Siamo nell’ultra-figo 1985, nella “città degli angeli” ancora in volo o decaduti.
In un mondo psichedelico dominato da colori pastello acidi e musica ultra pop a palla, nel pieno mito muscolare di Ronald Reagan e degli Action Hero alla Chuck Norris, c’è un solo modo di “conquistare la scena”: farsi largo a testa altissima, se serve anche somministrando calci e pugni a chi le manca di rispetto. Questa è la filosofa dell’attrice hard Maxine Minx (Mia Goth). Ed è con un fisico pazzesco, grinta e auto-consapevolezza, uniti a una indispensabile cerchia di amicizie “pericolose”, che questa “ragazza tosta” ha potuto finora avere la meglio nella vita.
In ogni situazione, anche in storie surreali con al centro sangue, violenza estrema ed entità quasi paranormali (nel film “X”). Questa volta però Maxine non ha a che fare “solo” con piccoli produttori viscidi, streghe con velleità artistiche, pazzi assortiti. Questa volta vuole affrontare “pazzi deluxe” sulle inconfondibili, plasticose colline verdeggianti di Hollywood. Pazzi che amano le feste vip “che finiscono male”. Pazzi intrisi dell’ipocrisia puritana degli Studios. Pazzi da setta satanica occulta. Tutto il pacchetto, per diventare diva a tutto tondo e per davvero, come sognato da piccola: passare dall’hard ai film “veri”, per tutti, disponibili in home video e abbinati ai tappeti rossi delle premiere. Come John Travolta e Stallone. Se ce la facesse davvero, Maxine diventerebbe l’eroina incontrastata del timido videotecaro Leon (Moses Sumney). Potrebbe dire a tutti “la conosco, passava nel mio negozio”.
L’occasione arriva ed è ricca: l’horror a sfondo religioso/erotico The Puritan II. Si gira in studi di classe, a due passi dalla casa di Psycho. La produzione ha voluto una regista inglese (Elizabeth Debicki), “moderna”, amante del “realismo e del metodo”. Nelle molte scene sexy previste vuole che sia tutto vero e per questo non ha paura ad affidarsi a una Maxine genuina al cento per cento, motivatissima, che studia il copione con impegno anche nelle pause dal suo lavoro serale da lap dancer nel locale peep show. Il film ha però intorno un alone maledetto. C’è un movimento “anti-horror” e ci sono un sacco di fanatici religiosi intenzionati a sabotare The Puritan II in quanto emblema di una Hollywood lasciva e priva di valori. Sono disposti a bruciare set e attori, più variazioni sul tema.
Iniziano a scomparire nel nulla belle ragazze legate in qualche modo alle riprese. C’è chi indaga brancolando per lo più nel buio. Maxine sembra aver attirato l’attenzione di un losco investigatore privato (Kevin Bacon), che lavora per un ancora più losco uomo misterioso e che forse c’entra con i delitti.
La polizia, nello specifico gli “scoppaiti” detective Williams (Michelle Monaghan) e Torres (Bobby Cannavale), con sogno rimasto nel cassetto di fare gli attori, sembrano tallonare stretto la nostra ragazza sospettando di lei: conosceva tutte le vittime “più una”. Una vittima a cui era molto legata e che forse possedeva un video molto strano, ritrovato sul luogo del delitto. Un video che non sarebbe dovuto mai uscire, legato a un passato recente di Maxine, a tema semi-paranormale .
Riuscirà la ragazza a cavarsela di nuovo, chiudere i conti con il passato e sfondare a Hollywood?
Torna in sala Ti West, uno dei riconosciuti nuovi fenomeni della cinematografia “di genere”, con il terzo “ideale” capitolo di una serie iniziata un paio di anni fa con X e seguita da Pearl. Maxxxine è comunque un film fruibile singolarmente, con pochi legami con le altre pellicole, che vi consiglio comunque di recuperare.
