Gli Anjougumi sono
il clan Yakuza che governa il territorio. Presso un mega-palazzone ha
sede la loro associazione, sale da gioco, appartamenti degli affiliati
e dei dirigenti. Un autentico piccolo mondo, al cui interno c'è
anche un apparato di “polizia” a gestire ordine e sicurezza, tra
le cui fila milita il “buono” della situazione, il boss Kakihara.
Masochista e torturatore per vocazione, Kakihara ha allargato con un
coltello l'apertura della sua bocca (indovinate a chi si è ispirato
Nolan per il Joker di Ledger?), è pieno di piercing ma è, a
modo suo, integerrimo ed efficiente.
Qualcuno si è
infiltrato nel mega-palazzone e sta facendo strage di affiliati. È
un killer spietato le cui incursioni nel Anjougumi plaza sono guidate
da un tizio piuttosto losco che viene chiamato semplicemente “il
vecchio”.
Ichi
vorrebbe-potrebbe essere il vigilante definitivo, l'arma finale per
distruggere la Yakuza, la via per riportare l'equilibrio in questo
strano piccolo mondo. Veste come un supereroe ed è così letale con
le arti marziali da riuscire a fare letteralmente a pezzi i suoi
avversari, grazie all'esecuzione veloce dei suoi calci unita alle
affilate lame retrattili poste sui talloni dei suoi anfibi. Quando
parte è semplicemente letale, un frullatore di carne yakuza. Ma in
quest'opera tutto gira al contrario. Ichi non sta del tutto a posto di
testa. È, per essere specifici, un sadomasochista. Ragiona come un
bambino di 6 anni, piange a dirotto e agisce di impulso, si fa
manipolare facilmente, nasconde un cuore nero come la notte. Prova
godimento nell'essere umiliato, assapora nell'atto il pregustare
della sua prossima-imminente vendetta, l'annichilimento del nemico,
di cui per lo più rimangono arti recisi, teste decapitate, cui
consegue per lui anche una soddisfazione di tipo sessuale... Trova
eccitazione nella violenza, non conosce pietà, non conosce
giustizia. Lui è il killer n.1 (“ichi” per l'appunto in
giapponese è “1”). Tra Kakihara e Ichi sarà battaglia e
moriranno montagne di persone nei modi più perversi e subdoli che
potreste mai immaginare. Sebbene non ci sia nessun vero buono,
spererete fino all'ultimo che Kakihara ce la faccia perché, pur
volendolo, con l'andare avanti nella narrazione diviene impossibile
parteggiare per Ichi.
L'epopea dura 3
anni, dal 1998 al 2001. Tutto liscio in quattro maxi volumi senza
troppi strascichi.
Il pubbico non
rimane indifferente, anche se qua e là prova a destare lo sguardo.
Ichi è “forte”. Un gigantesco pugno allo stomaco con cui l'autore
vi squarcia letteralmente il petto, vi estrae il cuore e lo fa
bruciare (Indiana Jones cit). La narrazione è chiara, il tratto
convincente e la scansione degli eventi frenetica. Il lettore è
letteralmente torturato: da un lato vi è la spinta, l'eccitazione di
vedere il proseguo di una storia così bene raccontata, di contro vi
è la consapevolezza di addentrarsi in qualcosa di moralmente,
ricercatamente disturbante, qualcosa che se si vedesse in mano a un
bambino partirebbe in automatico lo schiaffone e il monito “non lo
leggere mai più!”.
Chiariamolo
subito. Yamamoto scrive opere forti, estreme, dove la “carnalità” è
un esatto mezzo espressivo. Non è un autore di opere “da
adulti” solo perché ci sono sangue e tette a iosa; è autore per
adulti per il modo in cui affronta temi scomodi, per il suo indagare
nella zona d'ombra tra lecito e illecito, per lo scrutare tra marcio
e pornografico in cerca di una qualche forma di bellezza e
redenzione. Se entrate nel mood giusto lo amerete, come amerete anche
le opere di Takayuki Yamaguchi, come amerete il comics Crossed (di cui abbiamo già parlato QUI). Se non ci riuscite potreste provare per queste
opere il sano disgusto tipico dello stare a osservare un piccione
schiacciato sotto un autobus in mezzo a una strada: un piccione con
le budella di fuori e con residui escrementi spruzzati dalle viscere
a servire da impiattamento, splendidamente e realisticamente
disegnato, ma pur sempre un soggetto non preferenziale di
osservazione, a patto che non si voglia rischiare di vomitare (che è
sempre atto più nobile dell'indifferenza, ma tant'è).
