sabato 10 agosto 2013

Pacific Rim



Non è fantastico vedere dei film con robottoni? Perché ci hanno sempre negato tale piacere negli anni? Perché i transformers sì e i mech no? Guillermo del Toro è un nerdaccio come noi. Ama i robottoni e sognava di metterli in un film.


Perché i film di mostri giganti non vanno oltre il porto di Osaka? Solo io avrei voluto vedere l'ultimo King Kong di Peter Jackson darsele con il Godzilla di Emmerich sull'isola dei dinosauri? Non sarebbe stato galattico? Guillermo del Toro è un nerdaccio come noi. Ama i mostri giganti e sognava di metterli in un film.

Perché la supergnocca Rinko Kikuchi è per lo più relegata a mega-palle drammatiche tipo Babel, dove interpreta puntualmente ruoli da sociopatica psicolabile, quando potrebbe essere la idol definitiva dei nostri cuori? Guillermo del Toro è un nerdaccio come noi. Ama le pupattole orientali e sognava di mettere Rinko Kikuchi in un film.


Evangelion va al cinema grazie a Dynit e Nexo (tutti e 3 i film usciti!...l'ultimo,il 4, chissà quando, ma a settembre tutti e tre gli eva al cinema, due in un solo giorno, il terzo a parte), ma ve lo immaginate un film con attori dal vero che tenga testa ai sogni bagnati di chi è nato e vissuto nel boom dei robottoni di Nagai e Tomino? Guillermo del Toro è un nerdaccio come noi. Non è ancora arrivato a tanto, ma con Pacific Rim ha sicuramente dato il suo contributo. E chissamai che quelle bozze per un film dal vivo di Evangelion che ha in mano la Weta Design un giorno o l'altro non si concretizzino...

Terra. Pensavamo che l'invasione sarebbe arrivata dallo spazio e guardavamo al cielo con i mitragliatori spianati. Ma l'invasione sarebbe partita dal centro della terra! L'impero dei dinosauri (o qualcosa di simile) attacca direttamente con un esercito di mostri giganteschi provenienti da un'altra dimensione, i Kaiju. Questi utilizzano come porta dimensionale uno sconosciuto meandro degli abissi marini e sono più potenti e incazzati che mai! Ma chi sono? Da dove vengono?


Ok, questa l'ho già usata, passiamo oltre. Gli uomini hanno combattuto i mostri Kanju strenuamente fino a che sono arrivati alla conclusione più ovvia e logica, come insegna la nota pubblicità dei pennelli Cinghiale.


Basta aeroplanini, armi tattiche e strategia classica. Costruiamo dei bei robottoni giganti per prendere a cazzotti il nemico! Tanto le città saranno comunque devastate dai mostri, che vuoi che sia se qualche culo metallico di uno dei nostri dfa ulteriori danni collaterali? Nasce così, finanziato da tutta l'economia mondiate che per la prima volta nella storia non pensa a fottere i paesi più poveri, il programma Jeager. Ma qualcosa non funziona, in prima battuta. Un solo pilota non basta a muovere un robottone gigante, gli si flippa il cervello. Ogni robottone per essere operativo si scopre che dovrà essere guidato da almeno due piloti, in grado di creare tra loro un contatto neurale. Perché questo? Ve lo spiego con una chiara e logica canzoncina.


e ora non mi dite che il concetto non vi è chiaro! Potremmo alambiccarci pensando che il pilota sia più motivato nel combattere se ha al suo fianco qualcuno da difendere e il programma interno dello Jeager di conseguenza agisca da “custode “ di entrambi. Di fatto i piloti si scambiano di continuo la poltrona di comando, ma deve avvenire la cosa a livello neurale, se non non si spiega come i piloti facciano a muoversi perfettamente coordinati e soprattutto... perché lo facciano. Ma chissene, in fondo tutto è molto misterioso e molto figo. E con il contatto neurale un pilota può letteralmente entrare nei sogni e ricordi dell'altro! Mi sa che in Pacific Rim 2 arriverà quindi Freddy Krueger... Di fatto in passato c'è pure chi ha comandato da solo un robottone, ma ha decisamente fuso


...si dice che viva sulla base lunare dopo lo sgarro che gli ha fatto il dr. Saotome, si sia riassemblato il robottone da solo e stia incazzato come una biscia. Evitate di incrociare lo sguardo con lui... Scherzi a parte, anche in Pacific Rim ci sono stati dei piloti singoli. Ma il loro è per lo più un tragico destino. In due si comanda meglio (ma solo in un mondo di fantasia) e finalmente gli esseri umani iniziano a inanellare qualche vittoria sui mostri o Kaiju che dir si voglia.
Gli Jeager e i Kaiju sono ora famosi come rock star, non c'è bambino al mondo che non abbia in mano una figure degli Jeager Gipsy Danger o Crimson Typhoon. Ma la battaglia, dopo un periodo di apparente tregua, si sta inasprendo e i fondi iniziano a scarseggiare. Gli attacchi sonio più frequenti che mai e il governo ha deciso di mettere in soffitta il programma Jeager per finanziare la costruzione di un'immensa barricata gigante in calcestruzzo (sembra paro paro quello che è successo negli anni recenti al lungolago di Como...). 

