martedì 30 settembre 2014

Dylan Dog ad un passo dalla rinascita, tra vecchio(speciale n.28) e nuovo (n.337)




Siamo ad un passo dal grande salto annunciato da ormai più di un anno. Abbiamo già speso un sacco di bit nel commentare, anelare e un po' sfottere il cosiddetto "nuovo corso". Ora il nuovo corso è tra noi, basta girare alla quarta di copertina del numero 337, una diretta citazione da una storica copertina di Spiderman da cui prende in prestito, parafrasando, pure il titolo: "Mai più, ispettore Bloch". Vedremo quello che sarà, saremo in prima linea. Nonostante questa estate non abbiamo avuto animo per parlare dell'ultimo soporifero Dylan (Ace) Color Fest, stiamo sempre sul pezzo, al collo dell'inquilino di Craven Road e dei suoi spesso bislacchi e spaesati autori.
Speciale 28, Scritti nella (noiosa) sabbia: Così, con pochissima pubblicità e con una nostalgica copertina sulla spiaggia che ci ricorda vigliaccamente di come le vacanze siano finite, ecco che compariva intorno al venti, in pochissime copie peraltro, lo special numero 28. Contributo audio.

Partiamo subito dalla copertina di Stano che rielabora un'immagine di spiaggia reale con dei disegnini stile cartolina economica. Da suicidio.

Bene. Il nostro indagatore dell'incubo è in macchina con destinazione un posto chiamato "World's End". La meta è un albergo sperduto in riva al mare, dove lo attenderebbe una cliente, che ha pagato in anticipo. Ma arrivato a meta il nostro eroe si accorge subito, insieme al lettore, di trovarsi in una tediosa, infinita, tremenda, maxi-metaforona spacca-cazzo sul senso della vita. L'ultima reiterazione di quel filone insostenibile di storie esistenzialiste che non danno premesse, non danno risposte, in pratica non vanno da nessuna parte. I disegni di Freghieri sono belli, ma la trama di Di Gregorio (guarda che ricorderò il tuo nome!!) fa gridare vendetta. Anche perché parte bene, ma è sul finale, quando si compone un po' il quadro complessivo e si intravvede il senso, che parte il classico, temuto, odiato, maxi-spiegone-definitivo di 15 pagine. Per lo più scritto tutto in un indigeribile e difficoltoso corsivo. Un blob di noia compressa, estenuante, intollerabile, all'inno di "quanto erano belli i tempi andati..". Di Gregorio, mi rivolgo a te. Sei del '73 e quindi penso di poterti dare del tu. Ma ti rendi conto di quanto è vecchio e stantio il modello narrativo che proponi? Hai nostalgia di Bandiera Gialla pur essendo nato decenni dopo? Alla tua età già mi spari boiate da ottuagenari etilici al baretto stile: "Qui una volta era tutta campagna"? La cosa fa incazzare, ripeto, perché fino all'orrido spiegone il racconto funziona, e quasi bene, si legge veloce e un po' affascina. Poi arriva il finale e cascano le palle. Un horror poi dovrebbe almeno buttare un minimo di brivido. A meno che non trovavi orrorifici i film balneari con Gigi e Andrea, qui la tensione è zero. Potevi chiuderla in modo anche più banale ma sanguigno, l'idea delle lettere poteva essere interessante. Peccato.
Dylan Dog n.337: Spazio Profondo (e a colori). Questo non è effettivamente il nuovo inizio ma sono le premesse, un interessante work in progress, potremmo dire.
Siamo nel futuro, quello dell'era spaziale (ma anche quello dell'editoria bonelliana). Lo spazio, (estensione orrorifica dell'edicola), pullula di nuovi mostri moderni, un po' spettri, un po' mutanti, sicuramente presi di peso da videogame come Dead Space conditi in salsa Alien.
Insomma, un'idea nuova, moderna, che Riz Samaritano millenni fa già così descriveva: sono esseri anormali, cadaveri spaziali. Poi l'ha rifatta anche Elio, ma l'originale ha fascino...

