Sarebbe bello vederlo in Italia...
Sinossi:
Nel 2042 la terra affrontò la minaccia della razza aliena conosciuta
come Mimetic. Il nemico era dotato di spaventose creature
biomeccaniche schifo-insettoidi sufficienti a radere al suolo tutto
il pianeta, ma gli uomini non stettero a guardare. Vennero così
costruiti super robot da combattimento, per lo più ispirati ai
cartoni animati anni '70-'80, ai cui comandi vennero posti omaccioni
nerboruti e donne seminude. Tra i campioni della Terra il colosso
meccanico della Dannar Base, l'azzurro titano “Dannar” pilotato
dal serio e determinato Go Saruwatari, svettava per potenza e
figaggine ponendosi come indiscusso monito all'invasione
extraterrestre. La battaglia fu dura, le perdite dolorose ma il genere
umano tuttavia trovò la vittoria e respinse gli e.t. da dove
provenivano. Ora toccava solo piangere i caduti, ricomporre i cocci,
ricominciare dolorosamente a vivere. L'unica cosa buona da tanto
sangue, l'unico motivo per tirare avanti per Go, fu incontrare Anna,
una ragazza goffa e pasticciona che da lì a poco sarebbe diventato
il suo buon motivo di ricominciare, la sua nuova ragione di vita.
Cinque anni e la ricostruzione ha dato i suoi frutti, la Terra è
tornata a risplendere. Cinque anni e Go e Anna stanno per convolare
a nozze. Il pilota del Dannar è deciso ad appendere al chiodo la sua
carriera militare attiva, magari ritagliarsi un futuro da
addestratore e consulente, costruirsi una vita serena. Anna vestita
di bianco è bellissima. Prima del fatidico "sì" parte l'allarme. I
Mimetic sono tornati. L'eroe abbandona velocemente la cerimonia, non
vuole più che il sangue dei suoi cari venga versato, si scaglia alla
guida del Dannar contro il nemico troppo potente per lui. Anna non è
da meno. Non vuole che il suo sposo sia da solo a combattere. La
ragazza per un gioco del destino entra in possesso di un robot
segreto della base Dannar. Un colosso dalle forme femminili che pare
avere molto in comune con il Dannar, il Neo Okusaer. Nonostante le
obiezioni del promesso sposo, Anna si getta nello scontro con
l'incoscienza dell'amore. Quando la situazione si fa grave poi accade
qualcosa. Neo Okusaer e Dannar entrano in risonanza. I giganti si
combinano dando forma al Godannar, un colosso meccanico rosso
fiammeggiante che annienta in un lampo la minaccia. La vita è
cambiata, ma la coppia potrà ancora condividerla.
Tra i preparativi
del viaggio di nozze e le strategie per affrontare la nuova
invasione, Anna e Go si trovano così ad allenarsi nella base Dannar.
La timida pasticciona dà prova di essere una sempre più affidabile
pilota. Il marito impara ad accettare che la moglie non è la
classica principessina da difendere, ma un compagna su cui fare
affidamento. Alla base fanno capo anche altri piloti, tutti vestiti
come eroi di anime anni '70 e al comando di robot più o meno iconici.
Con il tempo la squadra si allarga considerevolmente in vista dei
nuovi scontri contro un nemico che appare ancora dai tratti non
definiti, dai piani oscuri. Un nemico che sembra in grado persino di
infettare con uno strano virus chi si pone ai comandi di un mezzo
robotico.
La produzione:
Tra il 2003 e il 2004 la AIC confezionò Shinkon Gettai Godannar, una
delle serie robotiche più famose e amate di sempre.
Il regista
Yasuchika Nagaoka ha un curriculum di tutto rispetto, che abbraccia
Akira, Lupin 3, Naruto, Giant Robo, Rayearth. In Godannar cura
particolarmente il ritmo dell'azione, sposando perfettamente momenti
di vita quotidiana alle scene action di combattimento robotico più
estremo. L'opera riesce credibile anche quando mette da parte il
registro leggero andando a descrivere situazioni più drammatiche e
malinconiche. Si nota lo sforzo di proporre un prodotto adatto ad una
fascia di età diversa dal solito, ma su questo punto torneremo dopo.