Come se questo non bastasse ora i Kaiju attaccano in gruppo e gli Jeager non riescono più a tenergli testa. Raleigh Becket (Charlie Hunnam , già apprezzato in Sons of Anarchy, dove recita guarda caso con Ron Perlman, attore-feticcio di Guillermo del Toro) e il fratello Yancy (Diego Klattenhoff, che probabilmente avrete visto in qualche telefilm senza riconoscere, come è successo a me) escono in missione con Gipsy Danger. Ma i loro avversari sono più veloci, tenaci e letali di quanto abbiano mai affrontato prima. Yancy muore. Il fratello si salva sul miracolo ha ha impressa nella sua mente la memoria del fratello al momento in cui le luci si spengono. Ne esce traumatizzato, decide di mollare tutto e dedicarsi come manovalanza alla costruzione del grande muro. Ma c'è chi ha piani diversi per lui, è Pentecost (il bravissimo Idris Elba), alto ufficiale del programma Jeager. Sta radunando tutti i robottoni più grossi e cattivi per un'offensiva finale prima che il governo tagli del tutto i fondi. È ovviamente una missione suicida, ma punta alla distruzione del varco dimensionale e potrebbe mettere la parola fine alla guerra. Pur riluttante, Raleigh accetta e si unisce alla squadra. Ma riuscirà a trovare qualcuno in grado di connettersi neuralmente con lui dopo la dipartita del fratello? La bella Mako Mori (la stupenda Rinko Kikuchi) potrebbe essere un'ottima scelta, ma per qualche motivo Pentecost è contrario. Nel frattempo i Kaiju hanno tranquillamente abbattuto uno degli invincibili muretti in calcestruzzo a difesa del genere umano e stanno intensificando gli attacchi...