Per affrontare nuovi mostri, (ossia accalappiare nuovi orribili bambini video-telematici che non leggono più nemmeno il lato dove infilare le batterie del walkman e si annoiano di tutto in 3 secondi), occorre un nuovo eroe. Anche perché quello vecchio è morto da anni (e in edicola  i pargoli non se lo cagano, solo ragazzine infoiate e traditrici che in un secondo passano a quei gellati smandrappini dei manga tipo Death Note o L'attacco dei giganti, soprattutto in versioni sconce..).
Ma la storia insegna che in fondo gli eroi non muoiono (tranne quelli disegnati da Carlo Ambrosini) . Così per affrontare i nuovi mostri di cui sopra il governo del futuro (La Bonelli)  ha clonato Dylan Dog, l'ultimo acchiappa-mostri di cui ci sono tracce (se volessero leggere gli arretrati...), diari, dna (ai ragazzini in fondo basta che ci sia qualcuno che combatta dei mostri, mostri possibilmente belli e colorati come nei videogame).
Ma potendo clonare Dylan, l'esercito esagera e ne fa più versioni (come la Bonelli sta facendo oggi con la serie regolare, Dylan Old Boy, Dylan del futuro, Dylan Fish'n'crock"...). Così sulle astronavi spaziali strapiene di cadaveri spaziali vengono mandati dei Dylan-team. Svariati Dylan Team, perché clonare Dylan costa meno che perdere delle costose astronavi solo perché infestate da mostri. Dei Dylan Team composti tra mille variabili da Dylan-cervellone (modello eroe intelligente alla Death Note per intenderci), Dylan-donna (oggi anche i supereroi marvel hanno versioni femminili, quindi perché no), Dylan-Marv (perché i grossi spaccano sempre), Dylan-Silver-Surfer (perché fa più ammerigano...). Tutti Dylan creati per dimostrare cosa potrebbe diventare il personaggio se si mischiasse la formula (dimostrazione di apertura di Bonelli alle nuove idee) . Se Dylan fosse cervellotico, se nerboruto, se transgender, se fatto di plastica. Poi naturalmente c'è lui. Il clone old-fashion. Il Dylan-Dylan. L'unico che fa cose intelligenti (dimostrazione di apertura di Bonelli alle nuove idee).
ci stanno pure le scie di luce alla Star Trek by J.J.Abrams..
Nella nostra storia il Dylan-Old-fashion si chiama n.5 come il robottino di Corto Circuito. Ma la storia è piena di citazioni a millemila fumetti e film. Mi piacerebbe dire che cita anche da Moon di Duncan Jones, mi piacerebbe davvero, credetemi,  ma non si può,  sarebbe troppo bello.
Nicola Mari disegna da paura e Lorenzo De Felici colora da paura. Dal punto di vista visivo questo volume è davvero bello, compatto, cattivo. Debitore di mille influenze fumettistico-cinematografiche ma sticazzi... Davvero qualcosa di bello, imperdibile. E poi quando Mari vuole disegnar qualcosa tanto di horror che di fantascienza è un mostro. Non faccio in tempo a elogiarlo per Le Storie, per Il principe di Persia,  e già devo per forza elogiare qui il suo nuovo straordinario lavoro. Credo che sia il mio disegnatore preferito del momento.
Ugualmente l'idea di fondo della storia di Recchioni è figa, splatter-tamarra, reiterabile all'infinito in contesti diversi. Si possono avere soprattutto storie imprevedibili, perché tutti i personaggi sono sacrificabili e con un gettone nuovo, ripartendo con una nuova storia, se ne hanno di nuovi. Se Deadpool aveva un suo Deadpool-Team, anche Dylan può averlo. Certo un Dylan-Marv che palpeggia Dylan-woman forse non è il massimo del politically correct. Ma ci può stare, misticismo e fantascienza, alieni, fantasmi ed esoscheletri da combattimento. Anche la caratterizzazione di questi Dylan è stimolante, così simili ma così diversi. Il Dylan-Marv non è nemmeno vegetariano e ama le armi pesanti. Potrebbero funzionare anche stand-alone. Un'ottima idea commerciale, giocosa, senza pretese ma anche no. Peccato che in un volume solo la storia si faccia stretta per 5 (e più) Dylan. L'idea viene sprecata in poche pagine, tutto avviene troppo velocemente e meccanicamente senza permettere momenti assolo ai nostri eroi. Anche la storiella alla base della "infestazione del giorno" è debole, mal strutturata. I Dylan sembrano davvero buttati nel mucchio senza che sappiano fare qualcosa, senza che l'esercito li abbia davvero preparati, ed è deprimente, bastava poco a fornire un tocco di realismo in più, renderli più veri e credibili. Ma servivano forse per strutturare al meglio mooolte più pagine e comprimari, dei bravi flash-back, un bel po' di sparatorie. Anche il nemico non è chiaro, rimane abbozzato e personalmente mi sono accorto di avergli dato io più corpo di quello che aveva, traendo spunto dalle mie esperienze filmico-videoludiche. Insomma, se avete giocato a Dead Space o visto Punto di Non ritorno colmerete facilmente i buchi di trama, il senso della stessa, con qualcosa di vostro, appagante. Ma gli altri non potranno e prenderanno per buona un'idea così così. Uno spreco di potenziale, davvero. Però ripeto, un modello riutilizzabile. Anche se bieco (la dimostrazione che l'unico Dylan che funziona è il classico), il progetto mi ha affascinato, anche per merito di alcune influenze action ben sfruttate.
Bene, con qualche riserva, ma un albo comunque a mio giudizio potrebbe piacere, vuoi solo per i disegni da urlo. Diciamo che questo numero sta a Dylan Dog quanto Alien vs Predator sta ad Alien.
Va preso con il giusto senso dell'umorismo e della tamarraggine.
Conclusione:  Dylan Dog in questi due numeri non poteva essere trattato in modo più diverso. Lento e calcolato nello special, con il limite di un finalone brutto. Veloce e convulso nel numero 337, con il limite di essere forse troppo veloce o superficiale. Il risultato finale complessivo poteva essere migliorato anche per pura scelta di fogliazione-editoriale.
La via maestra non può che risiedere nel mezzo. Auspichiamo il meglio per il futuro. Consci del fatto che per Dylan ci sarà sempre posto nelle nostre collezioni.
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