Silenzio in sala e
via con il massacro
Le premesse: con
pochi uomini bene armati (tra cui il mitico Iko Uwais, che presto
vedremo in Tai Chi Master di Keanu Reeves) fare irruzione in un
palazzone diroccato in modo furtivo, eliminare un paio di sentinelle
poco sveglie e procedere verso i piani alti fino a giungere
all'appartamento di un boss locale, Tama Riyadi (il luciferino Ray
Sahetapy) da arrestare o annichilire a scelta.
I fatti: il
palazzone è una dannata trappola mortale con dentro più criminali
che mattoni e con le porte sempre aperte per aumentarne il numero. Il
boss controlla tutto con telecamere piazzate ovunque e in un attimo
riesce ad accerchiare i poliziotti confinandoli a un piano
intermedio verso il quale convoglia tutti gli sgherri di cui dispone,
compresi un paio di luogotenenti tostissimi tra cui figura il pazzo
bastardo Mad Dog (lo spettacolare artista marziale Yayan Ruhian).
Riusciranno gli
Swat a liberarsi da questo mega trita carne potendo contare solo sul
loro coraggio, sulle loro armi e su un'impressionante addestramento
nel kung fu e nell'utilizzo di arma bianca? Che il gioco inizi!
Un giorno un tizio
gallese di nome Gareth Evans esordisce alla regia con un micro film
inglese da 10.000 dollari imbottito di gente pazza e tanto sangue
Il film piace ma
se lo filano in pochi, Evans è fico ma non è il tizio che dirige
Drive. Il nostro gallese è determinato, ha un ottimo senso del ritmo
e della scrittura action. Ma non ha una lira e all'epoca non c'è
verso di raccogliere i soldi in rete tipo con Kickstart e sembra
destinato a tornare sui suoi passi. Ma Evans ha le palle ed è un
decisionista. Sa che per diventare un regista da film action
leggendari o trova finanziatori hollywoodiani o deve migrare dove gli
action si fanno con due lire. Decide quindi di far ruotare il
mappamondo e chiudendo gli occhi sceglie un luogo a caso frenandone
la corsa con l'indice.
Dopo due tentativi finiti rispettivamente in
Oceania e ad Olgiate Olona, il ditone di Evans tocca l'Indonesia,
paese dove ci si mena come in tutto l'oriente a colpi di arti
marziali ma che non si fila nessuno e quindi è interessante da
scoprire ed esportare. Il gallese armi e bagagli si reca in loco,
assaggia un paio di snack locali e gli piacciono, scopre che si può
stare lì a vivere con due lire, c'è verde, le tasse non ti
ammazzano, c'è gnocca. Ok, ora può sfogare il suo estro gallese,
fonderlo con i muscoli indonesiani e diventare il più grande regista
di film action leggendari di tutti i tempi. Caso vuole che subito
riesca pure a imbattersi in uno straordinario esperto di arti
marziali, Iko Uwais. Velocissimo, spettacolare, quasi più brutto di
Tony Jaa, Iko cerca l'occasione per diventare una
stella a livello internazionale e Evans, con i soldi equivalenti a due happy meal e un paio di bottigliette del distributore automatico
serviti in San Babila è pronto a offrirgliela. Evans scrive,
produce e dirige cucendo sull'artista marziale, nell'anno domini 2009, l'action Merantau. Quando il low-budget di una latitudine diviene
una somma discreta a latitudine diversa.
Certo, l'Evans
“scrittore” non è che partorisca esattamente l'Amleto e manco
sfiora il british sincopato stile di Guy Richie. La storiella,
decisamente sull'orientale classico, vede al centro il solito
ragazzotto di buon cuore che combatte contro i cattivi rimembrando
insegnamenti di vita contadina e allenamenti zen. Ma la trama è
perfettamente funzionale allo scopo: inanellare in modo più o meno
logico delle scene action ben coreografate condite con stupefacenti
evoluzioni marziali da vendere a un pubblico che dopo troppe
cinesate volanti vuole tornare a vedere gente che se mena davvero. Un
meccanismo che se aveva funzionato per il maestro tailandese Jaa con
Ong Bak, poteva perfettamente ripetersi con il nuovo eroe
indonesiano. E così (quasi) accade. Iko picchia un casino, vola senza
controfigura, recita peggio di un cane rendendo le parti relative
alla trama una vera tortura ma ha la cazzimma, conquista le masse. Il
resto del cast prende stoicamente una valanga di botte e alcuni stunt
sono così estremi da porre seri dubbi sulla incolumità delle
comparse.
