Con l'uscita in
blu ray di Frankenweenie alle porte, “dovevo” moralmente
recuperare la precedente pellicola burtoniana, all'epoca rimandata a
tempi migliori causa una pioggia di commenti non proprio lusinghieri
da parte della critica e alcuni dubbi su Alice, non solo inerenti al
tremendo balletto del cappellaio matto, che comunque mi ha
perseguitato per mesi fino alle luci dell'alba in cerca di un
significato recondito. “Bollito” è forse l'aggettivo più tenero
che i recensori di Dark Shadow hanno utilizzato nelle inquisizioni
blogghesche, seguito da “film che non è né comico né drammatico,
insipido”. Siccome l'aggettivo più utilizzato dai medesimi per
Frankenweenie è “rinato, con qualche riserva”, ho deciso,
complice un'offerta al megastore, di dare una possibilità a Dark
Shadows (che pallone gonfiato magnanimo che sono...).
Ma io poi, sono un
Burtoniano? Vediamo... L'ultima pellicola che davvero mi ha convinto al
100% del talento del grande Tim, il sense of wonder maximo è stata
la sublimemente retrò Mars Attacks! Alieni bellissimi e spisciosi,
colonna sonora evocativa (che abbiamo usato in radio per almeno 11
anni), pletora di attori sterminati anche in pochi secondi (tra cui
Fox e Black), la testa di Brosnan che recita meglio del corpo intero,
Nicholson presidente, tutto colorato, tutto evocativo. In misura di
poco inferiore Il mistero di Sleepy Hollow, unico “western” di
Burton: teste che rotolano, Casper Van Dien squartato (è la seconda
volta in breve tempo che lo cito... potrebbe essere l'avvisaglia della
fine del mondo post-maya), una stupenda Miranda Richardson, un
silente ma implacabile Christopher Walken, un Johnny Depp bravissimo
(assolutamente da guardare in inglese). Sempre con affetto invece
ripenso al sanguigno Sweeny Todd, con l'improbabile coppia Depp-Bonham
Carter, con un grande Baron Cohen. Le altre recenti pellicole, lungi
dall'essere brutte, sono film o troppo poco burtoniani o dal tocco
burtoniano minimale, nel senso che potrebbero essere scambiate per
opere di un altro regista (Pianeta delle Scimmie, Big fish con
riserva, Alice in wonderland) e burtoniani di secondo pelo, alla
“Ligabue”, derivativi da altre opere burtoniane, cose belle ma di
cui bene o male ha “già parlato” e dove il modello-base mi aveva
convinto di più (La sposa cadavere deriva di Nightmare before xmas,
La fabbrica di cioccolato deriva di Edward mani di forbice). Al di là
di tutto la “cifra” di Burton, il suo “livello medio” è
qualcosa di inarrivabile per molti registi e se non sono capolavori,
perché Mars Attacks! Batman returns, Beetlejuice, Edward mani di
forbice, Nightmare before xmas sono dei capolavori, le altre
pellicole sono sempre ottimi film.
Di sicuro uno dei
registi più stralunati di Hollywood, un tempo “genio”, sta
vivendo un periodo di ripensamento, alla ricerca di una vena perduta
o in qualche modo “inibita” dai produttori delle mayor. Burton
allora “torna a casa”, in greatest hits di ricordi, fa un film
come Dark Shadows che si ispira a una serie televisiva che guardava
da piccolo, di pomeriggio, alla televisione, fa un film come
Frankenweenie che è di fatto la extended edition di uno dei suoi
primi corti cinematografici con la tecnica del passo uno che lo ha
reso grande in Nightmare before xmas, il suo film per l'infanzia più
amato (no, non la sposa cadavere...).
Dark Shadows è un
manifesto dell'amore di Burton per la serie che guardava da piccolo
sul divano mangiando le girelle con la copertina di ordinanza per non
prendere freddo. Era una serie colossale di mille e passa puntate, un
polpettone infinito che mischiava atmosfera da soap con tematiche
horror classiche, quelle da sempre amate da Burton. In più è una
rilettura della stessa serie, arricchita dalla passione Burtoniana
per l'horror classico.
Un casato in
declino, anni '70 appena iniziati, giochi di potere, tradimenti,
rivalse, ma con un po' di soprannaturale extra, mostri, pazzi,
psicopatici. Ecco sì, tipo Melrose Place. La serie decolla e diventa
leggenda quando al cast si aggiunge Barnabas Collins, un patriarca
venuto da molto lontano, da un paio di secoli prima, un vampiro.
Burton sintetizza,
mette il vampiro al centro della storia, taglia, cuce, reinventa e
crea il suo personalissimo Nosferatu delle quattro del pomeriggio.
