Non è fantastico
vedere dei film con robottoni? Perché ci hanno sempre negato tale
piacere negli anni? Perché i transformers sì e i mech no? Guillermo
del Toro è un nerdaccio come noi. Ama i robottoni e sognava di
metterli in un film.
Perché i film di
mostri giganti non vanno oltre il porto di Osaka? Solo io avrei
voluto vedere l'ultimo King Kong di Peter Jackson darsele con il
Godzilla di Emmerich sull'isola dei dinosauri? Non sarebbe stato
galattico? Guillermo del Toro è un nerdaccio come noi. Ama i mostri
giganti e sognava di metterli in un film.
Perché la
supergnocca Rinko Kikuchi è per lo più relegata a mega-palle
drammatiche tipo Babel, dove interpreta puntualmente ruoli da
sociopatica psicolabile, quando potrebbe essere la idol definitiva
dei nostri cuori? Guillermo del Toro è un nerdaccio come noi. Ama le
pupattole orientali e sognava di mettere Rinko Kikuchi in un film.
Evangelion va al
cinema grazie a Dynit e Nexo (tutti e 3 i film usciti!...l'ultimo,il
4, chissà quando, ma a settembre tutti e tre gli eva al cinema, due
in un solo giorno, il terzo a parte), ma ve lo immaginate un film con
attori dal vero che tenga testa ai sogni bagnati di chi è nato e
vissuto nel boom dei robottoni di Nagai e Tomino? Guillermo del Toro
è un nerdaccio come noi. Non è ancora arrivato a tanto, ma con
Pacific Rim ha sicuramente dato il suo contributo. E chissamai che
quelle bozze per un film dal vivo di Evangelion che ha in mano la
Weta Design un giorno o l'altro non si concretizzino...
Terra. Pensavamo
che l'invasione sarebbe arrivata dallo spazio e guardavamo al cielo
con i mitragliatori spianati. Ma l'invasione sarebbe partita dal
centro della terra! L'impero dei dinosauri (o qualcosa di
simile) attacca direttamente con un esercito di mostri giganteschi
provenienti da un'altra dimensione, i Kaiju. Questi utilizzano come
porta dimensionale uno sconosciuto meandro degli abissi marini e
sono più potenti e incazzati che mai! Ma chi sono? Da dove vengono?
Ok, questa l'ho
già usata, passiamo oltre. Gli uomini hanno combattuto i mostri
Kanju strenuamente fino a che sono arrivati alla conclusione più
ovvia e logica, come insegna la nota pubblicità dei pennelli
Cinghiale.
Basta aeroplanini,
armi tattiche e strategia classica. Costruiamo dei bei robottoni
giganti per prendere a cazzotti il nemico! Tanto le città saranno
comunque devastate dai mostri, che vuoi che sia se qualche culo
metallico di uno dei nostri dfa ulteriori danni collaterali? Nasce
così, finanziato da tutta l'economia mondiate che per la prima volta
nella storia non pensa a fottere i paesi più poveri, il programma
Jeager. Ma qualcosa non funziona, in prima battuta. Un solo pilota
non basta a muovere un robottone gigante, gli si flippa il cervello.
Ogni robottone per essere operativo si scopre che dovrà essere
guidato da almeno due piloti, in grado di creare tra loro un contatto
neurale. Perché questo? Ve lo spiego con una chiara e logica
canzoncina.
e ora non mi dite
che il concetto non vi è chiaro! Potremmo alambiccarci pensando che
il pilota sia più motivato nel combattere se ha al suo fianco
qualcuno da difendere e il programma interno dello Jeager di
conseguenza agisca da “custode “ di entrambi. Di fatto i piloti
si scambiano di continuo la poltrona di comando, ma deve avvenire la
cosa a livello neurale, se non non si spiega come i piloti facciano a
muoversi perfettamente coordinati e soprattutto... perché lo
facciano. Ma chissene, in fondo tutto è molto misterioso e molto
figo. E con il contatto neurale un pilota può letteralmente entrare
nei sogni e ricordi dell'altro! Mi sa che in Pacific Rim 2 arriverà
quindi Freddy Krueger... Di fatto in passato c'è pure chi ha
comandato da solo un robottone, ma ha decisamente fuso
...si dice che
viva sulla base lunare dopo lo sgarro che gli ha fatto il dr.
Saotome, si sia riassemblato il robottone da solo e stia incazzato
come una biscia. Evitate di incrociare lo sguardo con lui... Scherzi a
parte, anche in Pacific Rim ci sono stati dei piloti singoli. Ma il
loro è per lo più un tragico destino. In due si comanda meglio (ma
solo in un mondo di fantasia) e finalmente gli esseri umani iniziano
a inanellare qualche vittoria sui mostri o Kaiju che dir si voglia.
Gli Jeager e i
Kaiju sono ora famosi come rock star, non c'è bambino al mondo che
non abbia in mano una figure degli Jeager Gipsy Danger o Crimson
Typhoon. Ma la battaglia, dopo un periodo di apparente tregua, si sta
inasprendo e i fondi iniziano a scarseggiare. Gli attacchi sonio più
frequenti che mai e il governo ha deciso di mettere in soffitta il
programma Jeager per finanziare la costruzione di un'immensa
barricata gigante in calcestruzzo (sembra paro paro quello che è
successo negli anni recenti al lungolago di Como...).