Perfetto. Pacific Rim è un mondo coerente, completo e determinato con sue logiche e sue regole. Una struttura narrativa a prova di bomba, merito del lavoro dello stesso Del Toro e di Travis Beacham. La trama riesce con grazia a gestire numerosi personaggi e situazioni, gargantuesche scene di lotta e situazioni di puro ingtrattenimento con un equilibrio e una sobrietà che davvero mancano da tempo a Hollywood. Inutile negarlo, gli ultimi tempi sono stati caratterizzati da film, anche visivamente validi, macchiati da sceneggiature orrende e rattoppate male, guarda caso ad opera per lo più di blasonati sceneggiatori usciti dalla scuderia di J.J.Abrahms. Non ci credete? Guardate chi c'è dietro a Cowboys contro Alieni, a Prometheus, al secondo Transformers, all'ultimo World War Z. Non è forse il caso che finalmente qualcuno li sbatta già dalla loro poltroncina di supposti re Mida e vada in cerca di talenti veri? Pacific Rim è la risposta. Si può fare ancora un film multimiliardario senza che la trama abbia dei macroscopici buchi di sceneggiatura. Si può fare un film senza arrogantemente rimandare a una seconda pellicola delle risposte fondamentali sulla trama. Alla faccia dei nomi coinvolti poi, attori di “seconda fila” verrebbe da dire, questi, diretti bene come del Toro sa fare, dimostrano di essere validissimi attori, il cui nome in cartellone dopo questa pellicola avrà di certo maggiore peso. E poi arriviamo al cuore, ai robot contro mostri giganti che si picchiano radendo al suolo intere città. Del Toro, come Rodriguez, è un regista capace di tirare fuori il massimo anche da piccoli budget. Ecco cosa succede quando gli si da in mano una montagna di soldi. Crea qualcosa di inimmaginabile. Mostri e Robot sono tutti bellissimi e ultra-dettagliati. Sono solidi, possenti, si sente che sono alti quanto palazzi mentre si muovono. I mostri pescano dalla tradizione giapponese e flirtano con i dinosauri digitali di Hollywood. Sono splendidamente organici, pieni di imperfezioni sulla pelle, sudano, si dimenano sgraziatamente quando colpiti, quando abbattuti appaiono come cadaveri complessi, con una capillare ricostruzione anatomica e organi interni. I robot non sono da meno e sono frutto di un vero amore verso anime e manga. Tute da combattimento che si legano al robot attraverso impianti nella colonna vertebrale, liquido nel quale respirare all'interno dei caschi alla Evangelion  e un po' Abyss di Cameroon), cabine di comando che simulano i movimenti del pilota in una sorta di realtà virtuale come in Gunbuster. Non vi basta? Cabine di pilotaggio posizionate nella testa del mech che per raggiungere il resto del corpo si muovono in tunnel di nagaiana memoria, mech sovietici che richiamano agli Zack di Gundam, pugni a razzo, corazze che si aprono esponendo cannoni, mani che mutano in fucili a particelle come in Megaman. C'è tutto quello che può far arrapare il fanatico di animazione robotica e c'è così tanta roba da portarlo all'orgasmo. Ma non solo. C'è così tanto estro e fascinazione visiva da colpire chiunque si intrattenga anche solo un minuto a guardare la pellicola. Non stupisce che dietro agli effetti speciali ci sia la Legacy del compianto Stan Wilson. Gli Jeager ricordano subito i bellissimi robot-pugili visti in Real Steel, i Kaiju sono affidati allo stesso studio che ha reso grandi Alien e Predator. Non si poteva scegliere gente migliore, gente che prima crea modellini in scala e poi ci implementa la grafica digitale. Degli artigiani del terzo millennio.
Grande scenario, splendidi combattimenti, bravi gli attori, superba la musica. Non manca nemmeno la componente comica ad alleggerire l'atmosfera da disaster movie. E qui giganteggia Ron Perlman insieme ai bravi Charlie Day (di C'è sempre il sole a Philadelphia) e Burn Gorman in quella che è più che una sotto-trama una storia nella storia, che ci fa rendere bene l'idea di cosa significhi vivere in questo strano futuro senza poter salire su un mega robottone per difendersi. Geniale.
C'è una piccola side-story sulla produzione di questa pellicola. Come Tim Burton diede il massimo di sé ne “Il mistero di Sleepy Hollow”, per riprendersi dal grande sconforto seguito alla cancellazione del suo film di Superman, interpretato da Nicholas Cage, qualcosa di analogo è capitato qui anche a Guillermo del Toro. Il film che avrebbe dovuto dirigere in quasi cinque anni di silenzio era di fatto un altro, un adattamento di un romanzo di H.P.Lovecraft, Le montagne della follia. Ambientato negli anni '30, parla di un gruppo di esploratori che in Antartide scopre una grotta misteriosa, al cui interno si celano delle creature congelate. Un'ulteriore esplorazione rivela nei pressi la presenza di un'intera città aliena e i nostri esploratori non possono che addentrarsi sempre di più in una realtà sconvolgente. Le montagne della follia sono una delle più importanti opere seminali di sempre per il genere horror. È sulla suggestione di tale racconto che è stato tratto il plot de La cosa, è sempre dalle stesse pagine che Nagai ha preso ispirazione per l'incipit di Devilman, ma gli esempi sono molteplici. Inutile sottolineare come tale libro si adattasse perfettamente al dna di Del Toro, che rilegge di fatto da sempre Lovecraft, portando sue suggestioni al cinema. L'impronta dell'autore di Providence è sempre presente nelle ossessioni-suggestioni di del Toro, nel suo scavare tra i meandri della terra alla scoperta di creature orribili che vivono al buio (Blade 2, Mimic), nella rappresentazione di mostri ancestrali e tentacolari che non possono che ricordare Chtulhu (Hellboy 1, 2) o anche solo nella ricerca dei “passaggi”, delle chiavi per mondi paralleli al nostro (Il labirinto del Fauno, La spina del Diavolo). 

Purtroppo i lavori di del Toro hanno avuto i bastoni tra le gambe da subito. Lo scotto produttivo de "La cosa" deve bruciare ancora a Hollywood e una storia tra i ghiacci senza ironia e per un solo cast di uomini è vista ancora come qualcosa di innominabile. Prima i producer volevano che la sceneggiatura fosse rimaneggiata per introdurre un personaggio femminile, poi che fosse riscritta nel futuro per non ambientarla negli anni '30, poi che i mostri comparissero di più, magari in 3d. Un tira e molla durato anni a monte anche di un investimento produttivo che da subito appariva sostanzioso, un muro di soldi che non permetteva a del Toro di affrontare la produzione da solo. Stremato, economicamente a terra per i molti progetti che aveva accantonato per scalare le folli montagne, del Toro, come Burton all'epoca, tira fuori le palle e si crea lo sconfinato mondo di Pacific Rim, senza contare le mille collaborazioni che intraprende e i progetti collaterali: scrive The Strain, partecipa come consulente a Megamind e Le 5 leggende, è attivo su The Hobbit. Perché anche Pacific Rim parla di creature Lovecraftiane che vengono dagli abissi della nostra dimensione. Perché anche The Strain parla di creature che agiscono nel buio e muovono le pedine dell'umanità. Del Toro non ha abbandonato H.P. Lovecraft, probabilmente le Montagne della follia si scaleranno, ma dovremo attendere che del Toro diventi grande e potente come Spielberg o almeno come Peter Jackson. Qualcosa mi dice comunque che non manca molto.

Se dovete scegliere un film in cartellone in questo torrido periodo estivo, non fatevi troppe domande e imboccate la sala di Pacific Rim. Se avrà il successo che merita, del Toro potrebbe già regalarci una parte due, già scritta e pronta alla pre-produzione. E i nerd di tutto il mondo esultano. 
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