Barnabas Collins
(Depp, molto ispirato) arriva in America con la sua famiglia per fare
grandi cose, ben presto creano una flotta di pescherecci intorno alla
quale si sviluppa un'intera città. Barnabas ama Josette (Bella
Heatcote, classica madonnina infilzata burtoniana, parte che in
genere va a Winona Raider), ma Angelique (una magnifica Eva Green,
tragica e per la quale non è possibile provare troppa antipatia),
una strega dai grandi poteri, lo vuole tutto per sé. Con i suoi
sortilegi, Angelique spinge Josette e suicidarsi, gettandosi sulla
scogliera. Barnabas, distrutto nel vedere l'amata cadere, la raggiunge
nel vuoto e i due corpi su incontrano di nuovo, con un suono orribile,
in mezzo all'acqua schiumante, sangue e rocce. Ma Barnabas non muore,
Angelique ha una maledizione su misura pronta per lui, l'ha
trasformato in vampiro con la convinzione che, persa Josette,
Barnabas si dedicherà in eterno a lei. Barnabas ovviamente non
accetta, sicché la strega decide di dargli un po' di tempo per
“pensarci su”, seppellendolo non-morto in una bara fino a data da
destinarsi. Tempi odierni, sono passati duecento anni, la famiglia
Collins è in declino, l'azienda di famiglia ha una sfiga da primato
attivamente alimentata da Angelique, che gestisce una flotta di
pescherecci concorrenti. La magione Collins è solo un'ombra del
passato, Elizabeth Collins (Michelle Pfeiffer, che sarebbe stato bene
vedere di più sullo schermo) è allea ricerca di una tata per
l'irrequieta Carolyn (una sempre più brava e sensuale Chloe Grace
Moretz, di cui aspettiamo con interesse le prossime performance),
adolescente in piena fase ribelle, e per il piccolo e strano David,
che vede di continuo il fantasma della madre defunta, sorella di
Elizabeth. La tata scelta è Victoria Winters (sempre Bella
Heatcote), che sembra da subito avere grande familiarità con i
ragazzini e la casa. Al contempo, spinta dalla fame di espansione del
suo impero, Angelique autorizza gli scavi in una zona che forse si
era dimenticata di controllare. Una pala meccanica arriva così a
trovare la bara di Barnabas Collins. La famiglia ha di nuovo il suo
patriarca, dracula ha di nuovo il suo amore, è tempo di rifondare
l'azienda decaduta.
Burton confeziona
una pellicola in cui si dichiara che il tesoro più prezioso è la
famiglia. In senso lato burtoniano è il “sangue” l'elemento che
lega e mai tale metafora è stata meglio ripresa in una pellicola.
Gli
attori, e che attori, offrono una brillante performance, i personaggi
sono tutti ammantati di una dualità che li rende complessi e
autentici. Depp è mattatore, ma la Green riesce spesso a rubare la
scena, la relazione-scontro tra i due, che costituisce le fondamenta
stessa del film, è intrigante e non banale. Gli effetti speciali
sono all'altezza della situazione, con una spruzzata di trucco ad
“addolcire” o “burtonizzare”, se volete, i mostri classici. Le
scenografie semplicemente da incanto. Lo spettacolo risulta
scorrevole e convincente, accompagnato da una colonna sonora dai
brani anni settanta davvero di classe. Il film scorre, decisamente
gradevole, lascia una buona sensazione a fine visione. Del resto la
famiglia, la ricerca del proprio posto nel mondo, della appartenenza
ad un gruppo, è uno dei temi più cari a Burton, un suo cavallo di
battaglia, anche se il regista deve pur fare i conti con un'opera non
sua al 100% e che nel timing complessivo deve per forza rinunciare a
qualcosa. Risulta evidente che i ruoli della Pfeiffer e della Bonham
Carter, pur interessanti, siano stati compressi e tritati per
esigenze logistiche. Ma il vampiro e la strega sono perfetti, così
come Josette/Victoria è un personaggio tenerissimo e i due ragazzi
“tormentati” perfettamente descritti.
Per i suoi piccoli
difetti, credo che questo film, almeno dalle nostre parti, non sia
stato apprezzato del tutto, tanto dai distributori che dal pubblico
che dalla critica. Ci si aspettava il 100% da Burton, un prodotto più
“suo” rispetto ad Alice, si dimenticava il fatto che anche “Dark
Shadows” fosse un'opera derivativa. A conti fatti ho gradito e molto
lo spettacolo. Non ne sono stato “travolto”, ma ho apprezzato
l'impegno profuso.
Talk0
Nessun commento:
Posta un commento