Come se questo
non bastasse ora i Kaiju attaccano in gruppo e gli Jeager non
riescono più a tenergli testa. Raleigh Becket (Charlie Hunnam , già
apprezzato in Sons of Anarchy, dove recita guarda caso con Ron Perlman,
attore-feticcio di Guillermo del Toro) e il fratello Yancy (Diego
Klattenhoff, che probabilmente avrete visto in qualche telefilm senza
riconoscere, come è successo a me) escono in missione con Gipsy
Danger. Ma i loro avversari sono più veloci, tenaci e letali di
quanto abbiano mai affrontato prima. Yancy muore. Il fratello si salva
sul miracolo ha ha impressa nella sua mente la memoria del fratello
al momento in cui le luci si spengono. Ne esce traumatizzato, decide
di mollare tutto e dedicarsi come manovalanza alla costruzione del
grande muro. Ma c'è chi ha piani diversi per lui, è Pentecost (il
bravissimo Idris Elba), alto ufficiale del programma Jeager. Sta
radunando tutti i robottoni più grossi e cattivi per un'offensiva
finale prima che il governo tagli del tutto i fondi. È ovviamente
una missione suicida, ma punta alla distruzione del varco
dimensionale e potrebbe mettere la parola fine alla guerra. Pur
riluttante, Raleigh accetta e si unisce alla squadra. Ma riuscirà a
trovare qualcuno in grado di connettersi neuralmente con lui dopo la
dipartita del fratello? La bella Mako Mori (la stupenda Rinko
Kikuchi) potrebbe essere un'ottima scelta, ma per qualche motivo
Pentecost è contrario. Nel frattempo i Kaiju hanno tranquillamente
abbattuto uno degli invincibili muretti in calcestruzzo a difesa del
genere umano e stanno intensificando gli attacchi...
Perfetto. Pacific
Rim è un mondo coerente, completo e determinato con sue logiche e
sue regole. Una struttura narrativa a prova di bomba, merito del
lavoro dello stesso Del Toro e di Travis Beacham. La trama riesce con
grazia a gestire numerosi personaggi e situazioni, gargantuesche
scene di lotta e situazioni di puro ingtrattenimento con un
equilibrio e una sobrietà che davvero mancano da tempo a Hollywood.
Inutile negarlo, gli ultimi tempi sono stati caratterizzati da film,
anche visivamente validi, macchiati da sceneggiature orrende e
rattoppate male, guarda caso ad opera per lo più di blasonati
sceneggiatori usciti dalla scuderia di J.J.Abrahms. Non ci credete?
Guardate chi c'è dietro a Cowboys contro Alieni, a Prometheus, al
secondo Transformers, all'ultimo World War Z. Non è forse il caso
che finalmente qualcuno li sbatta già dalla loro poltroncina di
supposti re Mida e vada in cerca di talenti veri? Pacific Rim è la
risposta. Si può fare ancora un film multimiliardario senza che la
trama abbia dei macroscopici buchi di sceneggiatura. Si può fare un
film senza arrogantemente rimandare a una seconda pellicola delle
risposte fondamentali sulla trama. Alla faccia dei nomi coinvolti
poi, attori di “seconda fila” verrebbe da dire, questi, diretti
bene come del Toro sa fare, dimostrano di essere validissimi attori,
il cui nome in cartellone dopo questa pellicola avrà di certo
maggiore peso. E poi arriviamo al cuore, ai robot contro mostri
giganti che si picchiano radendo al suolo intere città. Del Toro,
come Rodriguez, è un regista capace di tirare fuori il massimo anche
da piccoli budget. Ecco cosa succede quando gli si da in mano una
montagna di soldi. Crea qualcosa di inimmaginabile. Mostri e Robot
sono tutti bellissimi e ultra-dettagliati. Sono solidi, possenti, si
sente che sono alti quanto palazzi mentre si muovono. I mostri
pescano dalla tradizione giapponese e flirtano con i dinosauri
digitali di Hollywood. Sono splendidamente organici, pieni di
imperfezioni sulla pelle, sudano, si dimenano sgraziatamente quando
colpiti, quando abbattuti appaiono come cadaveri complessi, con una
capillare ricostruzione anatomica e organi interni. I robot non sono
da meno e sono frutto di un vero amore verso anime e manga. Tute da
combattimento che si legano al robot attraverso impianti nella
colonna vertebrale, liquido nel quale respirare all'interno dei
caschi alla Evangelion e un po' Abyss di Cameroon), cabine di
comando che simulano i movimenti del pilota in una sorta di realtà
virtuale come in Gunbuster. Non vi basta? Cabine di pilotaggio
posizionate nella testa del mech che per raggiungere il resto del
corpo si muovono in tunnel di nagaiana memoria, mech sovietici che
richiamano agli Zack di Gundam, pugni a razzo, corazze che si aprono
esponendo cannoni, mani che mutano in fucili a particelle come in
Megaman. C'è tutto quello che può far arrapare il fanatico di
animazione robotica e c'è così tanta roba da portarlo all'orgasmo.