Certo, spesso tende a inquadrare mutandine e seni ballonzolanti ma
credetemi... è una cortina di fumo, c'è qualcosa di più profondo.
Il concept
originale e la compisizione della serie sono opera di Hiroyuki
Kawasaki, da sempre amante della fantascienza, (Silent Mobius,
L'irresponsabile Capitano Taylor, After war Gundam x, il bellissimo
Eureka Seven AO che non mi capacito essere da noi ancora inedito... ma
chi ce l'ha? Dynit tempo fa mi disse che non lo aveva, purtoppo,
lei...), ma anche esperto di commedie (Ranma, Yawara, Boys be).
Confeziona qui una serie dalla solida componente fantascientifica e
dal buon impatto drammatico. Condita da qualche lato di sensualità
che non guasta.
Il mechanical
design è di Masahiro Yamane, il mecha design è di Tsukasa
Kotobuki, due geni che hanno offerto la loro abilità su opere come
Giant Robo, Jeeg, Big-0, Code Geass, Gaogaigar, Karas, SRW, SRW
inspector (dove si creano nuovi robot ex novo su modello dei mecha
del passato, una libidine grafica) e diecimila altri titoli fino al
recente Accel World... che qualcuno dovrebbe portare in Italia senza
perdere tempo in sondaggi inutili. Il loro lavoro su Godannar è
volto alla costruzione di meccanismi che incarnino le migliori
caratteristiche dei super robot del passato alla luce delle nuove
tecniche dell'animazione moderna. Ne scaturiscono abitacoli e
strutture che riescono bene a coniugare la forte dinamicità delle
robo-serie del passato con una cura quasi maniacale tipica delle
opere più recenti per giustificarne razionalmente movimenti e
trasformazioni.
Non si dimenticano
poi le esagerazioni, senza senso ma gasanti per rendere cool le loro
opere. Il Godannar dà così sfoggio di una bellissima e iconica
chioma infuocata. Non vi dico quanto è bello il modellino né quanto
costi (costava sui 350 nel 2006... fate voi). E che dire della cabina
di pilotaggio del Godannar, in cui la postazione del pilota maschile
abbraccia letteralmente il pilota femminile? Puro sentimentalismo
nerd. Di fatto poi i robot così come i piloti sono tantissimi e così
ben realizzati che potrebbero tutti essere i protagonisti unici di
una serie. Orgasmo visivo massimo.
Il monster design
di Kyouma Aki e Seiji Handa, artisti che hanno lavorato anche ai
mostri di Yugi-oh e alla serie di videogame Persona, è appropriato.
Molto sullo schifoide-tentacolare andante. Permettono ai robot di
sfogarsi con tutto l'arsenale immaginabile.
Il chara design è
di Takahiro Kimura, anch'egli in molte delle opere con i mech di
Yamane, Kotobuki ma anche su Gundam, il nuovo Valvrave, Macross,
alcuni film di Lupin. Su Godannar riprende in qualche modo il
discorso grafico iniziato con Gaogaigar, disegnando personaggi
morbidi quanto duttili, apparentemente legati ad un contesto leggero
o umoristico ma in grado di esprimersi bene anche in ambito
drammatico. Characters che stemperano alcune ruvidezze del contesto,
grazie ai loro occhioni e ad ammiccanti inquadrature. Questo nel pieno
rispetto di un'opera che asseconda una certa giocosità grafica,
condensando una estetica retrò (i costumi dei piloti sono pazzeschi!)
unita a un'accentuata esuberanza delle forme femminili
(letteralmente da infarto a una prima visione, poi ci si abitua e si
riesce pure a seguire la trama, ma la distrazione delle forme incombe
sempre sui poveri spettatori maschi), ma riesce nel contempo a
trattare temi maturi, pesanti. Certo il disegno è piuttosto
sessista, ma tiene sempre un limite, lo stesso che non valica Gurren
Lagaan. Se vedete in rete scene esplicitamente erotiche, quelle non
appartengo a Godannar.
Ad ogni modo i personaggi femminili, con tutte
le docce e saune che fanno, sono sempre pulitissimi... Il direttore
artistico, il maestro Minoru Maeda, viene poi da Arale, Dragonball z,
ha lavorato a Touch (Prendi il mondo e vai) e il suo tocco
nell'amalgamare al meglio storia e immagini in una atmosfera
sognante si sente.
