Sinossi:
Futuro prossimo venturo. L’Unità robotica ROZZUM 7134, per gli amici “Roz” (doppiato da Esther Elisha, in originale Lupita Nyong’O), fiore all’occhiello della Universal Dynamics nel supporto ai “consumatori umani”, a seguito di un tifone finisce, ancora imballata, su un’isola sperduta e popolata solo da animali.
Il robot, nello specifico dalla voce e dai modi “una robottina”, ha una corporatura solida e compatta, arti super-articolati che la rendono particolarmente versatile in ogni tipo di lavoro, un'intelligenza adattativa che le permette di apprendere dal contesto in cui si trova.
Nonostante tutto, dai primi minuti Roz non fa che incassare calci e umiliazioni da parte di una fauna locale che “non capisce cos’è”, non accettando i mille amorevoli servizi di “customer care” che lei cerca costantemente di offrire.
Non serve una “corsa assistita” per un cervo che sa già correre. Non serve abbassare un ramo per agevolare animaletti piccoli nella raccolta del cibo, se poi maldestramente togli la presa, finendo per lanciarli in aria come con una fionda. Non serve chiedere a un enorme orso se ha bisogno di “qualsiasi cosa” in generale. Guai a spostare i tronchi che il nevrotico castoro dispone nel fiume già con una logica specifica tutta sua, che i comuni robot non possono neanche immaginare!
Roz è su quell’isola decisamente poco utile e spesso finisce in situazioni tragiche. Inoltre la natura selvaggia del luogo sembra poco propensa ad adattarsi al programma adattativo preposto dalla Universal Dynamics, a partire dalle voci: “mobilità e risparmio energetico”.
Il suolo è sempre impervio o carico di fossati, rocce aguzze o appigli cedevoli che espongono a brutti ruzzoloni, cadute alla Willie Coyote o peggio. Il clima è ricco di sbalzi bruschi, con pioggia e fulmini che costantemente mettono la robottina a rischio black-out.
Serve un approccio decisamente diverso alla connettività del luogo. Così Roz decide di andare per un bel po’ di tempo in stand-by (ai tempi del Commodore Amiga avremmo detto in “guru meditation”). Si ferma, analizza tutto da capo e a lungo: prima di fare un passo impara da zero territorio, clima e linguaggio di “tutti” gli animali presenti in loco.
Passa molto tempo, ma ora sì che può supportare bene i consumatori del posto conoscendoli nei loro reali bisogni: di fatto limitandosi a lasciarli un po’ in pace, come vogliono loro.
Incontra così l’esaurita mamma opossum Coda Rosa (Nadia Perciabosco, in originale Chaterine O’Hara), che vaga ricoperta costantemente da cuccioli casinisti di cui non riesce a liberarsi. Un po’ per amore materno, un po’ per spirito di autodistruzione, non riesce a volersene liberare.
Incontra la manipolativa ma in fondo simpatica volpe Fink (Alessandro Roja, in originale Pedro Pascal), che dopo aver cercato più volte di eludere la “programmazione” di Roz inizia a non farlo più. Avere a che fare con lo stressatissimo castorino Sguazza è invece troppo complicato: limitarsi a non toccare i suoi tronchi. Come è fallimentare cercare di trovare i giusti argomenti di intesa con il belligerante orso Spina (Francesco Prando, in originale Mark Hamill).
Proprio a seguito di un fraintendimento culturale con l’orso, Roz a seguito di una caduta nel vuoto, disordinata quanto spettacolare, si imbatte in un uovo: la prima creatura che riesce attivamente a supportare senza che questa si lamenti.
La robottina come da manuale cerca di offrire all'uovo calore al micro-onde, ma senza esagerare. Lo difende dai predatori grazie a un vano metallico della sua armatura e portandolo sempre con sé in attesa che l’uovo si schiuda e da “pasto veloce” si trasformi in “pulcino”.
Poi l’uovo si schiude. È un pulcino d’oca e vendendo Roz la scambia per la sua mamma, iniziando a seguirla ovunque. Per la regola naturale dell’imprinting, Roz dovrà quindi assumersi un grosso impegno di “consumer care”.
Lei però ci sta: lo chiama Beccolustro.
Roz si impegna per far crescere al meglio Beccolustro, anche dopo essersi consultata con gli altri animali su cosa dovrebbe di preciso fare un robot per soddisfare i bisogni di un’oca. Si conviene che Beccolustro debba diventare più grande per sfuggire ai predatori. Deve poter migrare con le altre oche che ora sono tutte già altrove. Deve prima di tutto imparare a volare.
Toccherà a Roz e agli altri animali crescerlo e insegnargli a volare. Se è vero, come dice un celebre proverbio africano, che “per far crescere un bambino ci vuole un intero villaggio”, Roz costruirà sull’isola intorno a Beccolustro una piccola comunità di animali.
Riuscirà Beccolustro a volare? Che fine hanno fatto gli uomini che costruiscono i robot in questo strano mondo futuristico ? Saprà una macchina scoprirsi “mamma”?
Portare su schermo un classico dell’infanzia:
Il Robot Selvaggio è una fiaba ricca di ironia, azione e sentimento, che riesce a parlare a tutte le età di ecologia, inclusività e intelligenza artificiale.