Ma non solo. C'è così tanto estro e fascinazione visiva da colpire
chiunque si intrattenga anche solo un minuto a guardare la pellicola.
Non stupisce che dietro agli effetti speciali ci sia la Legacy del
compianto Stan Wilson. Gli Jeager ricordano subito i bellissimi
robot-pugili visti in Real Steel, i Kaiju sono affidati allo stesso
studio che ha reso grandi Alien e Predator. Non si poteva scegliere
gente migliore, gente che prima crea modellini in scala e poi ci
implementa la grafica digitale. Degli artigiani del terzo millennio.
Grande scenario,
splendidi combattimenti, bravi gli attori, superba la musica. Non
manca nemmeno la componente comica ad alleggerire l'atmosfera da
disaster movie. E qui giganteggia Ron Perlman insieme ai bravi
Charlie Day (di C'è sempre il sole a Philadelphia) e Burn Gorman in
quella che è più che una sotto-trama una storia nella storia, che ci
fa rendere bene l'idea di cosa significhi vivere in questo strano
futuro senza poter salire su un mega robottone per difendersi.
Geniale.
C'è una piccola
side-story sulla produzione di questa pellicola. Come Tim Burton
diede il massimo di sé ne “Il mistero di Sleepy Hollow”, per
riprendersi dal grande sconforto seguito alla cancellazione del suo
film di Superman, interpretato da Nicholas Cage, qualcosa di analogo
è capitato qui anche a Guillermo del Toro. Il film che avrebbe
dovuto dirigere in quasi cinque anni di silenzio era di fatto un
altro, un adattamento di un romanzo di H.P.Lovecraft, Le montagne
della follia. Ambientato negli anni '30, parla di un gruppo di
esploratori che in Antartide scopre una grotta misteriosa, al cui
interno si celano delle creature congelate. Un'ulteriore esplorazione
rivela nei pressi la presenza di un'intera città aliena e i nostri
esploratori non possono che addentrarsi sempre di più in una realtà
sconvolgente. Le montagne della follia sono una delle più importanti
opere seminali di sempre per il genere horror. È sulla suggestione
di tale racconto che è stato tratto il plot de La cosa, è sempre
dalle stesse pagine che Nagai ha preso ispirazione per l'incipit di
Devilman, ma gli esempi sono molteplici. Inutile sottolineare come
tale libro si adattasse perfettamente al dna di Del Toro, che rilegge
di fatto da sempre Lovecraft, portando sue suggestioni al cinema.
L'impronta dell'autore di Providence è sempre presente nelle
ossessioni-suggestioni di del Toro, nel suo scavare tra i meandri
della terra alla scoperta di creature orribili che vivono al buio
(Blade 2, Mimic), nella rappresentazione di mostri ancestrali e
tentacolari che non possono che ricordare Chtulhu (Hellboy 1, 2) o
anche solo nella ricerca dei “passaggi”, delle chiavi per mondi
paralleli al nostro (Il labirinto del Fauno, La spina del Diavolo).
Purtroppo i lavori di del Toro hanno avuto i bastoni tra le gambe da
subito. Lo scotto produttivo de "La cosa" deve bruciare ancora a
Hollywood e una storia tra i ghiacci senza ironia e per un solo cast
di uomini è vista ancora come qualcosa di innominabile. Prima i
producer volevano che la sceneggiatura fosse rimaneggiata per
introdurre un personaggio femminile, poi che fosse riscritta nel
futuro per non ambientarla negli anni '30, poi che i mostri
comparissero di più, magari in 3d. Un tira e molla durato anni a
monte anche di un investimento produttivo che da subito appariva
sostanzioso, un muro di soldi che non permetteva a del Toro di
affrontare la produzione da solo. Stremato, economicamente a terra
per i molti progetti che aveva accantonato per scalare le folli
montagne, del Toro, come Burton all'epoca, tira fuori le palle e si
crea lo sconfinato mondo di Pacific Rim, senza contare le mille
collaborazioni che intraprende e i progetti collaterali: scrive The
Strain, partecipa come consulente a Megamind e Le 5 leggende, è
attivo su The Hobbit. Perché anche Pacific Rim parla di creature
Lovecraftiane che vengono dagli abissi della nostra dimensione.
Perché anche The Strain parla di creature che agiscono nel buio e
muovono le pedine dell'umanità. Del Toro non ha abbandonato H.P.
Lovecraft, probabilmente le Montagne della follia si scaleranno, ma
dovremo attendere che del Toro diventi grande e potente come
Spielberg o almeno come Peter Jackson. Qualcosa mi dice comunque che
non manca molto.
Se dovete
scegliere un film in cartellone in questo torrido periodo estivo, non
fatevi troppe domande e imboccate la sala di Pacific Rim. Se avrà il
successo che merita, del Toro potrebbe già regalarci una parte due,
già scritta e pronta alla pre-produzione. E i nerd di tutto il mondo
esultano.
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