sabato 21 settembre 2013

Dragonero 3

Sì, può contenere spoiler...

Proseguono con grande slancio le avventure di… zzz... Dicevo, proseguono con incredibili colpi di scena le storie di ...zzz...Va bene: cafferino, Red Bull, un po' di buona volontà e si par... zzz.


Ian e compagni hanno intrapreso un lungo e “divertentissimo” viaggio per scoprire come fermare il traffico clandestino del fango pirico. I nostri hanno scoperto che qualcuno ha riciclato la vecchia formula in cui si era imbattuto Ian da giovane e la sta vendendo ai clan più rissosi e guerrafondai degli orchi. Il traffico avviene attraverso dei falconetti protetti da degli amuleti. Il saggio (e noiosissimo) mago Alben scopre che tali amuleti li fabbrica un particolare clan di impuri, una specie di satanisti spellati ricoperti di latex. Alben dona una mongolfiera al gruppo e questo si dirige sull'isola degli Impuri, che ha il solito nome impronunciabile del cacchio tipo Vttkkatthkàhhjjh a sud di Dffffrthjkatkkkhcg (ma perché queste cose piacciono agli amanti del fantasy? Mistero...). Manco venti pagine e gli impuri sono gambe all'aria, con buona pace del costumista del Mucca Assassina. I nostri ora sono pronti a seguire un falconetto che, non sapendo di essere più invisibile, porterà i nostri dritti dritti all'Heisenberg del fango pirico, la cui identità sarà un “incredibile” colpo di scena. Prosegue la prima saga di Dragonero edizione serie regolare, ai testi ancora Vietti ed Enoch, ai disegni l'ottimo Matteoni. Il prossimo numero darà la conclusione a questo primo arco. Odio ancora indistintamente tutti i personaggi, ma ho un puntiglio che mi dice che il più detestabile sarà il mago, se per ogni racconto toccherà farsi 70 pagine di viaggio per andare a consultarlo. C'è da dire che l'azione si movimenta un po' con questa terza uscita e noi godiamo immensamente di ciò. Certo l'artifizio con cui si risolve la questione dell'occultamento poteva essere meglio rappresentato, ma chissene. Nonostante quasi 300 pagine la storia comunque non morde l'attenzione come si vorrebbe. Ho parlato con un mio caro amico amante del fantasy. Usando un garbato giro di parole mi ha spiegato che la decompressione della trama nel fantasy è tipica quanto i cactus nel western. Pertanto aspettarsi una evoluzione lenta e meditata è quanto maggiormente agognano i fan del fantasy in genere. O per lo meno è qualcosa che tacitamente accettano senza rimostranza. Io ho ribattuto che quando giocavo a D&D più che picchiare ferocemente goblin non facevo e il mio pg non si è mai rollato una paglia a contemplare il paesaggio o la narrazione decompressa. Mi ha garbatamente risposto, essendo stato in giovane età lui il mio dungeon master, che il tempo passa ma del fantasy non ho ancora capito una sega. Sul perché dei nomi impronunciabili delle location invece non ha saputo dirmi molto. Pertanto, con innato spirito zen, decido di astenermi ancora dal giudicare prematuramente questo racconto, aspettando invece con vivo fervore... zzz... scusate... la conclusione del racconto prevista per il prossimo volume. Cheppalle però...
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