salette che si diramavano da Corso Vittorio Emanuele.
Non so se chiamarla cultura, per molti lo è stato. Alla fine io passavo i pomeriggi alle Messaggerie, l'equivalente di una gigantesca biblioteca di Hogwarts votata  all'intrattenimento, a cercare una vhs di Splatters - gli schizzacervelli o in un cinemino a vedere, spesso attorniato da bellissime studentesse straniere, Wolf con Jack Nicholson in inglese (non perché me lo fossi cercato, ma perché non avevo visto che era il giorno in lingua originale... e poi la fauna aiutava a farsi piacere comunque lo spettacolo). Ma c'era vita, intesa come "vita giovane", se ne vedeva a frotte di gente felice e variegata che faceva la coda ordinata per un libro, un film, un autografo. Si ascoltavano i cd appena usciti grazie alle cuffione, a volte un po' sudate, del Virgin (ai tempi in cui non esisteva mtv e le radio trasmettevano solo Cutugno... o i remix di Molella e le cuffie erano spesso pure rotte da qualche troglodita o occupate dal medesimo, ma non divaghiamo) e fu così che portai a casa il mio primo David Bowie. Anche le paninoteche erano quasi salotti culturali, si mangiava attorniati non con il cast dei Guerrieri della Notte ma con persone di tutte le età e cultura, gente che "leggeva libri" in un periodo in cui andare in quei posti era avvertito, dai più,  non solo come tradire il made in Italy, quanto come una forma di disagio sociale!!! E poi a Milano c'erano i film programmati di pomeriggio, che pareva una trasgressione e un serio pericolo di fare sega, laddove nella provincia fare sega significava spesso andare all'alimentari sotto casa mentre ti guardavano come si guarda un satanista. Anche se il sabato era iniziato come un giorno del cavolo la si sfangava sempre, ci si divertiva e un pacchettino ricordo con un singolo dei Metallica lo si portava a casa. Cambiano le mode e i tempi quanto canzoni e ritmi, cantava Celentano. Ed è vero.
Quella Milano che ci attirava dalla provincia come falene verso la gioia della vita si sta spegnendo. Il Comune avrebbe dovuto, come nel resto dei paesi civilizzati, attuare politiche conservative per preservare le aree del centro a interesse culturale. Non lo ha fatto, vuoi anche perché le casse non lo hanno permesso. Ha venduto la città ai privati investitori danarosi che potevano in cambio pagare con grosse opere di ristrutturazione in vista del già orrendo Expo. Chiudono le librerie, aprono filiali di filiali di negozi di Moda. Non fanno neanche i concorsi o le gare, a chi "dà di più" il comune "dà di più". E quindi, scontrino alla mano, le scarpe firmate danno più introiti del popolo di barboni che cerca l'affare spulciando tra i cd ribassati degli Slayer.  E magari tra Prada e Versace non è poi un male, si parla sempre di Made in Italy.
I cinema hanno chiuso, quasi tutti. Le Messaggerie Musicali hanno chiuso. Il Ricordi Megastore ha chiuso anche se sarà riaperto con ampie zone in meno per lasciare il posto al museo della fondazione Prada. Gli avventori dei ristoranti storici di lusso in galleria (che nel frattempo hanno trovato anche la via del supermercato con loro prodotti ad hoc) guardano ora contenti gli ammassati fan del vecchio McDonalds ora che la nuova sede, piccina e situata nel vicolo triste e sporco fuori la galleria, li fa mangiare in strada ammassati uno sull'altro. Tutta gente che esaurito il panino deve prendere la metro e andare altrove. Prima o poi queste "anomalie" che vanno in centro senza bancomat spariranno del tutto. Addio grandi spazi dove la musica, il cinema e la letteratura sono esposti come in una mostra permanente. Per i cd e i dvd c'è internet o i centri commerciali in periferia, per i libri ci sono gli e-book, per i film i multisala di Melzo e compagnia. Milano è finalmente, e molti tireranno un sospiro di sollievo, la città solo della moda e delle grandi firme e di nient'altro. Negozi e ristoranti concepiti in serie e in serie tutti un po' bruttini e anonimi fatti per farci entrare gli unici avventori che possono spendere cifre consistenti, a volte davvero irragionevoli. Pochi italiani.
Mi ritirerò anch'io altrove quindi, per le vie etniche gioiose di corso Buenos Aires, dalle parti della fermata Wagner dove ha sede il nuovo Mondadori Store o sui ponti e saliscendi dei navigli. Posti dove ci sono (ancora) un paio di trattorie niente male, dove si trovano ancora negozi di fumetti e videogiochi, pure delle librerie che vendono anche usato e stanno di fama sempre più crescendo, roba che trovi anche gli Slayer. Posti che mi fanno ricordare come una volta la Milano del centro fosse cosmopolita, giovane e interessante, quasi la filiale in miniatura della Oxford Street londinese,un piccolo centro del mondo. Ma temo che la grande moda arriverà anche qui. Prima o poi.
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