Il manga in
Giappone piace. Segue, lo stesso anno, un adattamento cinematografico
che “spacca”, un film che diviene una delle pellicole orientali
più note e citate. Spesso accostata (a torto) a Old Boy e Battle
Royale, più propriamente vicine alle decostruzioni-disumanizzazioni
di Tsukamoto e al suo teatro dei mostri marini, all'imprescindibile
cult fuori-orario ghezziano Tetsuo – the iron man. Miike dirige e
di colpo il suo nome ha un peso a livello internazionale e diviene
amico di Tarantino, con cui collabora per Sukiyaki western Django e
per cui (Tarantino produce) si presta a un gustoso cameo in The
Hostel. Miike si inspira fin da subito a Tetsuo, dimostrando un amore
viscerale per la pellicola, al punto da volere nel cast del “suo” Ichi
cinematografico anche lo stezzo Tsukamoto, cui affiderà la parte del
Vecchio. Per interpretare Kakihara viene scelto Tadanobu Asano,
straordinario attore che ha recitato insieme a Kitano in Taboo,
Takeshis' e Zatoichi (sì, un altro ichi... un personsaggio cieco del
videogame Guilty Gear si chiama appunto Zato-one...). Un attore
versatile, che ora lavora molto a Hollywood, dove di recente ha
vestito i panni di Hogun, uno dei tre fedeli cavalieri di Thor nel
colossal marvel omonimo e tornerà a rivestirli nel suo prossimo
imminente seguito. Ma è stato anche nel cast dello sfortunato (ma
immeritatamente) al botteghino Battleship e sarà della partita in
47ronin, film del rilancio action (?) di Keanu Reeves. Ma per chi
maneggia di pellicole orientali più o meno misconosciute e
maldistribuite in Italia è stato anche Susanho in Gojoe e il giovane
Khan nel colossal Mongol e ha partecipato in film di Tsukamoto come
Gemini e Vital. Il Kakihara-rivisitato-Miike di Asano è più
sbarazzino del serio uomo in cravatta del manga di Yamamoto, potrebbe
benissimo essere una delle più storte incarnazioni di Johnny Depp:
capello biondo, abiti dai colori improbabili e improponibili. Ma il
chara è lo stesso, amabile-odiabile di sempre. Per Ichi viene scelto
Nao Omori, attore che di lì a poco reciterà per Kitano in Dolls,
attore noto anche come doppiatore, che di recente ha prestato la voce
a Akio Kazama in From up on Poppy Hill, cioè “la collina dei
papaveri” di Goro Miyazaki (di cui abbiamo già parlato QUI). È
fenomenale la disinvoltura con cui in Giappone un attore passi
dall'interpretare un pazzo sadico maniaco a dare la voce per un film
di animazione dedicato al pubblico femminile senza che i benpensanti
si inalberino... Il “suo” Ichi è proprio brutto e disturbato,
perde perciò il fascino del personaggio a fumetti dove, tutto
sommato, è molto più facile scambiarlo con un character positivo.
Tale scelta deve essere sicuramente stata presa in virtù di tempi
brevi della mesa in scena. Ritmo sincopato accompagnato da tamburi
pressanti, macchina da presa che non concede scampo, che getta gli
occhi dello spettatore nelle fauci delle immagini più crude. Tutto
ai massimi livelli, il titolo di “capolavoro” è decisamente
meritato, anche se il “vero” capolavoro di Miike sarà 13
assassins...ma questa è un'altra storia. Il film viene portato in
Italia da Dynit, in una sontuosa versione doppio disco che vi
consiglio caldamente di acquistare se amate il gore, l'estremo e
l'action più scatenato.
E che dire della
versione dvd pubblicizzata nel trailer qui sopra? Una specie di sacca
di sangue !!!
Nel 2002 segue un
adattamento animato più vicino al manga, invero piuttosto bruttino.
Nel 2003 è il
momento di un secondo live-movie, 1 – Ichi, che adatta le parti del
manga inerenti al passato di Ichi, alla sua formazione di assassino.
Ma il vento è calato, il fatto che non sia più Miike alla regia ma
un certo Tanno lo getta nel dimenticato.
Per Ichi negli
anni a venire parla sempre e solo la gloria della pellicola di Miike
e il bodycount dei suoi morti virtuali su schermo: una delle
pellicole più splatter di sempre.
Finalmente Panini,
divisione Planet Manga, ha annunciato, attraverso l'annuale
conferenza stampa del Mantova Comics'n'games, qualcosa che era un bel
pezzo che aspettavo. Così tanto da aver ormai perso ogni speranza.
Il fumetto Ichi the Killer, l'opera che ha reso grande Hideo Yamamoto
come autore e immenso Miike come regista. Speravo nell'arrivo di Ichi
per l'esattezza dai tempi dell'annuncio dell'acquisizione da parte di
Planet Manga dell'altra, celebre, opera di Yamamoto, il
cerebrale-mattoide-filosofico-pervertito Homunculus, fumetto che
tanto ha colpito alcuni lettori per la carica visionaria e tecnica
pregiata di sceneggiatura, quanto ha sconvolto anime candide che
pensavano di approcciarsi a Yamamoto con la disinvoltura di sfogliare
un numero di One Piece.
Leggere oggi Ichi
the Killer è il modo migliore anche per approcciarsi all'omonimo
film di Takashi Miike, se ancora non lo avete fatto. Senza questa
“premessa” il film appare fin troppo geniale e imprevedibile, ma
anche di difficoltosa fruizione per l'utente occasionale. Mi viene
spontaneo fare il parallelo con Watchmen di Moore e relativa pellicola
di Snyder: se parti dal fumetto godi come un riccio, se parti dal
film vieni travolto da tremila informazioni ed esci con il mal di
mare e la sensazione di esserti perso qualcosa. Se aggiungiamo il
dettaglio che la pellicola di Miike è una autentica riproposizione
della top ten delle scene più cruente di Ichi the Killer, che a sua
volta è uno dei fumetti più cruenti di sempre, viene facile
immaginare come molti spettatori non abbiamo retto fino ai titoli di
coda. Ecco quindi la fondamentale utilità della pubblicazione
italiana a fumetti, ottimo viatico per entrare a sbirciare nella
disadorna e squallida tana del bianconiglio dell'opera di Miike.
Grazie Panini, ora ci aspettiamo una versione cartacea da paura, magari
lontanissima da quell'abominio che hai fatto con L'Attacco dei
Giganti o il primo adattamento di Bastard! Speriamo di poter presto
elogiare in questa sede un bell'adattamento di questa interessante
opera.
Talk0
Film incredibile, difficile abbinare cinema d'autore a tematiche e argomenti così estremi. In occidente sarebbe stato irrealizzabile
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