E anche la lotta messa in scena è nuova a noi occhi a
palla, ruvida, cattiva ma in qualche modo sempre elegante, essenziale
e precisa. Il pubblico gode davanti al circo primordiale Indonesiano.
Il film fa (quasi) il botto e tutti lo guardano estasiati tranne noi
sfigati italiani (magari comunque presto recupereremo). Poi arriva
appunto The Raid. É in realtà un semi passo falso, in quanto un
film di ripiego da girare per racimolare i fondi del film definitivo.
Ma le cose non girano come sembra ed è proprio The Raid a diventare
il filmone. Evans cambia strategia e gira un film dai gusti più
occidentali. Più personaggi, più ritmo, meno inquadrature
ravvicinate di Iko Uwais per non affliggere il pubblico, tanta,
tantissima carne al fuoco in una progressione di trama che pare il
livello hard-incubo di un videogioco action ultraviolento. Evans in
merito parlava di voler girare con The Raid un film action così
inquietante da sfociare quasi nell'horror. Un film “grosso” pur
con non troppe location, ma ricco di tante trovate visive, tantissimi
stunt tutti perfettamente bilanciati e gestiti e una violenza visiva
così incessante da affaticare quasi lo sguardo. Ed Evans è così
bravo da coinvolgerci direttamente nell'azione, da farci sentire il
peso e la fatica della piccola truppa swat nel salire dolorosamente
gradino dopo gradino l'interminabile scalata verso nemici ancora più
forti, ancora più spietati. The Raid è un film che si lancia nella
stratosfera dei più massicci action movie di sempre, un'opera
obbligatoria in qualunque collezione di film action che si rispetti.
Certo che gli indonesiani tipo sono parecchio brutti, piccoletti e
dalle espressioni a volte esagerate. Ma cavolo che razza di muscoli
che tengono e quanto menano!
E poi si arrampicano come gatti sui
cornicioni dei palazzi, arrischiano salti di svariati metri con sotto
solo il vuoto, fanno cose che ad Hollywood si rifiuterebbe di fare
anche un personaggio generato al computer. Ma c'è in più anche una
trama qui. E fila. Ed è curata. Sembra una piccola rivoluzione
copernicana, ma un goccio di trama è esattamente quello che aiuta
questo film a non essere solo un mero esercizio marziale, diventando di
colpo qualcosa di cui ci freghi anche al di là di qualche calcio in
faccia. Cospirazioni, tradimenti, affetti incrollabili, onore. La
pellicola è ricca di colori a volte anche inaspettati e riesce ad
essere accattivante anche nelle scene in cui non ci si prende a
gabinetti in faccia. Perfino il palazzone dove sono ambientati gli
eventi vive di vita propria attraverso una planimetria peculiare ed
angusta, soffitti sdrucciolevoli e pavimenti di cartone, muri da
abbattere a spallate, nascondigli segreti e varia umanità che
nonostante la maxi royale rumble tra swat e criminali vive in anguste
misere stanzine del palazzo, pregando che tutto finisca presto.
Botte, buona scrittura, belle location cui si aggiungono anche attori
che non saranno da Oscar ma che portano avanti un discorso coerente
circa la credibilità e autenticità dei ruoli. Non voglio rovinarvi
però la gioia di lasciarvi scoprire da soli le tante sfumature di una
pellicola come questa. Ne vale la pena. The Raid è da spararsi tutto
di filato come se non esistesse un domani. Prendetelo e godetevelo
avidamente ora che è disponibile anche da noi in dvd e blu ray. È
uno dei film più belli di sempre se amate il genere action estremo,
un film senza fronzoli, senza effetti speciali, senza belloni e senza
battutacce. Un film che nonostante mille licenze poetiche appare
autentico, diretto come un pugno allo stomaco, reale. Un film che è
arrivato anche dalle nostre parti grazie alla lungimiranza della
Eagle Pictures proprio nel mese di dicembre.
inserzione pubblicitaria non richiesta ma qualcuno volesse inviarci un campione omaggio... |
Che si può volere
di più dalla vita, a parte un Lucano?
Nota. Gli
americani volevano farne un remake, chissà che in futuro la cosa
possa concretizzarsi. Nel frattempo i distributori internazionali (Sony classics) hanno deciso di mettere mano alla colonna sonora e ora
The Raid può vantare uno score di Mike Shinoda dei Linkin Park. E
non è niente male, quasi carpenteriano direi.
Ne volete ancora,
non è vero? Ecco qualcosa che vi farà felici!
Bene, attendiamo
con gioia altre undici pellicole della serie Raid. Finora Evans parla
almeno di volerne girare una trilogia...
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