È di nuovo in scena come filo conduttore il “mondo di celluloide”, con tutto l’orrore e falsi sogni che si porta dietro. Sono ancora sotto la lente di ingrandimento addetti ai lavori e pubblico pagante: una diade drammaturgia che muove ogni meccanica emotiva tra dentro e fuori il palco, anche se questa volta la “benzina” usata da Ti West non è l’horror. È invece ancora e fieramente in scena la bellissima e letale Maxine, interpretata da una Mia Goth che la “indossa” con naturalezza e carisma come un guanto.
Questa volta il regista di Wilmington nel Delawere punta all’action/thriller decisamente “tarantinato”. Riempie di dialoghi lunghi e gustosi sulla cultura pop all’interno di tavole calde e videoteche. Crea suspence e sa farla esplodere in deflagranti e super eccessivi momenti carichi di splatter e coolness. Sbandiera ultra-citazionismo da amante compulsivo degli anni ‘80 più “sbrindellato” e “hot”, al punto che ogni scena è un autentico e pignolissimo cesello audio/visivo fatto di memorabilia, ricostruzioni d’epoca, luci e atmosfere da “spettacoli tv notturni”.
Con la stessa ossessione per l’esplorazione degli spazi e dettagli che ne ha fatto un maestro dell’horror, Ti West non vuole “ambientare” una storia negli anni ‘80; vuole invece darci la sensazione che il film sia stato girato con mezzi e scenari autentici degli anni ‘80, portando direttamente indietro nel tempo attori e troupe con la tecnologia della Delorean di Ritorno al Futuro. Vuole che respiriamo la West Coast che fu del body building e dei film hot. Patria eccentrica della musica pop rock, dei negozi di vhs, delle auto decisamente non-ibride e di tutto il caos sociologico /spirituale/religioso scaturito negli USA allora e poetatoci a strascico in tv e al cinema da noi.
Funziona.
A fine visione sono andato a cercare al supermercato la pizza al trancio surgelata in confezioni di plastica e olio che vendevano negli anni '80 e non sapeva di pizza. Non l’ho trovata, ma in testa Maxxxine me ne aveva rievocato il sapore.
Anche oltre lo scenario e il comparto sonoro, la pellicola vuole essere in tutto un action bello di quei tempi: nel senso di filmaccio “brutto e cattivo”, eccessivo, diretto, carico di ampollose frasi a effetto e portabandiera di una sensualità semi/esplicita (da film hot con Cynthia Rothrock) che solo la Goth, non a caso interprete per Von Trier di Nymphomaniac, è oggi in grado di elargire a piene mani. Senza caricare la trama di troppi dettagli inutili, voli pindarici e satireggiando cinicamente sui discorsi escatologici.
Azione e bellissime cartoline da Hollywood. Entrare in una videoteca o un Peep Show che forse un tempo esistevano davvero. Osservare la casa di Psycho o le scalinate bianche che portano sulle colline alla scritta Hollywood, come se fossimo a Gardaland. Intanto, in primo piano, Maxine per lo più mena, e mena duro. Hollywood è però un personaggio di questo film esattamente come Maxine, ed è una autentica gara per decidere chi sia delle due la “prima donna”.
Maxxxine è un film molto “girl power”.
Salvo il sempre elegantissimo “Teddy King” di Giancarlo Esposito o il romantico Leon di Sumney, non ci sono sulla scena di Ti West uomini che non vadano oltre la macchietta. Kevin Bacon e Bobby Cannavale fanno letteralmente a gara per decidere quale dei rispettivi personaggi è “più imbecille”, in un gioco compiaciuto quanto divertente di autoflagellazione, cercando eroicamente di incarnare la “bidimensionalità”, il cliché più becero. Sono personaggi così buffi per risultare credibili o “addirittura” pericolosi, magari pure ai danni dell’economia interna del film. Ma “ci stanno benissimo così”, con il film che punta i riflettori su una Mia Goth che sa punirli con lo stesso sguardo deterrente che aveva il Terminator di Schwarzenegger.
Maxxxine è puro divertimento vintage/splatter/action/hot/sarcastico e se vogliamo la dimostrazione che Ti West può fare davvero bene tutto “quel cavolo che gli pare”, passando con disinvoltura dal l’horror al dramma al western crepuscolare.
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