Ultima ma non
ultima la colonna sonora, offerta dal gigantesco Michiaki Watanabe,
autore storico delle musiche di Mazinga Z, Grande Mazinga, Getter
Robot, Jeeg, Dangaioh (e ai tempi di Dangaioh primi anni '90 si diceva
già che il suo dopo gli anni '70 fosse un grande ritorno... certa
gente è come gli Stones). Due secondi e vi setirete catapultati
nelle sonorità degli anni '70, piangerete e riderete. Il massimo.
Recezione: viva
gli old-school nerd Vuoi per i robot, vuoi per il contesto
serio (più di quanto inizialmente sembri) ma al contempo scanzonato,
vuoi per le procaci forme delle protagoniste femminili, Godannar
piacque tantissimo in special modo ai vecchi fan maschietti di
Mazinga, Goldrake, Getta e in genere delle opere robotiche anni '70,
grazie al suo garbato modo di ripercorrerne temi, ingenuità e
fascino.
Un pubblico di
trentenni e oltre che esiste ancora oggi, in Italia. Un popolo
silente dai gusti a volte più semplici e ingenui, che spesso non si
rispecchia nei nuovi fan degli anime del periodo post-Evangelion,
avvezzi a trame sempre più contorte e complicate, caratterizzazioni
realistiche e disegni da paura che vedono vecchiume in prodotti con
tre mesi di vita. Negli anni '70-'80 si vedevano con gioia anche
robotici bruttissimi e infantilissimi come Ginguiser e si era felici.
Un popolo di vecchiacci col pallino di Mazinga e di troppo Holly e
Benji, composto anche di persone che dopo le scuole medie non hanno
più avuto modo di vedere un cartone animato, la sera si trovano per
il calcetto e al supermercato guardano se ci sono sconti sui
pannolini, se non già sulle cartelle. Gente che trovi magari in
banca a mimare i cento colpi di Hokuto. Un bastione di vecchi fan
bistrattato ma benedetto da Del Toro (grazie ancora per Pacific Rim,
oh maestro!), regista che sa capirli perché in fondo è uno di loro.
Un pubblico pagante che riesce a spendere anche cifre considerevoli
per repliche in carbonio di Boss Robot da collocare il soggiorno,
magari davanti alla foto del primo giorno di scuola del pargolo. Un
pubblico che è andato a ricomprarsi la riedizione di Goldrake della
D-Visual e ancora ne aspetta le ultime uscite. Bambini cresciuti,
adulti che non hanno dimenticato ancora di essere stati piccoli.
Non è un caso
quindi se protagonista delle vicende di Godannar è un ragazzo di 29
anni (nel 2003, nota bene), praticamente già instradato all'altare,
che ha deciso di mettere da parte il suo ruolo di nerd-pilota di
robot, scegliendo di “diventare grande”, fare qualcosa di più
serio. Un eroe che però non esita a tornare alla guida del suo robot
quando il mondo chiama o, per dirla in modo diverso, quando il
complesso di Peter Pan dei fan di vecchia data lo invoca con lacrime.
Anche a ciò conseguono le forme generose delle protagoniste, il
tasso di “sessualità” ben si sposa ai gusti degli ultrentenni che
in luogo della taglia small di Rey Ayanami (che si trascina poi
dietro menate edipiche note) ben si beano tra le “rassicuranti”
forme di epigone di Fujiko Mine (che poi da noi erano prima le forme
della Fenech, poi le forme delle ragazze del Drive In, poi le dee del
Bagaglino). Un cartone animato che riprende le musiche anni '70, mette
tute vintage ai piloti di robot vintage, asseconda visivamente il
nostro eroe con tutta la gioia femminile possibile. Puro harem
virtuale. Poi il tocco di genio! L'anello, il vincolo! Non a caso la
coprotagonista di Godannar è una ragazza. Non a caso è lei che alla
prima puntata (come vuole classico topos del genere) trova un robot e
si mette alla guida. Non per conseguire la pace nel mondo, non per
cercare l'approvazione di un padre stronzo, ma per seguire il suo
futuro marito. Non troverete in giro altri anime robotici che parlino
di matrimonio, vita di coppia, ma qui sì. Così all'inizio della
serie a compatire-assecondare il “porco” (un acronimo magari poco
edificante, ma funzionale a descrivere chi guarda uno spettacolo di
robot e poppe) ecco che interviene la presenza femminile, che con tre
quarti di santità perdona (sempre che la dolce metà sia anch'essa
fan di anime giapponesi, in caso contrario son dolori), verifica che
tanta sinuosità è solo apparente, constata che la trama non è poi
nemmeno così male, apprezza che pure la componente maschile non è
mal rappresentata. Poi la dolce metà scopre che si parla (anche) di
vita comune e il porco-redento vince l'autorizzazione a vedersi un
anime di robot e poppe. Con una piccola sadica clausola predisposta
dalla serie: nella cabina di pilotaggio, come accennato, la donna sta
davanti all'uomo e questo, ammiccamenti sessuali a parte, vede il
mondo con ben davanti la nuca della moglie. Geniale. I meno fortunati
vincono la “visione accompagnata” con la moglie, non sempre
edificante.