Nel raccontarci la natura ha lo stesso sapore romantico e malinconico de La gabbianella e il gatto di Sepulveda. Nei meccanismi di Roz, come nei paesaggi lussureggianti, si possono trovare richiami all’estetica di produzioni Ghibli come Laputa e Totoro. Nel descrivere l’incontro tra reale e artificiale, un tema che oggi “scalda” particolarmente in relazione al dibattito sulle nuove intelligenze artificiali, lo scrittore dimostra lo stesso tatto e spirito gentile di opere come Il Gigante di Ferro di Bird.
Il robot selvaggio è quindi una storia piena di sfumature, che dal 2016, l’anno della sua prima pubblicazione, affascina lettori di ogni età che, di fatto, a ogni lettura riescono a cogliere al suo interno sempre nuove sfumature e suggestioni. È quindi un libro prezioso, consigliatissimo anche come regalo per il prossimo Natale.
Animare Il robot selvaggio:
Adattare il libro illustrato di Brown era quindi una sfida stimolante, che i “rinati” Dreamworks Studios hanno deciso di affrontare cercando di incantarci fin dal primo “sguardo”.
Da Il gatto con gli stivali 2 lo Studio ha deciso di caratterizzare le sue produzioni attraverso una scelta di stile molto originale, che ha coinvolto anche il film Troppo Cattivi. I suoi film avrebbero miscelato le più dinamiche animazioni in computer grafica a delle “tempere digitali” quasi acquarello, in grado di ricoprire la scena conferendo alle opere una sensazione visiva quasi “pittorica”.
Una “matita digitale” davvero moderna e versatile, fresca quanto capace di farsi vicinissima anche all’estetica dei libri per bambini, proprio come quella usata in The Wild Robot di Peter Brown.
Per far sì che anche la narrativa di Brown fosse riprodotta nei modi migliori, per la regia hanno scelto il veterano Chris Sanders, che si è fatto amare per Lilo e Stitch, Dragon Trainer ma anche per il recente Il richiamo della foresta con Harrison Ford. Un autore in grado di farci tuffare in avventure mozzafiato ambientate in rigogliosi paesaggi naturalistici, quanto capace di conferire a ogni personaggio una sorprendente “dolcezza espressiva”, capace di farci guardare con luce tenera anche mostri spaziali e draghi millenari.
Per il cast vocale si sono scelti nomi illustri e provenienti da Star Wars come Lupita Nyong’O, Pedro Pascal, Mark Hamill, ma abbiamo anche Bill Nighy, Ving Rhames.
Per la colonna sonora si è scelto di fare affidamento sul bravo Kris Bowers, artista poliedrico autore della colonna sonora di Bridgerton ma che ha lavorato anche con Jay-Z, Alicia Keys e Kanye West.
In sala:
Fin dal primo minuto Il robot selvaggio porta lo spettatore all’interno di un affascinante viaggio sensoriale. Insieme alla robottina Roz veniamo lanciati su un’isola sperduta carica di pericoli e misteri, dove imparare a comunicare è prioritario anche per imparare a sopravvivere.
Poi il ritmo cambia, la storia si riempie di divertimento e azione caricaturale come nei cartoni slapstick dei Looney Tunes, mentre la trama lentamente evolve, iniziando a parlarci di temi sempre più sottili e stimolanti.
I bambini in sala, forse perché già abituati alla tecnologia, capiscono sempre al volo cosa la robottina Roz cerca di fare, ridendo “quasi con senso critico” delle situazioni surreali in cui si immerge per problemi legati alla sua “programmazione”.
I piccoli spettatori riescono anche ad avvertire con chiarezza le difficoltà comunicative di Roz con il resto degli animali e forse, guardando ai mille tentennamenti e slanci eroici che la robottina mette in atto per cercare di far crescere al meglio Beccolustro, i bambini vengono stimolati a riflettere su quanto può essere difficile il mestiere di genitore, a prescindere dal fatto di avere o meno un corpo robotico.
Non mancavano nel libro di Brown i momenti commoventi, quelli che fanno tirare fuori i fazzoletti.
Come non manca mai la “fantascienza”, che piano piano trova tra le file della narrazione un posto sempre più centrale, letteralmente esplodendo nella seconda parte del racconto verso un finale davvero spettacolare, che rivoluziona quasi tutto quello che abbiamo visto fino ad allora.
È un film tutto da “raccontare”, pieno di personaggi interessanti, eventi inaspettati e cambi di scena originali che vi lascio scoprire in sala.
Un film in grado di appassionare e stimolare anche il pubblico degli adulti: facendoli “tornare bambini” nei modi più inaspettati, coinvolgendoli anche grazie alla sottile intelligenza di cui tutta la storia è pregna.
Finale:
Il robot selvaggio è un film meraviglioso che sarebbe un vero peccato lasciarsi scappare al cinema. Le animazioni sono bellissime e l’azione è sempre coinvolgente, la trama è ritmata e carica di sputi interessanti, le scenografie sono coloratissime e cariche di effetti visivi e sonori avvolgenti.
I personaggi sulla scena sono molto simpatici e presto ci si affeziona a tutti loro anche grazie a un doppiaggio italiano riuscito. Le musiche sono molto belle e sempre appropriate.
Se amate l’animazione, cercate un film bello ma anche intelligente o volete solo passare una bella serata con i più piccoli, Il robot selvaggio fa al caso vostro.
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