(zero spoiler)
Una grossa botta
in testa. Sangue. Tutto confuso il mondo ruota tra le orbite di
Robert Langdon. Il celebre professore di simbologia e iconografia
religiosa di Harvard si risveglia così in un letto d'ospedale con la
più agghiacciante e angosciosa delle scoperte. Il suo orologio di
topolino. Rubato. Tutto crolla senza il suo confortevole monile
massonico orecchiuto e per di più ci sono dei tizi strani che gli
stanno parlando in camici bianchi. Pare parlino italiano, in quanto
riportano sui loro vestiti gli inconfondibili aromi di tabacco e
caffè espresso (!!!!), ma è ancora tutto annebbiato. Poi i sensi
ritornano a funzionare a sprazzi e l'esimio professore scorgendo
dalla finestra uno skyline inconfondibile si accorge di trovarsi a
Firenze. Come ci è arrivato? Cosa è successo nelle ultime ore? Chi
si è fottuto l'orologio di Topolino? A fornire le prime risposte è
una donna in camice bianco, che come tutte le coprotgoniste dei
romanzi di Langdon è una figa misteriosa con tratti da psicopatica.
Langdon è lì perché ha perso la memoria. E sticazzi. Manco un
minuto e irrompe dalla porta sforacchiando tutto e tutti una triste
parodia di spia russa di nome Yelena. Fuga. Botti a ripetizione. Ma
già importanti conferme. I profumi sono inconfondibili. Lampredotto
e Chianti (!!!!). Langdon si trova veramente a Firenze. Il professore
dovrà ricostruire gli eventi passati facendo uso dei pochi strumenti
di cui dispone in tasca e di una memoria farraginosa, che non fa
altro che trasmettergli in loop sogni sinistri riguardanti l'inferno
dantesco. Come sempre non sarà facile sbrogliare la matassa, perchè
potenti nemici si avvicendano sulla strada della verità e non manca
il solito pazzoide d'ordinanza, pazzoide che ha preparato per il
nostro enigmi riguardanti come sempre roba storica-iconografica,
nello specifico riguardanti un pallino del pazzoide, Dante Alighieri.
Autore sul quale Langdon sa proprio tutto di tutto (!!!!!!!!!!!!).
Il professor
Langdon è tornato! Febbrili si susseguono pellegrinaggi presso
librerie e supermercati per impossessarsi del “tomo misterioso”,
l'oggetto ambito per le vacanze (finite da un pezzo) il Santo Graal
dell'intrattenimento estivo o comunque un buon intrattenimento per i
post-vacanzieri. Trama blindata, adattamento pare avvenuto in un
bunker in quel di Milano 2 dove nottetempo sono stati segregati
traduttori internazionali, pare a regime di pane e acqua, pare
minacciati di morte da sedicenti contractor in caso di prematura
divulgazione dell'artefatto (è per questo pare che non vedremo mai
la versione in Giamaicano..). Sarà l'ennesimo miracolo commerciale?
È sempre
affascinante leggere i testi di Dan Brown. Nonostante situazioni al
limite dell'assurdo, nonostante tremende puttanate sugli usi e
costumi dei villici in cui si svolgono i romanzi (il lampredotto??
Sigarette e caffè l'odore degli italiani???), la lettura scorre e
scorre di brutto, famelica e instancabile fino all'ultima pagina. Una
capacità narrativa non comune che si accompagna alla proposizione di
mistery interessanti in cui pervade quella sana atmosfera da gita
turistica colta. C'è gente che va nei musei con sottobraccio i libri
di Dan Brown per riconoscerne dettagli narrativi e personalmente
ritengo che qualsiasi cosa spinga qualcuno ad andare a vedere un
museo sia buona e giusta. E poi è figo guardare la tal statuina o
dipinto e ritenere di essere davanti a una scoperta degna di Indiana
Jones. Per questo il personaggio funziona e diverte. Certo alcune
riflessioni di Brown sono forti, l'autore ha una propria mentalità
ed esprime attraverso i suoi personaggi pensieri piuttosto netti,
anche antipatici e impopolari. Qualcuno potrà quindi trovare
antipatie focose per tale volontà, ma personalmente apprezzo i
personaggi scomodi, gli eroi che non restano bidimensionali. Langdon
è spesso superficiale, stupido, pedante ma è molto più umano di un
Dirk Pitt qualsiasi.
Il simbolo
perduto, il romanzo precedente, devo ammettere di averlo digerito un
po' a fatica. Suonava come un mega spottone pro-massoneria, ma il suo
reale limite era di essere troppo lento. Questo libro affronta un
problema sociale gravissimo e lo esplica nel modo e condizioni più
stronze immaginabili, tuttavia il ritmo narrativo è più veloce,
incalzante, le pagine volano. Rimane poi, come in Angeli e Demoni,
questa curiosa visione dell'Italia attraverso l'occhio del turista in
visita. Per lo meno Dan Brown ci dipinge meglio che Yoichi Takahashi
in Holly e Benji, per il quale il nostro popolo vive in baraccopoli
coperto di stracci. Come direbbe Paolo Villaggio nelle vesti della
invaghita infermiera tedesca mentre visita l'immigrato italiano Lino
Banfi (in “Pappa e ciccia”): “Tu, pagliaccen italiano, dofe
tiene tuo mandolino? Fa me federe solo una folta tuo
mandolino, pajaccio”.
Una lettura
divertente quindi. Senza pretese. Leggete sereni. Avrei voluto da un
libro che si chiama Inferno che si parlasse mooolto di più
dell'inferno dantesco. Gli spunti sarebbero stati diecimila, ma pare
che Brown abbia letto solo la riduzione dell'opera di Go Nagai.
Dan Brown sostiene
di voler girare il film, di volerci dentro Benigni. Io vorrei che a
interpretare Langdon non ci sia più Tom Hanks con quegli
inquietanti untuosi finti capelli corvini. Chi legge i libri sa che
l'unico attore che interpreterebbe al meglio il professore è Liam
Neeson (oh, io la penso così per lo meno...). Con Liam Neeson
sarebbe un film bello.
Talk0
Mi dissocio dal mio compare. Dan Brown è la morte della letteratura. Personaggi insulsi e pedanti o idioti, trame sempre uguali e al limite del ridicolo, conoscenza storica da forum di Mistero... se volete un consiglio leggete altro, qualsiasi altra cosa va bene, anche la bolletta del gas!
RispondiEliminaIntanto confermo con un update da imdb che il film su Inferno, di Ron Howad, si farà e presumibilmente lo vedremo sugli schermi nel 2016. Sul coinvolgimento o meno di Benigni imdb tace per ora. Probabilmente coinvolto anche Tom Hanks, vacca ladra...
RispondiEliminaIl mio socio Gianluca non apprezza. Me ne faccio una ragione anche perchè io apprezzo Brown per la sua cifra surreale e narrazione fluida, non tanto per i contenuti, un po'come i film di Franco e Ciccio: divertenti ma very easy. Mi aiuta magari il fatto di conoscere l'arte quanto conosco la storia: in pratica sono esperto e informato quanto sui trascorsi della nazionale paraguaiana di palla prigioniara negli anni 70 (cioè non ne so una fava fino a quando rai 3 non mi tira fuori una puntata di Sfide).A m,e diverte ^_^ Talk0
Se uno non sa nulla sulla nazionale paraguaiana di palla prigioniera negli anni '70 sicuramente non può sperare di imparare qualcosa comprando un compendio sul tiro al piattello scritto da Tiger Woods ;)
RispondiElimina