Certo i
“giovani” non capivano, almeno ai tempi della messa in onda delle
prime puntate. Richiedevano maggiore serità (che via con le puntate
comunque arriva), non comprendevano il senso di robot componibili,
alcuni addirittura trovavano “eccessivo e immotivato il
fanservice”. Non era, e non è tuttoggi, un prodotto nato per i
giovani (non a caso gli stessi che si sono indignati per la
cosiddetta quarta stagione di Lupin con protagonista Fujiko).
Magari con il tempo Godannar potrebbe conquistarli (ma essendo del
2004 per molti sarà solo archeologia). Altre opere robotiche
dall'aria vintage hanno cercato di “mediare”, come Gurren Lagaan,
combinando il fascino di un Getter con lo spirito di One Piece, ma
Godannar no, non ci prova nemmeno. Tuttavia è solo apparentemente un
prodotto semplicistico per ottuagenari speculatori (giusto per
esasperare il concetto), chi lo guarda interamente senza fermarsi ai
primi “non mi piace” spesso ne viene conquistato.
Risultato
dell'epoca: un sacco di bei modellini in metallo venduti. Roba che
costa come un Rolex, beninteso. Qualche euro felicemente speso per
l'home video, essendo la serie in tutto 26 puntate e non tre milioni
di episodi. Tanta, tanta gioia. Un successo che dura ancora.
Fan di vecchia
data felici. Dolci metà felici (con riserva). Giovani incerti ma, se
convinti, poi felici. Mi rivolgo a te, blasonata casa distributrice
di cartoni animati il cui nome ben conosco. Questo almeno capitava
in Giappone nel 2003-4, vuoi mettere che storia se capitasse ancora,
oggi, qui da noi?! Noi vecchi-bambinoni, che abbiamo vissuto
consumando il disco di “Shooting Star”, siamo stati allevati a
insalate di matematica e dosi extra-size di cibernetica animata. Noi
che giravamo in casa con il fustino del dixan in testa adattato a
casco di Jeeg. Noi che il primo modellino da montare non è stato un
aereo, ma una replica del Boss Robot. Noi che amiamo rivedere le
vecchie serie e ci gasiamo con Mazinkaiser. Godannar, che finora non
è fatalmente giunto in Italia (...), ci farebbe davvero piacere,
oggi. Riprendendo il flano di Dai-Guard, altra opere per “vecchi” da
me tanto amata: “Anche gli impiegati combattono per la pace nel
mondo (guidando magari un robottone gigante)”.
Per questo oggi,
con Pacific Rim così simile nelle tematiche e così vittorioso al
botteghino sul pubblico over 30, mi è tornato in mente Godannar, che
tanto piacerebbe a molti fan di Mazinga che ancora non l'hanno visto.
Nonostante 10 anni alle spalle è un anime bellissimo, divertente,
attuale, sexy, che fa commuovere e gasare da paura.
Pensate che figata
se una ipotetica versione italiana avesse la sigla dei Cavalieri del
Re, pensate se si riuscisse ad ottenere nel doppiaggio ancora Romano
Malaspina. Sarebbe un bel sogno.
Affido quindi
questo messaggio, arrotolato dentro ad una bottiglia, al mare della
rete.
Sicuro che
qualcuno in ascolto a volte si trova. E non è detto che non ci
abbia già pensato concretamente...
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